Operazione "Stirpe": gli affari della famiglia di Santa Maria di Gesù
di Miriam Cuccu
Mentre a Bagheria una trentina di imprenditori denunciano e fanno arrestare i propri estorsori, alla Guadagna di Palermo il boss viene osannato durante la cattura. È successo nel corso dell’operazione “Stirpe”, quando le forze dell’ordine hanno arrestato Salvatore Profeta, boss rilasciato dopo essere stato scagionato dall’inchiesta sulla strage di via D’Amelio, e immediatamente tornato a guidare la famiglia di Santa Maria di Gesù. “È un galantuomo” diceva uno, parlando di Profeta (già condannato per mafia, estorsione e droga) quando la Polizia si è presentata alla Guadagna. Decine di persone erano scese in strada per rendergli omaggio, ostacolando l’operazione in corso. Perché Profeta era, per molti nel quartiere, punto di riferimento e garanzia per ottenere risposta alle più varie istanze degli imprenditori locali. “Qui non entra nessuno che non voglio io”, soleva dire il boss, forte di un carisma che gli permise, una volta annullata la condanna per l’assassinio di Borsellino (dopo che il collaboratore Spatuzza smentì le dichiarazioni di Scarantino, pentito “fantoccio” che l’aveva accusato) di prendere il posto precedentemente occupato ai vertici del clan. E i suoi ordini valevano anche per la festa di quartiere, dalla scelta dei cantanti allo stesso ordine della scaletta. Con un veto in particolare: che non venissero fatte dediche ai carcerati e ai latitanti. "Una giornata Radio 101 ha trasmesso la festa di San Giuseppe, ha fatto il nome di tutti e li hanno arrestati a tutti gli spacciatori. - diceva Rosario Profeta, nipote del boss, alla prestanome Giuseppina Taormina - Ti giuro Giù... su Radio 101. E quelli che sono stati arrestati hanno detto: siete una massa di coglioni. Li hanno arrestati a tutti".
Il giro d’affari più consistente, per la famiglia mafiosa, era rappresentato dal traffico di stupefacenti. Business per il quale Profeta incontrò addirittura pezzi della ‘Ndrangheta (vera regina della droga nel mondo occidentale). Il 21 dicembre 2012 alla Guadagna ci fu un incontro tra il boss del quartiere e Antonino e Francesco Parisi (padre e figlio) due trafficanti riconducibili alla mafia calabrese. All’appuntamento sarebbero stati presenti anche Antonino Profeta, figlio di Salvatore, il genero Francesco Pedalino, Pietro Cardella e Riccardo Muratore. Poche settimane dopo, il 12 gennaio 2013, fu Antonino Profeta ad andare in terra calabrese, un viaggio che lo preoccupava molto tanto da scrivere alla sua fidanzata qualche giorno prima di partire: “Saremo sempre insieme da lontano, io spero ke non accadrà mai, ma non si sa mai nella vita e poi tu sei furba e lo capisci… amò quello ke viene mi prendo e devo fare la mia vita giusto! Importante ke tu mi aspetti xk tu 6 la mia vita. Ti amo principessa mia”. Anche il figlio del boss è stato arrestato lo scorso 12 novembre. In effetti, molti erano i caratteri che accomunavano la famiglia profeta alle cosche calabresi: “Profeta fin dalla sua scarcerazione – aveva dichiarato a ridosso del blitz il capo della Mobile Rodolfo Ruperti – ha ripreso in mano le redini della famiglia che ricorda, dal punto di vista organizzativo, i clan della 'Ndrangheta, visto il coinvolgimento dei familiari più stretti ai vertici della cosca. Non a caso oggi abbiamo arrestato il figlio e il nipote di Profeta”.
Altro importante investimento era rappresentato dal settore edilizio, per il quale era il nipote Rosario, colui che aveva amministrato le risorse di famiglia durante la detenzione dello zio, a gestire le scadenze dei pagamenti. Le indagini (coordinate dai pm Francesca Mazzocco, Caterina Malagoli e Sergio Demontis) si muovono inoltre sulla complicità di un avvocato, considerato vicino a Rosario Profeta, che avrebbe dovuto preparare alcuni documenti tramite un prestanome per la donazione di una proprietà. Del tesoro del clan (era lo stesso Profeta, intercettato, a lamentarsene con il nipote) ne facevano grande uso le donne di famiglia. La prima sarebbe stata la stessa moglie, Ignazia, oggi deceduta: "Gli mandava questo, quello, il ben di Dio gli mandava" diceva Rosario allo zio, parlando degli innumerevoli regali che la donna dispensava. Ce n'era anche per la nuora del boss, Monica Meli, che ugualmente riceveva una quota dal clan: "Sta minchia, occhiali che sfoggiava... Cartier... ora con lo stipendio se li può comprare... cinquecento euro di occhiali" diceva sempre Rosario allo zio Salvatore, il quale salvava una sola delle donne del clan, la figlia Concetta, "l’unica che non scrocca". "Con la superbia che ha - diceva ancora - come questa che abbiamo noi, i Profeta, che non diamo conto e ragione a nessuno... che moriamo per non fargli capire niente alle persone".
Foto in alto © Ansa/Mike Palazzotto
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