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carcere c infophotoIl pentito Foggetti svela la “falla” del 41 bis
di AMDuemila
Il carcere duro? Un colabrodo a sentire le dichiarazioni del collaboratore di giustizia calabrese, Adolfo Foggetti, reo confesso dell’omicidio di Luca Bruni (reggente dell’omonimo clan fatto fuori nel gennaio 2012). Secondo il pentito, interrogato dai pm Giovanni Bombardieri, Vincenzo Luberto e Pierpaolo Bruni, “i messaggi arrivavano all’esterno attraverso frasi sussurrate nell’orecchio dei visitatori durante i colloqui. Si usa questo metodo per neutralizzare eventuali attività d’intercettazione disposte dalle forze dell’ordine. A volte, però, passiamo qualche bigliettino…”.
Nel ricostruire il sistema di comunicazione dei boss detenuti con l’esterno Foggetti avrebbe anche accusato un esponente della Polizia penitenziaria indicandolo come “corriere” dei “pizzini” scritto dietro le sbarre per trasmettere gli ordini ai boss in libertà. “Alla guardia - avrebbe detto - consegnavamo dei biglietti chiusi in modo che non potesse leggerli. Noi affiliati utilizzavamo questa guardia anche per introdurre generi alimentari, orologi e altri oggetti”.
A dare la notizia è la Gazzetta del Sud di domenica 3 aprile. I verbali con le dichiarazioni di Foggetti erano originariamente coperti da “omissis”, ma gli stessi sarebbero stati misteriosamente ed incredibilmente decriptati. Sempre lo stesso quotidiano nei giorni scorsi aveva riportato altre dichiarazioni di Foggetti sui legami tra i boss e rappresentanti delle istituzioni.

E proprio per ricostruire questa rete di complicità che la Dda di Catanzaro ha aperto un fascicolo.
Il pentito avrebbe quindi raccontato come ai detenuti basta aggrapparsi alle grate di alcune celle per scambiarsi i saluti con quelli che attendono l’ingresso nel carcere in un parcheggio pubblico collocato in un punto non molto lontano dai muri perimetrali.
Poi ci sono “le tecniche più prudenti e riservate” dei sussurri e dei bigliettini.
Foggetti avrebbe poi fornito un’ulteriore circostanza, specifica sui detenuti al 41 bis: “Non sono a conoscenza diretta delle modalità con cui i detenuti al 41 bis mandano messaggi all’esterno. Certo è, però, che allorquando hanno bisogno di comunicare con i sodali in libertà utilizzano i loro congiunti per comunicarci le loro necessità. E’ stato il caso di un detenuto che mandò da me i familiari affinché procedessi alla raccolta di denaro per il pagamento del consulente di parte perché predisponesse una consulenza per attestare l’incompatibilità del suo stato di salute con il carcere”.
Su questo dato sono ancora in corso accertamenti investigativi ma è chiaro che se fosse confermato sarebbe un fatto gravissimo. Intanto prosegue anche l’inchiesta sui legami tra le cosche di ‘Ndrangheta e la politica. L’inchiesta condotta a Rende la scorsa settimana che ha coinvolto e fatto finire agli arresti domiciliari cinque esponenti politici (tra cui l’ex sottosegretario di Stato Sandro Principe) è solo all’inizio. C’è anche un altro pentito, Luigi Paternuosto, legato alla criminalità organizzata del centro storico, che ha parlato in passato di un presunto accordo concluso tra cosche e politici nel 2002. Secondo la Gazzetta del Sud esisterebbe anche un dettagliato rapporto della Digos, risalente a quegli anni, in cui si farebbe esplicito riferimento ad attività politiche svolte da una serie di persone sottoposte alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale. Ed è da questo incrocio di dati che si starebbe sviluppando l’inchiesta.

Foto © Infophoto

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