di AMDuemila
Le autorità svizzere hanno confiscato i beni senza la richiesta della Procura di Milano
La Svizzera ha confiscato al boss Pino Pensabene, capo della locale di ‘Ndrangheta di Desio e a suo nipote Giuseppe Buda, 200 mila euro depositati in due distinti conti nelle banche di Lugano. A riportare la notizia è stato il quotidiano “La Repubblica” edizione di Milano. Il boss aveva creato una vera e propria banca di prestiti con tassi usurai per tutti quei imprenditori in difficoltà. Le mani del ‘ndranghetista erano arrivate fino in Svizzera e San Marino dove il denaro spariva in conti intestati a società off- shore e prestanome, e poi riciclato nell’edilizia, nel settore nautico e in quello dell’energia rinnovabile. L’uomo, insieme ad altri trenta affiliati al clan, è stato condannato in via definitiva. Dall’inchiesta "Tibet" era emerso come Pensabene si fosse avvalso dei servizi professionali di Emanuele Sangiovanni detto "l’avvocato", anche lui condannato, domiciliato a Savosa, nel Canton Ticino, e titolare di holding societarie in Svizzera per creare una rete di scatole cinesi estere allo scopo di occultare i capitali. Vista l’importanza dell’inchiesta, gli svizzeri hanno aperto un fascicolo per "riciclaggio di denaro aggravato”. Solo che è stato poi archiviato, ma contestualmente ha disposto la confisca dei circa 200mila euro trovati suoi conti. Le autorità hanno applicato l’articolo 72 del codice penale elvetico che permette di “ordinare la confisca di tutti i valori patrimoniali di cui un’organizzazione criminale ha facoltà di disporre - è scritto nel documento - appartenenti a una persona che abbia partecipato o sostenuto l’organizzazione stessa”.
Il provvedimento svizzero potrebbe, dunque, aprire a una nuova stagione di aggressione ai capitali delle organizzazioni in una Nazione che i mafiosi hanno sempre considerato un luogo sicuro per le proprie ricchezze.