di AMDuemila - 5 agosto 2015
“Basta essere furbi, aspettare delle giornate di mare giusto, e chi vuoi che se ne accorga?” “E il mare? Che ne sarà del mare della zona se l’ammorbiamo? “Ma sai quanto ce ne fottiamo del mare? Pensa ai soldi che con quelli, il mare andiamo a trovarcelo da un’altra parte...”. E' un dialogo tra due boss agli atti di un'indagine di qualche anno fa, coordinate dall'allora magistrato della Dda di Reggio Calabria, Alberto Cisterna. Ai clan non importa nulla della terra, del paesaggio, a loro importano solo due cose: soldi e potere.
E' più o meno lo stesso quadro che emerge seguendo le dichiarazioni del pentito 28enne Mattia Pulicanò. Secondo il collaboratore di giustizia rifiuti tossici quali scorie radioattive occultati nel sottosuolo in provincia di Cosenza. A dare la notizia è il Quotidiano della Calabria.
I rifiuti tossici, secondo il collaboratore di giustizia già spacciatore per conto del clan Lanzino, sarebbero sepolti a Lattarico, pochi chilometri da Cosenza, in quella frazione nota come Regina.
I rifiuti sarebbero stati portati 15 o 20 anni addietro da Cipriano Chianese, avvocato napoletano di 62 anni ritenuto organico al clan dei Casalesi, considerato dagli inquirenti campani come l’inventore delle “ecomafie”, con l'aiuto di un imprenditore cosentino.
“Interrare quei rifiuti – ha detto agli inquirenti Pulicanò - rappresentava una contropartita agli appalti che Chianese gli aveva fatto prendere nel corso degli anni”. In cambio l’imprenditore cosentino “doveva mettere a disposizione la sua azienda per occultare rifiuti tossici”.
E' proprio questo imprenditore ad aver riferito alcuni dettagli al pentito. “Ero appena uscito dal carcere – ha detto il collaboratore di giustizia – e lui mi ha proposto il trattamento, da parte della mia cosca, di rifiuti tossici provenienti dal Nord Italia. A riguardo, mi precisava di aver già assunto contatti con un veneto che trattava le spedizioni per conto di un gruppo di Modena che spediva rifiuti tossici in Africa. L’oggetto dell’affare era quello di far arrivare rifiuti nella zona di Lattarico dove dovevano essere interrati”.
Per occultare le operazioni e “non dare nell'occhio” sarebbe stato anche progettato di costruire innocui capannoni agricoli e impianti fotovoltaici sui terreni prescelti. In altri casi, invece, quelle scorie erano state occultate “nelle colate di cemento”. Quell’affare non andò poi in porto perché il gruppo modenese avrebbe voluto seppellire “semplici” ingombranti, anziché rifiuti tossici.
Pulicanò, che avrebbe sollevato perplessità all'imprenditore cosentino sui rischi per la salute che un'operazione del genere avrebbe comportato, ha anche riferito che quell'ex amico gli rispose di averlo già fatto un ventennio prima. “In effetti – ha concluso il pentito parlando con i pm - ho verificato che, nella zona in questione, si sono registrati, negli anni, diversi casi di tumore”. In Regione, la notizia della presenza di rifiuti tossici, ha fatto scattare immediatamente l'allarme tanto che il Presidente della Regione, Mario Oliverio, oltre ad “esprimere la solidarietà al sindaco di Lattarico”, ha auspicato “ogni opportuna iniziativa, da parte dell’autorità giudiziaria, sulla veridicità delle dichiarazioni rese nel procedimento penale oggetto di notizie”.
Del giro d'affari che si sviluppa attorno alle Ecomafie si parla da anni. Il pentito casalese, Carmine Schiavone (deceduto lo scorso febbraio) davanti alla Commissione d'inchiesta parlamentare sui rifiuti, risalente al 7 ottobre 1997 ma reso pubblico solo nel 2013, spiegava con dovizia di dettagli com'è che l'industria dell'ambiente è improvvisamente entrata nell'orizzonte criminale dei Casalesi.
Nelle discariche della camorra ci finiva di tutto. “Dalla Germania arrivavano camion che trasportavano fanghi nucleari”, raccontava Schiavone. Ma non solo. “Vi erano fusti che contenevano tuolene, ovvero rifiuti provenienti da fabbriche della zona di Arezzo: si trattava di residui di pitture”. I camion “venivano anche da Massa Carrara, da Genova, da La Spezia, da Milano... A Milano so che c'erano delle grosse società che raccoglievano rifiuti, anche dall'estero, rifiuti che poi venivano smaltiti al Sud”. Dove? “Il sistema era unico, dalla Sicilia alla Campania. Anche in Calabria era lo stesso: non è che lì rifiutassero i soldi. Che poteva importargli, a loro, se la gente moriva o non moriva? L'essenziale era il business”. Schiavone in quell'audizione faceva accenno anche alle navi dei veleni: “So che c'erano navi e che qualcuna è stata affondata nel Mediterraneo […] Ricordo che una volta si parlò di una nave che portava rifiuti speciali e tossici, scorie nucleari, che venne affondata sulle coste tra la Calabria e la Campania”.
Delle navi dei veleni parlava anche il pentito di 'Ndrangheta, deceduto nel 2012, Francesco Fonti. Un tema, quindi, quello dei rifiuti tossici radioattivi, che riemerge in queste nuove indagini, sperando che stavolta si possa arrivare all'individuazione di quei criminali che giocano sulla pelle del cittadino in nome degli affari.