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lombardo-giuseppe-c-giorgio-barbagallo2Nuova telefonata anonima ricevuta dalla guardia di finanza
di AMDuemila - 17 dicembre 2014
“Siamo pronti ad ucciderlo”. Ancora minacce di morte per il pm di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo. A pochi giorni di distanza dalla chiamata intimidatoria dei 200 chili di tritolo pronti a esplodere avvenuta a fine novembre, la guardia di finanza di Reggio ha ricevuto un'altra telefonata anonima contro il pm della Dda di Reggio Calabria. Nello scorso episodio la ‘voce’ invitava il pm a fermare il suo lavoro: “se non la smette lo ammazziamo” ed indicava i luoghi e i percorsi maggiormente frequentati dal magistrato. Questa volta il messaggio è chiaro e conciso e non lascia spazio ad interpretazioni. Sarebbe davvero tutto pronto per ammazzare un pm da sempre in prima linea contro le cosche più potenti dell’intera Calabria che con le sue inchieste ha sviscerato i complessi intrecci mafioso-politici e lobbysti toccando quei “fili” spesso definiti “dell’alta tensione”.

Alla luce delle nuove minacce la Prefettura, d’intesa con il Ministero degli Interni, ha deciso di potenziare ulteriormente la sicurezza attorno a Lombardo con controlli sistematici dei luoghi da lui frequentati (al pm è già assegnato un servizio di scorta al massimo livello, ndr).
Sulle due vicende sta indagando ora la Procura di Catanzaro (competente per i pm di Reggio Calabria, ndr) per capire da quali ambienti provengano le minacce.
Giuseppe Lombardo, oltre a condurre le indagini sulla latitanza dell’ex deputato Fi Amedeo Matacena (condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, ndr) per la quale sono imputati al processo anche la moglie Chiara Rizzo e l’ex ministro Claudio Scajola, è titolare di alcune delle inchieste più importanti contro la mafia Calabrese e non solo. Lo scorso anno il pm ha aperto un fascicolo sui legami e i rapporti instaurati negli anni ’90 tra le cosche della ‘Ndrangheta e i boss siciliani. Rapporti costruiti prima e durante gli anni della strategia stragista di Cosa nostra che raggiunge l’apice con le stragi contro Falcone e Borsellino in Sicilia e quelle contro civili in continente.
Ad indagare sull’asse Calabria-Sicilia sono un gruppo di magistrati voluti dal procuratore di Reggio Calabria Cafiero De Raho per creare un pool antimafia così che la responsabilità di informazioni e indagini delicate non gravi su singole persone. De Raho, sentito in merito dal quotidiano La Repubblica, ha sottolineato che: “Ovviamente stiamo facendo tutto quello che bisogna per garantire la sicurezza a Lombardo e a tutti gli altri magistrati impegnati in inchieste particolarmente delicate. In ogni caso, è bene che si sappia, che non c'è alcuna maniera per fermare il lavoro della Procura che si muove in blocco, come se si trattasse di un'unica persona, a prescindere dal merito dei singoli procedimenti. E' così nella collaborazione con altre procure ed è così anche per i fascicoli di nostra esclusiva competenza".

Filo diretto Cosa nostra-'Ndrangheta
Il “pool” formato dai procuratori aggiunti Nicola Gratteri e Ottavio Sferlazza, dal pm Antonio De Barnardo e dal sostituto della Dna Francesca Curcio sta scavando sulle vicende che accaddero nei primi anni novanta, a partire dall’omicidio eccellente del magistrato Antonio Scopelliti, ammazzato nell’agosto del 1991 mentre era in vacanza e dei due carabinieri Vincenzo Garofalo e Antonino Fava assassinati a gennaio del 1994. Secondo il pentito Nino Fiume, ex ’ndranghetista ed ex cognato del boss Giuseppe De Stefano, ad uccidere il magistrato Antonio Scopelliti sarebbe stato un commando composto da calabresi che spararono per fare un favore ai Corleonesi.
Stessa cosa per il caso dei due militari, che a detta di Gaspare Spatuzza, l'ex boss di Brancaccio che con le sue rivelazioni ha contribuito a riscrivere la storia della strage di via d'Amelio, sarebbero stati ammazzati per eseguire una sentenza di morte decretata da Totò Riina. Dalle dichiarazioni di Fiume emerge che il capo della cupola siciliana avrebbe chiesto questo “favore” agli “amici” calabresi perchè Scopelliti avrebbe dovuto rappresentare in Cassazione l’accusa nel maxi processo di Palermo. Ma i legami tra le due mafie non si limiterebbero a questo.
Cosa nostra avrebbe anche cercato di coinvolgere la ‘Ndrangheta nella strategia stragista e avrebbe convocato diverse riunioni con i boss calabresi più importati a Milano e in Calabria. Ma sulla base del racconto di Nino Fiume, i capi famiglia della ‘Ndrangheta avrebbero preferito starne fuori a non abbracciare la strategia dell’attacco diretto allo Stato. Infine, della collaborazione tra calabresi e siciliani ha parlato recentemente anche il neo pentito Vito Galatolo che ha svelato il piano di morte ordito da Cosa Nostra contro il pm di Palermo Nino Di Matteo. Ai pm di Caltanissetta e Palermo ha raccontato che il tritolo per far saltare in aria il magistrato è stato acquisito proprio dalla Calabria. Tritolo che le forze dell’ordine stanno cercando disperatamente da tempo con i controlli che si stanno sviluppando non solo a Palermo ma anche in terra calabrese.

La redazione ANTIMAFIADuemila esprime tutta la propria vicinanza e solidarietà al magistrato Giuseppe Lombardo destinatario di questi vili e allarmanti atti intimidatori. Ci auguriamo che quanto prima venga fatta chiarezza.

Foto © Giorgio Barbagallo

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