I giudici togati restano gli stessi ed i legali chiedono la ricusazione della Corte
di Aaron Pettinari
È iniziato questa mattina innanzi alla Corte d’assise di Milano il nuovo processo a Rocco Schirripa, il 64enne panettiere di Torrazza Piemonte, accusato di aver ucciso, il 26 giugno 1983, il Procuratore Capo di Torino Bruno Caccia.
Il pm, Marcello Tatangelo, ha chiesto e ottenuto il giudizio immediato dopo che, a causa di un errore di procedura, un primo processo nei confronti del presunto killer si è chiuso con una sentenza di "non doversi procedere per assenza di condizioni di procedibilità" il 30 novembre.
Tuttavia il nuovo dibattimento ha già presentato un colpo di scena con la Corte che è stata modificata nella composizione dei giudici popolari ma non in quelli togati. Il presidente del collegio, infatti, è ancora una volta Ilio Pacini Mannucci, ovvero lo stesso che ha decretato il non luogo a procedere pochi mesi fa. Anche se la Corte non ha deciso nel merito, "abbiamo depositato una ricusazione dei giudici che a nostro avviso sono incompatibili" ha detto in aula l'avvocato, Mauro Anetrini.
Contrario lo stesso pm Tatangelo che rivolgendosi al presidente e al giudice a latere ha detto: “Avreste perso l’immacolatezza decisoria perché avete già valutato delle prove. Ma non è così. Il fatto che due giudici su otto abbiano gia valutato parte della presente vicenda processuale non è affatto causa di incompatibilità. Capita tutti i giorni e in Italia non si farebbero più processi. La giurisprudenza distingue tra sentenze di merito e di carattere esclusivamente procedurale come registriamo nel nostro caso. Quindi non c’è incompatibilità e non c’è alcun obbligo di astensione per voi”.
Secondo l’accusa Schirippa è l'esecutore materiale dell'omicidio. Ad incastrarlo vi sarebbero le intercettazioni tra Domenico Belfiore, unico condannato (come mandante) per l'omicidio, e il cognato, Placido Barresi.
Inoltre la Procura di Milano e la squadra mobile di Torino che ha fatto le indagini, hanno raccolto la collaborazione di un nuovo pentito, Domenico Agresta, che indica Schirripa come autore dell'omicidio insieme a una seconda persona che gli inquirenti hanno voluto tenere segreta.
Per contro i difensori, Mauro Anetrini e Basilio Foti, hanno accusato la procura di Milano di aver leso il diritto alla difesa dell'imputato non rivelando il nome del presunto complice e aspettano anche il pronunciamento della Cassazione fissato per il 22 marzo contro l'ordinanza con cui il gip di Milano, Stefania Pepe, ha convalidato il fermo e disposto per Schirripa una nuova misura cautelare in carcere. Pepe nel provvedimento ha motivato dicendo che, in sostanza, malgrado il vizio procedurale, quasi tutte le prove a suo carico restano valide. I difensori di Schirripa hanno deciso di "saltare" il Tribunale del Riesame e ricorrere direttamente in Cassazione contro l'ordinanza sostenendo, invece, la "illegittima raccolta e utilizzazione delle prove".
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