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tribunale reggio calabriadi Aaron Pettinari
Il Gup respinge le eccezioni difensive

Nessuno spostamento di sede. Il maxiprocesso “Gotha”, frutto dell’unificazione delle inchieste “Mamma Santissima”, “Reghion”, “Fata Morgana”, “Alchimia” e “Sistema Reggio”, resta a Reggio Calabria. Il Gup, Pasquale Laganà, ha rigettato l’eccezione che era stata avanzata dalle difese durante l’udienza preliminare per la presenza tra i 71 imputati del giudice Giuseppe Tuccio (oggi in pensione). Le difese avevano argomentato sostenendo due motivazioni. Da un lato il fatto che sull’ex magistrato, avendo operato per anni a Reggio, sarebbe stata competente la sede di Catanzaro (altri hanno persino sostenuto che avendo Tuccio lavorato anche a Catanzaro sarebbe stata competente Salerno); dall’altro era stato richiamato un procedimento del 2001 archiviato a Catanzaro, per le stesse imputazioni, per il quale la Procura reggina si era in quel caso dichiarata incompetente.
Il giudice ha però rigettato dando ragione alla pubblica accusa che la scorsa settimana aveva evidenziato come Tuccio è stato magistrato nel distretto di Corte di Appello di Reggio fino al 1987, poi ha prestato servizio a Catanzaro e poi in Cassazione, quindi rispetto al periodo temporale inerente ai fatti imputatigli, Tuccio non esercitava le sue funzioni nel distretto reggino e, pertanto, questa disposizione non è applicabile in questo caso.
Oltre a Tuccio alla sbarra ci sono altri 70 imputati, accusati, a vario titolo, di gravissimi reati come quelli di associazione mafiosa, concorso esterno, favoreggiamento e violazione della legge Anselmi sulle società segrete.
Spiccano i nomi del senatore Antonio Caridi, finito in carcere dopo che nell'agosto scorso Palazzo Madama ha dato l'autorizzazione all'arresto, gli avvocati Giorgio De Stefano e Paolo Romeo, l'ex assessore regionale della Calabria Alberto Sarra, l'ex presidente della Provincia di Reggio Calabria, Giuseppe Raffa, il sacerdote Giuseppe Strangio e la giornalista Teresa Munari.

L’accusa agli “Invisibili”
Per i magistrati della Dda (il Procuratore capo Federico Cafiero de Raho, l’aggiunto Gaetano Paci e i sostituti Giuseppe Lombardo, Roberto Di Palma, Stefano Musolino, Giulia Pantano e Walter Ignazitto) gli indagati sarebbero responsabili di “una serie indeterminata di delitti, tra i quali numerosi posti in essere contro la persona, il patrimonio, la pubblica amministrazione, l'ordine pubblico, la personalità interna ed internazionale dello Stato, i diritti politici del cittadino, l'amministrazione della giustizia e l'attività giudiziaria, l'economia pubblica, l'industria ed il commercio”.
In particolare per i pm vi era un “direttorio”, una componente “riservata” della criminalità organizzata calabrese con una strategia programmatica che puntava ad alterare “l’equilibrio degli organi costituzionali”.

Le scelte delle difese
Nel corso delle discussioni davanti al Gup sono già state anticipate le scelte dei riti da parte degli imputati (anche se potrebbero esserci ancora cambiamenti. E’ stata stralciata la posizione di Giovanni Zumbo, la talpa già condannata per aver svelato ai boss della ‘Ndrangheta notizie coperte da segreto istruttorio.
Tra chi sceglierebbe il rito ordinario vi sarebbero proprio il senatore Caridi, l’ex sottosegretario della Giunta regionale della Calabria Sarra, il “dominus” della cupola Romeo, il penalista Marra, e poi l’ex rettore del Santuario di Polsi, don Pino Strangio ed il giudice Tuccio. Pensano al rito abbreviato, invece, l’ex sindaco di Villa San Giovanni, Antonio Messina e l’avvocato Giorgio De Stefano, accusato di essere proprio uno dei principali “invisibili” della Cupola riservata della ‘Ndrangheta. Quest’ultimo si è persino fatto interrogare dal pm della Dda Giuseppe Lombardo durante l’udienza fiume di ieri in cui è stata formalizzata in udienza la richiesta di rinvio a giudizio per tutti.

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