Per alcuni imputati pene anche aumentate
di AMDuemila
La Corte d'Appello di Catanzaro, presieduta da Maria Vittoria Marcianò, ha in parte confermato, e in parte appesantito, le condanne contro i presunti esponenti del clan Tripodi di Vibo Marina-Portosalvo per associazione mafiosa, intestazione fittizia di società, usura, estorsioni, tutte aggravate dalle modalità mafiose.
In particolare al centro del procedimento c’erano le posizioni di sette imputati (giudicati in primo grado con l’abbreviato, coinvolti nell’operazione “Lybra” che fu coordinata dal pm della Dda di Catanzaro Pierpaolo Bruni e nel luglio del 2013 portò all'arresto di oltre 20 persone e, in una seconda tranche, al sequestro di di beni per circa 50 milioni di euro. L’indagine rivelò all’epoca l’esistenza di una mafia imprenditrice che, secondo gli inquirenti, avrebbe esteso i suoi affari anche a Roma e in Lombardia e tra gli appalti gestiti da aziende riconducibili alla cosca figurano anche i lavori eseguiti a Vibo Marina dopo l’alluvione del 2006.
Un processo importante, quello di primo grado, in quanto si sancì per la prima volta in una sede giudiziaria l’esistenza del clan mafioso dei Tripodi di Portosalvo.
Ieri la corte ha confermato i verdetti per Salvatore Vita (9 anni), Nicola Tripodi (8 anni), ritenuto il vertice del sodalizio criminale, Gregorio De Luca (2 anni e 8 mesi) e Massimo Murano (3 anni). Pene più pesanti per Antonio Mario Tripodi, condannato a 7 anni e 6 mesi (7 anni in primo grado) e Sante Mario Tripodi, che ha avuto 6 anni e 8 mesi (4 anni e 8 mesi). Sempre i giudici hanno annullato l'assoluzione a carico di Francesco Lo Bianco emettendo una condanna a 2 anni e 8 mesi di reclusione nei suoi confronti.
Altri sei imputati, coinvolti nell’operazione, hanno invece optato per il rito ordinario, processo conclusosi nel maggio dello scorso anno con cinque condanne e tre assoluzioni.
Operazione Lybra, in appello confermate le condanne al clan Tripodi
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