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"Avrò modo di chiarire la mia totale estraneità", aveva detto Giuseppe Scopelliti, ex presidente della Regione Calabria ed ex sindaco di Reggio, quando Alberto Sarra, tra i politici coinvolti nell'inchiesta "Mammasantissima", aveva fatto anche il suo nome nel parlare dei componenti della cupola invisibile. Alla fine, su sua richiesta, Scopelliti è stato sentito dal sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo, pm dell'indagine "Mammasantissima" che ha svelato una struttura verticistica e segreta, composta da colletti bianchi che manovrano l'infiltrazione della 'Ndrangheta a vari livelli istituzionali.
L'ex presidente della Giunta Regionale, indagato in un filone parallelo ma collegato alla maxi inchiesta, destinatario di una perquisizione domiciliare da parte del Ros, avrebbe respinto tutte le accuse sui suoi legami con le cosche calabresi. L'indagine, d'altra parte, riporta che Scopelliti sarebbe stato il sindaco "manovrato" da Paolo Romeo, avvocato coinvolto in "Mammasantissima" insieme a Giorgio De Stefano (che esercita la medesima professione) all'ex dipendente della Regione Francesco Chirico, all'ex sottosegretario regionale Alberto Sarra ed al senatore di Gal Antonio Stefano Caridi, per il quale il Senato ad agosto ha votato "sì" all'arresto.
Romeo, stando ai risultati investigativi, avrebbe convogliato i voti mafiosi per poi spostarli da Italo Falcomatà, sindaco di centrosinistra deceduto nel 2001, a quello di centrodestra, Giuseppe Scopelliti.
Sarra aveva tirato in ballo il politico calabrese quando era stato sentito dallo stesso Lombardo insieme ai Carabinieri del Ros. L'ex sottosegretario regionale aveva parlato del gruppo formato da Scopelliti, dall’ex sottosegretario di Stato Giuseppe Valentino, da Umberto Pirilli (già europarlamentare) e da Pietro Fuda, ex deputato e attuale sindaco di Siderno. Il politico aveva poi descritto la funzione esercitata dall'avvocato Romeo, considerato la “mente” della cupola “riservata” e poi scoperchiata con "Mammasantissima". “Il ruolo di Romeo – aveva dichiarato – è di rilievo elevatissimo: unitamente a lui di quel contesto fanno parte Giuseppe Valentino, Giuseppe Scopelliti, Antonio Caridi, Umberto Pirilli e Pietro Fuda". E ancora: "Senza Paolo Romeo, tutte queste figure politiche non sarebbero mai esistite; il sistema esiste in quanto è lui che crea le condizioni indispensabili alla sua operatività”.
Scopelliti, assistito dai legali difensori Aldo Labate ed Enrico Maria Giarda, avrebbe respinto ogni accusa, spiegando quella che, nella sua versione dei fatti, è la natura del legame con Sarra, con il quale avevano condiviso l'appartenenza allo stesso partito di destra, Alleanza Nazionale.
Contestato, a Scopelliti, anche il rapporto che quest'ultimo avrebbe con Nino Fiume, oggi pentito ma in passato sicario dei De Stefano, oltre ad essere ex cognato dello stesso Peppe De Stefano. Stando sempre alle indagini, Fiume avrebbe sostenuto Scopelliti dal punto di vista politico ed elettorale. La questione è se il pentito abbia appoggiato il politico a titolo personale o nell'eseguire una direttiva della cosca De Stefano. Che i due abbiano un rapporto di conoscenza, infatti, è già dato per certo. Al matrimonio di Scopelliti, datato 24 febbraio 2001, c'era anche Fiume tra gli invitati: lo documenta sempre l'inchiesta nella quale emerge una lettera personale indirizzata all'ex killer di 'ndrangheta per il gran giorno.
"Mai parlato di politica con Fiume”, si era difeso Scopelliti. Il collaboratore, però, aveva affermato che “dopo la fine della guerra di mafia iniziai a riprendere contatti più assidui con molti giovani che si interessavano di politica, tra questi vi era il giovane rampante Giuseppe Scopelliti”. E di questo se ne parlava in discoteca, aveva continuato, "luogo dove si poteva mobilitare l’appoggio dei non borghesi in possesso del numero, cioè dei voti”. In seguito, grazie al placet di Peppe De Stefano e Pasquale Condello, Scopelliti verrebbe individuato come candidato. "La sua ascesa - scrive il Ros - avverrà convogliando su di lui i consensi elettorali che l’imprenditoria mafiosa, su disposizione di Pasquale Condello detto ‘Il Supremo’, aveva precedentemente attribuito a Italo Falcomatà”. Per i magistrati Giuseppe Scopelliti era alle “dirette dipendenze della cosca De Stefano”, così come il senatore Caridi.

Foto © Ansa

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