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di AMDuemila
Era ai domiciliari da metà aprile per condizioni di salute, ora il Dap lo ha fatto trasferire nel carcere di Bari
Nuovamente in cella anche Salvatore Fiore, detto "Turi Ciuri"

Dopo Francesco Bonura e Antonino Sacco torna dietro le sbarre un altro dei più importanti capi mafia finiti ai domiciliari nelle scorse settimane per ragioni di salute che avrebbero potuto aggravarsi se contagiati in carcere dal Covid-19. Si tratta di Rocco Santo Filippone, esponente di primo livello della 'ndrangheta e ritenuto dagli inquirenti "l'ambasciatore per gli affari riservati" della cosca Piromalli. Filippone era stato posto ai domiciliari dopo aver chiesto e ottenuto il ricovero in ospedale. Il suo ritorno in carcere è legato al decreto del ministro Bonafede che prevede la rivalutazione dei casi di scarcerazione legati all'emergenza Covid e all'intervento del Dap, che ha trovato un posto nel carcere di Bari, dove a Filippone può essere prestata assistenza specialistica. Il "monaco", così è soprannominato, si trovava detenuto nel carcere di Torino. Ma era stato posto ai domiciliari in quanto era stato ritenuto a rischio di contagio da Coronavirus per le sue condizioni di salute e la sua età avanzata (ha 80 anni). A decidere ora il suo ritorno in carcere è stata la Corte d'Assise di Reggio Calabria su richiesta del pubblico ministero e dopo una perizia che ha evidenziato che le condizioni di salute di Filippone - che soffre di una cardiopatia ipertensiva e di altre patologie e porta un pace maker - non sono incompatibili con il carcere. A condizione però che sia detenuto in una struttura nella quale è prevista "assistenza medica e l'appoggio di un ospedale dove il paziente possa essere seguito dal punto di vista cardiologico". Struttura che il Dap (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) ha individuato nel carcere di Bari, per la sua "ampia offerta specialistica interna ed esterna" e per il "tasso epidemiologico più contenuto nella regione Puglia". Determinante per la decisione il fatto che secondo la Corte restano "sussistenti" le originarie esigenze cautelari per cui era stata disposta la detenzione in carcere. E in particolare rimane "il pericolo di reiterazione" dei reati contestati alla luce della loro "gravità" e della "personalità dell'imputato, già condannato per reati contro il patrimonio, detenzione illegale di stupefacenti e di armi". Pericolo che, scrivono i giudici, non può ritenersi attenuato dal lasso di tempo trascorso dal momento della sottoposizione al provvedimento restrittivo". Già lo scorso 10 aprile i giudici della Corte d'assise di Reggio Calabria, dove Rocco Santo Filippone è imputato nel processo di 'Ndrangheta stragista insieme al capo mafia di Brancaccio Giuseppe Graviano perché accusati di essere i mandanti degli attentati contro i carabinieri avvenuti tra il 1993 ed il 1994, avevano messo in evidenza le pesanti accuse contro il "monaco". “Associazione a delinquere di stampo mafioso, omicidio tentato e consumato, aggravati dalla finalità di agevolare le attività delle organizzazioni di tipo mafioso denominate Cosa Nostra e 'Ndrangheta che intendevano costringere lo Stato italiano, tra gli ulteriori scopi in corso di compiuta individuazione, a rendere meno rigorose sia la legislazione che più in generale le misure antimafia”. Per questo motivo si sottolineava che le esigenze cautelari "sono tutt'ora sussistenti". Tuttavia si era resa necessaria l'ordinanza, seppur limitandola temporalmente "fino al persistere dell'emergenza da Coronavirus", in quel momento il boss calabrese non poteva essere trasferito “presso luogo di cura o di assistenza alla luce della emergenza sanitaria in corso e delle normative regionali fortemente limitative a nuovi ricoveri presso strutture pubbliche e cliniche private”.

In carcere anche "Turi Ciuri"
In cella torna anche Salvatore Fiore, 53 anni, arrestato dalla polizia di Catania in esecuzione di un provvedimento della Procura generale perché deve scontare cinque anni e 18 mesi di reclusione per associazione per delinquere finalizzata alle estorsioni. L'uomo, noto come 'Turi Ciuri' ('Salvo Fiore', ndr) che era detenuto nel carcere di Lanciano per un residuo pena per i reati di estorsione e rapina commessi alla fine degli anni '90, era ai domiciliari su disposizione del Magistrato di Sorveglianza di Pescara in considerazione delle pregresse patologie non compatibili con il regime carcerario e a seguito dell'emergenza sanitaria. E' stato catturato nella sua abitazione da personale della sezione criminalità organizzata della squadra mobile della Questura di Catania e condotto nel carcere di Bicocca. 'Turi Ciuri', è considerato come "appartenente all'organizzazione mafiosa santapaoliana radicata nella zona di San Giovanni Galermo". Stando alle indagini della Polizia, inoltre, "per un periodo sarebbe stato il capo degli affari illeciti della roccaforte criminale all'interno della famiglia Santapaola-Ercolano ed è rimasto, comunque, uno dei punti di riferimento per il clan mafioso". La storia criminale di Fiore, ricostruisce la Questura di Catania, comprende diverse sentenze di condanna per reati, commessi fino al 2014, tra cui rapina, rapina aggravata in concorso, armi, associazione mafiosa, traffico di sostanze stupefacenti, estorsione in concorso aggravata. Sono in corso nei suoi confronti ancora due procedimenti per associazione mafiosa ed estorsione, entrambi definiti con sentenza di condanna in primo grado, a 20 anni di reclusione per uno e a 5 per l'altro.

Foto © StrettoWeb / Salvatore Dato

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