GLI OMICIDI BLASCO E DRAGONE
Perché questi nomi sono così importanti? Per capirlo occorre fare un passo indietro, nei primi anni del 2000 quando era in corso la feroce faida tra la cosca dei Grande Aracri e la cosca dei Dragone. In questo contesto, vanno infatti collocati due omicidi che, a pochi mesi di distanza, hanno visto nel 2004 l’uccisione di due uomini. Salvatore Blasco, 44enne considerato uomo di punta del gruppo facente capo a Nicolino Grande Aracri, ucciso a Cutro il 22 marzo del 2004, raggiunto da numerosi colpi di fucile calibro 12 davanti alla porta della propria abitazione. Blasco era uscito dal carcere appena due giorni prima per decorrenza dei termini, malgrado la condanna a 12 anni e 4 mesi che gli era stata inflitta in primo grado nel processo “Scacco matto” per associazione mafiosa, tentato omicidio, detenzione di armi. Antonio Dragone, 61enne ritenuto il boss storico dell’omonima cosca, ucciso il 10 maggio 2004 a colpi di Kalashnikov e pistola calibro 38 in un agguato portato a termine sulla strada statale 106 bis, in località Vattiato. Di queste due uccisioni furono chiamati a rispondere quattro giovani calabresi: Giovanni Abramo, Antonio Dragone, Giuseppe Ciampà e Giovanni Oliverio.
LUGLIO 2008: PRIMO GRADO DI GIUDIZIO
La Corte d’Assise, al termine del processo di primo grado nel luglio del 2008, emette le prime sentenza. Per l’omicidio del boss Antonio Dragone viene condannato a 28 anni di reclusione Giovanni Abramo (genero del boss Nicolino Grande Aracri). Per l’omicidio di Salvatore Blasco vengono condannati Giuseppe Ciampà e Antonio Dragone (entrambi nipoti del boss Antonio Dragone) a 23 anni e sei mesi. Giovanni Oliverio si costituisce nel maggio 2006 e viene condannato a 21 anni e sei mesi di reclusione.
DICEMBRE 2009: SECONDO GRADO DI GIUDIZIO
I giudici della Corte d’Assise d’appello di Catanzaro assolvono Giovanni Abramo. Per quanto riguarda il delitto di Salvatore Blasco, la Corte d’Assise d’Appello concede uno sconto di pena a Giovanni Oliverio, Antonio Dragone e Giuseppe Ciampà condannandoli a 21 anni di reclusione.
CASSAZIONE
La Cassazione annulla la sentenza della Corte d’appello nei confronti di Giovanni Abramo, rinviando gli atti a Catanzaro per la celebrazione di un nuovo processo di secondo grado. Vengono invece confermate le condanne nei confronti di Antonio Dragone, Giovanni Oliverio e Giuseppe Ciampà.
MAGGIO 2012: SECONDO PROCESSO D’APPELLO
Giovanni Abramo, accusato dell’omicidio del boss Antonio Dragone, viene condannato a 20 anni di reclusione. Viene accolta quasi integralmente la richiesta del sostituto procuratore generale Domenico Prestinenzi, che aveva chiesto per Abramo una condanna a 27 anni di reclusione.
NUOVI RISVOLTI
Nell’ordinanza firmata dal GIP catanzarese Domenico Commodoro (nell’ambito di Kyterion) emergono particolari sull’agguato mortale al boss Antonio Dragone. Una nutrita serie di intercettazioni individuerebbero, a detta degli inquirenti, come mandanti dell’omicidio, i fratelli Nicolino ed Ernesto Grande Aracri. “Sebbene Nicolino Grande Aracri fosse detenuto – scrive il gip – lo stesso operava in maniera sovraordinata rispetto al fratello Ernesto che era in libertà ed ha dovuto sostenere la “guerra”. La responsabilità di Nicolino Grande Aracri promana direttamente dalle conversazioni ambientali, quando lo stesso Nicolino, nell’incontrare l’allora autista del Dragone (Giovanni Spadafora) confessa e rivendica l’ideazione e la materiale predisposizione dell’omicidio, addirittura rimarcando come, all’epoca, se tra gli obiettivi dell’agguato vi fosse stato lo stesso Spadafora, lo stesso sicuramente non sarebbe scampato alla micidiale azione”.