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ecosistema arrestatiOperazione “Ecosistema”, tra i 18 arrestati anche il sindaco di Bova Marina
di Miriam Cuccu - Video
È “Ecosistema” l'operazione che a Reggio Calabria ha fatto scattare 18 provvedimenti per altrettanti indagati, ritenuti responsabili a vario titolo di concorso esterno in associazione mafiosa, turbata libertà degli incanti, violenza privata, estorsione, illecita concorrenza con minaccia o violenza, tutte ipotesi aggravate dall’aver agito con modalità mafiose e per agevolare la cosca di riferimento - gli Iamonte e i Pagliaviniti - falsa testimonianza, corruzione per l’esercizio della funzione, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, detenzione e porto illegale in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi comuni da sparo. Il blitz, coordinato dalla procura reggina, è stato condotto dal Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri del capoluogo calabrese sulla scorta di indagini iniziate nel 2014 che hanno approfondito i risultati delle operazioni “Ada” e “Ultima Spiaggia”, scattate contro le cosche attive a Melito di Porto Salvo, San Lorenzo, Bagaladi e Condofuri.

Tutti gli indagati
Non sono stati risparmiati alcuni esponenti della politica locale: tra gli arrestati, infatti, c'è anche il sindaco di Bova Marina, il 40enne Vincenzo Crupi, agli arresti domiciliari insieme a Giuseppe Benavoli, 65 anni, vice sindaco di Brancaleone; Alfredo Zappia, 58 anni assessore di Brancaleone, Giuseppe Iaria, 70 anni, ex sindaco di Melito Porto Salvo; Franco Maisano, responsabile dell’ufficio tecnico di Melito Porto Salvo, ingegnere; Carmelo Barbaro, 67 anni dirigente della Provincia di Reggio Calabria, ingegnere; Elio Familiari, 50 anni e Gabriele Vincenzo Familiari, 33 anni, dipendenti della ditta Ased; Francesco Maisano, ex responsabile del settore tecnico del comune di Melito Porto Salvo, 54 anni; Giuseppe Saverio Zoccoli, imprenditore, 60 anni. In carcere sono finiti invece Rosario Azzarà, imprenditore 71enne titolare dell'azienda “Ased”, e Carmelo Ciccone, 55 anni, titolare della Ra.di. Srl, mentre sono già detenuti, e quindi destinatari di nuova ordinanza di custodia cautelare, Angelo Paviglianiti, 59 anni; Natale Paviglianiti, 46 anni e Settimo Paviglianiti, 50 anni.



Il business dei rifiuti
Le indagini hanno svelato come il settore della raccolta dei rifiuti fosse retto su un sistema di aggiudicazione degli appalti grazie al quale alcune società, riunite in un cartello di imprese, sono riuscite a creare un regime di monopolio forti del sostegno delle cosche locali. È in questo contesto che si inserisce la Ased srl di Azzarà, con sede a Melito Porto Salvo. All'imprenditore, infatti, viene contestato il concorso esterno in associazione mafiosa con esponenti di primo piano della cosca Iamonte, che negli anni hanno reso possibile il consolidamento dell'azienda. L'impresa di Azzarà grazie alla collaborazione di altri imprenditori sarebbe riuscita ad affermarsi non solo nel basso ionico reggino, ma anche nei comuni dell'area tirrenica grazie all'appoggio di Carmelo Ciccone, amministratore unico della RA.DI. srl, e dell’alto ionio reggino tramite la Zetaemme sas di Maria Rosa Strati, società riconducibile a Giuseppe Saverio Zoccoli.
Si sarebbe creato così un do ut des tra la ditta di Azzarà e la mafia calabrese: le cosche, infatti, condizionando l’azione amministrativa degli enti locali, avrebbero consentito all'imprenditore di aggiudicarsi il servizio di raccolta e trasporto rifiuti. Da parte sua Azzarà le avrebbe ricompensate assumendo in azienda personale da loro segnalato, oppure contribuendo alle spese legali dei familiari degli affiliati detenuti.

