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aiello contrada 610di Miriam Cuccu
L'inchiesta “'Ndrangheta stragista” e il presunto ruolo di “faccia da mostro”

C’è una “fonte dichiarativa” che ha riferito al procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, di avere una “conoscenza diretta” dei rapporti tra Bruno Contrada, ex numero 2 del Sisde condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, e l’ex poliziotto Giovanni Aiello conosciuto come “faccia da mostro”. Dichiarazioni sulle quali per il momento vige il segreto investigativo e che non entrano nell’inchiesta “‘Ndrangheta stragista”, con la quale sono state spiccate le ordinanze nei confronti dei boss Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone. Ma che mercoledì scorso hanno portato alla perquisizione dell’abitazione di Contrada, e sabato ad una ulteriore verifica.
Allo stato dell’arte Contrada non risulta indagato, ma è considerato un “soggetto di grande interesse investigativo” proprio per i suoi rapporti con Aiello. Quest’ultimo, secondo gli inquirenti, potrebbe aver avuto un ruolo nel contesto delle stragi “in continente”, emerso con l’inchiesta nella quale emergono compartecipazioni tra ‘Ndrangheta e Cosa nostra per l’attacco frontale e destabilizzante di quegli anni contro lo Stato.
Il nome di Aiello è contenuto nel registro degli indagati di “‘Ndrangheta stragista” in quanto, stando alle indagini, l’ex poliziotto avrebbe obbligato l'ex capitano dei carabinieri Saverio Spadaro Tracuzzi a mentire agli inquirenti sui loro rapporti e sul suo ruolo nella 'Ndrangheta di Reggio Calabria. Proprio Tracuzzi, in passato, è stato condannato per i suoi rapporti con la famiglia di ‘Ndrangheta Lo Giudice. La sua abitazione è tra quelle sottoposte a perquisizione nel blitz di mercoledì, insieme a quella di Guido Paolilli, ex agente di polizia, dei fratelli Gagliardi di Soverato, Vito Vieti ed Arturo Lametta, detenuto insieme a Tracuzzi. Tutti personaggi che hanno un collegamento con Aiello, di cui parla anche più di un pentito.
Secondo il collaboratore siciliano Vito Galarolo, infatti, negli anni Novanta l’ex poliziotto avrebbe frequentato vicolo Pipitone, nel quartiere palermitano dell’Acquasanta (regno dei Galatolo) dove Cosa nostra si riuniva ai tempi di Totò Riina. Allora Galatolo non era ancora ventenne, ma sostiene di ricordare bene il volto dell’ex agente accusato di essere vicino ai Servizi segreti deviati e di aver avuto un ruolo in molti dei delitti eccellenti italiani, dalle stragi del ‘92 all’omicidio del poliziotto Nino Agostino e della moglie Ida Castelluccio. Fu proprio il confidente Luigi Ilardo, prima di essere ucciso nel ‘96, a raccontare di un uomo dello Stato, con il viso orribilmente devastato, che sarebbe stato presente in alcuni episodi come il fallito attentato all’Addaura contro il giudice Falcone e l'omicidio Agostino. Il collaboratore di giustizia Vito Lo Forte aveva poi identificato Aiello come l’uomo con cui spesso si accompagnava, assieme ad un altro uomo di Stato, nel corso di una ricognizione fotografica avvenuta nell’agosto 2009: “Li chiamavamo il bruciato e lo zoppo. Uno aveva il viso deturpato, l’altro camminava con un bastone”. I due sarebbero stati visti da Lo Forte “incontrarsi due o tre volte con Gaetano Scotto, il mio capo famiglia”.
Anche sul versante calabrese alcuni collaboratori hanno parlato di “faccia da mostro”: tra questi Nino Lo Giudice, secondo il quale “è stato il poliziotto Giovanni Aiello, alias 'faccia da mostro', a far saltare in aria Paolo Borsellino e i cinque agenti di scorta" aggiungendo che "fu lui a schiacciare il pulsante in via d’Amelio" e a confidarglielo è stato, ha precisato, "Pietro Scotto quando eravamo in carcere all’Asinara. E anni dopo me lo confermò Aiello in persona". Pietro Scotto è stato condannato in primo grado ma poi assolto in appello per aver intercettato i telefoni di casa Borsellino, ed è fratello di Gaetano, imputato per l’omicidio Agostino-Castelluccio. Sarà poi l’altro pentito Consolato Villani a riferire di confidenze di Lo Giudice, il quale gli aveva riferito “di ex esponenti delle forze dell’ordine, appartenenti ai servizi segreti deviati, che un uomo deformato in volto, insieme a una donna avevano avuto un ruolo nelle stragi di Falcone e Borsellino”. E ancora, aggiungeva Villani: “L’uomo, mi disse Lo Giudice, era brutto, malvagio, un mercenario, ma la donna non era da meno. Mi disse che questi personaggi erano vicini alla cosca Laudani ed alla cosca catanese di Cosa nostra. L’uomo era coinvolto anche nell’omicidio di un poliziotto in Sicilia”.
Contrada, dal canto suo, sostiene di ricordare poco o nulla di Aiello: “Io non so nulla – dice l’ex numero 2 del Sisde – di questa inchiesta che sta svolgendo la Procura di Reggio Calabria. Posso dire solo che non ho mai prestato servizio in Calabria e non mi sono mai occupato di ’Ndrangheta. Non ne so davvero nulla. Non riesco a capire che cosa vogliono da me. Ho un vago ricordo di circa 40 anni fa, sto parlando degli anni ‘70 quando c’era un agente alla Squadra mobile e mi sembra di ricordare che rispondesse ai connotati di questo signor Aiello. Ma non ricordo neppure in che sezione fosse. Lo ricordo per i capelli lunghi. Ho chiesto anche ad alcuni vecchi marescialli. Ma non riesco a ricordarmelo”. Attualmente, le dichiarazioni della fonte sui legami Contrada-Aiello sono oggetti di approfondimento da parte degli investigatori.

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