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La latitanza a Dubai per Amedeo Matacena (in foto), ex deputato su cui pende una condanna definitiva a tre anni per concorso esterno in associazione mafiosa, potrebbe essere agli sgoccioli. Andrea Orlando, ministro della giustizia, si è infatti diretto negli Emirati Arabi Uniti a seguito di un lungo negoziato. Qui si incontrerà con Saeed al Badi, che ricopre la rispettiva carica, ma sul tavolo ci sarebbero già due accordi pronti da firmare: uno sull’assistenza giudiziaria penale e l’altro (quello che preoccuperebbe di più Matacena) sulla materia delle estradizioni, al fine di avviare una collaborazione reciproca per consegnare alle nazioni i rispettivi latitanti. L’accordo dovrà essere approvato dal Consiglio supremo federale negli Emirati e dalla ratifica parlamentare italiana, ma potrebbe diventare operativa a breve.

Proprio per l’assenza di un accordo simile gli Emirati Arabi avevano sempre negato l’estradizione di Matacena, nonostante le richieste dell’Italia e della Procura di Reggio Calabria. Una era stata bocciata a luglio dell’anno scorso, avanzata dalla Dda reggina, nell'ambito dell'inchiesta sugli appoggi di cui l'ex parlamentare avrebbe beneficiato per sottrarsi all'arresto dopo la condanna definitiva per mafia. Appoggi che sarebbero stati messi in atto, tra gli altri, dall'ex ministro dell'Interno, Claudio Scajola, e dalla moglie di Matacena, Chiara Rizzo, arrestati anche loro ed attualmente entrambi ai domiciliari.
Pochi giorni fa, in Italia, la sesta sezione penale della Corte di Cassazione ha invece rigettato il ricorso presentato dai legali di Matacena per l'annullamento dell'ordinanza di custodia cautelare. L’accusa che pende sull’ex deputato è di aver tentato di schermare il proprio patrimonio per sottrarlo ad un eventuale sequestro da parte della magistratura. Dopo il “no” della Cassazione, la posizione di Matacena si è dunque aggravata ulteriormente.

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