Alleanze politico-mafiose ed estorsioni
Da un lato i patti corruttivi con gli amministratori infedeli, sotto l’ala protettrice di significative entrature politiche, dall’altro le alleanze con le cosche mafiose: sono questi gli ingredienti del successo imprenditoriale di Azzarà, che determina un ulteriore rafforzamento economico e sociale  degli Iamonte, di cui l'imprenditore è considerato diretta espressione ma che, secondo le indagini, nel momento in cui si insedia nel territorio di un'altra cosca – nello specifco dei Paviglianiti – è comunque costretto a pagare il suo tributo.
Dall'attività investigativa è emerso come Azzarà abbia dovuto giustificare la sottrazione di cinquemila euro dai fondi aziendali, corrisposti alla cosca Iamonte, e per farlo l'imprenditore ha fatto ricorso alla complicità, più o meno consapevole, del personale dipendente.
Intercettazioni telefoniche ed ambientali sapientemente incrociate hanno sostenuto l'attività investigativa di “Ecosistema”, unite alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Salvatore Aiello, ex direttore tecnico della Fata Morgana Spa, società a compartecipazione pubblica costituita per curare nel reggino la gestione e raccolta dei rifiuti. Le gare d'appalto del settore, però, sarebbero state pilotate dall'allora sindaco Giuseppe Iaria – con il consenso degli Iamonte e la complicità di Francesco Maisano – proprio in favore di Azzarà, impedendo così la concretizzazione delle mire imprenditoriali di Aiello.
Sono almeno due gli episodi di estorsione ricostruiti dalle indagini, entrambi perpetrati dai Pagliaviniti: in un'occasione Azzarà sarebbe stato costretto ad assumere il figlio di Angelo Pagliaviniti, Natale David, quale ricompensa della famiglia. L’altro episodio avrebbe invece visto come vittime Carmelo Tuscano e il figlio Francesco, titolari di una ditta di movimento terra di Condofuri. I due durante l’esecuzione di alcuni lavori per la realizzazione della nuova sede Ased sarebbero stati avvicinati da emissari della cosca per una richiesta estorsiva di quattromila euro così da regolarizzare la loro posizione con la famiglia mafiosa. Secondo gli inquirenti i Pagliaviniti hanno esercitato la propria influenza persino sulle elezioni comunali del 2014 di San Lorenzo (RC) inducendo anche Azzarà, che inizialmente aveva proposto la propria candidatura, alla rinuncia del progetto politico.



Un sistema “a tre”
Sono sempre alcune intercettazioni che confermano come Azzarà abbia fatto sistematicamente ricorso a più espedienti per ottenere il favore e la stima di alcuni amministratori comunali che, ricorrendo a somme urgenze o inserendo nel bando clausole ad hoc, hanno poi effettivamente affidato all’Ased srl i servizi di igiene ambientale. E l'imprenditore, da parte sua, ricambiava con regali o somme di denaro in favore di chi si era dimostrato compiacente. In uno dei colloqui intercettati negli uffici dell’azienda è lo stesso Azzarà che confida di aver pagato una mazzetta per ricompensare un amministratore comunale, al quale riconosceva il merito di aver fatto sì che si aggiudicasse un appalto.
Il sostegno di politici, dirigenti pubblici e liberi professionisti corrotti ha consentito ad Azzarà di creare un canale privilegiato e di stringere rapporti proficui in particolare con l’amministrazione provinciale di Reggio Calabria. Tra le sue conoscenze anche Carmelo Barbarò, già responsabile del Settore Ambiente dell’Amministrazione Provinciale di Reggio Calabria nonché abituale componente della commissione giudicatrice istituita presso la Stazione Unica Appaltante Provinciale, competente alla valutazione delle offerte presentate dalle ditte concorrenti alle gare d’appalto. Esisteva, secondo le indagini, una sorta di circolare rapporto “a tre” tra politica, imprenditoria e cosca mafiosa: la prima in cambio di appoggio concede favori, la seconda cresce grazie all’influenza delle cosche ed alla politica collusa, mentre la terza rafforza il suo radicamento nel tessuto politico ed imprenditoriale. L’iter di aggiudicazione degli appalti per la raccolta ed il trasporto rifiuti nei comuni della provincia reggina, infatti, non sempre è stato “cristallino” tanto che gli stessi amministratori comunali che hanno interagito con Ased avrebbero in più circostanze agito perseguendo interessi personali.

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