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de-raho-federico-cafieroLe dichiarazioni del procuratore De Raho dopo il ritrovamento dell’arsenale
di Miriam Cuccu - 31 marzo 2014
Dieci kalashnikov, cinque pistole con matricole abrase, due fucili mitragliatori e una trentina di cartucce. A tanto ammonta l’arsenale sequestrato dalla Guardia di Finanza di Reggio Calabria, che ha ispezionato un’autovettura tra Rizziconi e Gioia Tauro. L’autista, Marino Belfiore, sul quale non pendono altri precedenti penali, è stato immediatamente fermato, ma le conseguenze che si traggono dall’operazione potrebbero non fermarsi qui. Per cosa sarebbe servita una tale quantità di munizioni? “Come obiettivo non posso pensare altro che a un soggetto istituzionale sotto protezione” ha commentato il procuratore di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho. Il progetto omicidiario mirerebbe a poliziotti, magistrati, uomini delle istituzioni perchè, ha spiegato ancora De Raho, “queste sono armi che sicuramente non servivano per faide e scontri interni, in quelle terre ci sono equilibri mafiosi molto stabili, servivano ad altro”. Una svolta, rispetto alla strategia del silenzio dalla ‘Ndrangheta sempre rigorosamente seguita, che sarebbe dettata dal pugno di ferro adottata dalla procura reggina contro le cosche mafiose.

Solo lo scorso febbraio la sentenza del processo Crimine ha condannato 98 imputati (28, invece, le assoluzioni) consentendo di svelare gli assetti della mafia calabrese tra Calabria e Lombardia, oltre a scoprire una ‘Ndrangheta più unitaria e coesa, con una sovrastruttura rispetto alle locali e alle varie famiglie. A questo risultato storico si aggiunge una serie di arresti e sequestri patrimoniali. Citando i più recenti, a marzo beni del valore di sette milioni di euro sono stati sottratti, nelle province di Reggio Calabria e Como, a due affiliati dei Gallico, mentre a 4 milioni ammontano le proprietà sequestrate a Gregorio Cacciola e Michelangelo Garruzzo, esponenti della famiglia di Rosario. Un patrimonio di 420 milioni, invece, è stato confiscato a 40 esponenti delle cosche reggine, e 11 milioni sono i beni sequestrati a febbraio all’imprenditore Santo Crucitti dell’omonima cosca. Per non parlare dell’ultimo sequestro di cocaina, pari a due tonnellate, risultato di un’indagine che Nicola Gratteri, procuratore aggiunto di Reggio Calabria, ha definito la “più grande contro il traffico internazionale di stupefacenti”. Certo, si tratta di numeri che rappresentano briciole se rapportati al giro d’affari della ‘Ndrangheta, stimato secondo uno studio dell’istituto Demoskopika del valore di 53 miliardi di euro all’anno, di cui solo 24,2 riconducibili al traffico di droga. Tanto basta, però, per far pensare al procuratore De Raho: “La 'Ndrangheta ha capito che lo Stato c'è e ci sarà”.
Le cosche alzano il tiro, dunque, anche sul versante delle intimidazioni. Contro l’azienda di Nino De Masi, imprenditore di Rizziconi, sono stati sparati 44 colpi di kalashnikov. Recentemente, invece, è esplosa una bomba che ha sventrato un negozio di eno-gastronomia intorno alle 23. Nella stessa notte veniva ammazzato Fabio Quirino, 43enne con precedenti penali. Sono ancora fresche le immagini della macchina bruciata a Cassano allo Jonio, dove è stato ucciso da un colpo alla testa e poi carbonizzato il piccolo Cocò, insieme al nonno Giovanni Iannicelli e alla sua compagna. Contro l’esecuzione perpetrata dalla ‘Ndrangheta è prevista una visita pastorale di Papa Francesco. La stessa Dda reggina negli ultimi anni è oggetto di una serie di intimidazioni: nel 2010 una busta con un proiettile di pistola calibro 9, senza alcun messaggio, viene recapitata al pm Antonio de Bernardo, mentre il sostituto procuratore Giuseppe Lombardo aveva ricevuto una lettera di minacce e un proiettile, e precedentemente davanti alla Procura generale una bombola a gas collegata a dell’esplosivo aveva scardinato un’inferriata.
A seguito del ritrovamento dell’arsenale il procuratore di Reggio Calabria ha richiesto la convocazione del Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica, al quale dovrebbe partecipare anche il ministro dell’Interno Angelino Alfano.
Il Procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, ha dichiarato al riguardo: "Vedo i fatti. La situazione in Calabria è di massimo allarme, come è accaduto già nel 2010: la 'Ndrangheta è pronta a colpire". "Il sequestro di armi micidiali che è stato effettuato è un gravissimo segnale di allarme, perché dimostra la capacità delle 'ndrine di riorganizzarsi nonostante i duri colpi subiti negli ultimi anni e di programmare attentati verosimilmente a danni di esponenti istituzionali, e in particolare di magistrati".
"E' necessario - ha precisato il procuratore nazionale antimafia - un urgente approfondimento della questione anche a livello di Comitato nazionale di ordine e sicurezza, per verificare anche l'adeguatezza delle misure di tutela disposte per i magistrati calabresi". "Questo piano - ha poi proseguito - è stato sventato grazie a una efficacissima attività investigativa, ma bisogna avviare una riflessione profonda sulla situazione calabrese".
Roberti ha espresso "la mia vicinanza ai colleghi calabresi e la disponibilità della procura antimafia a sostenere e coordinare ogni attività di indagine".
"Oggi - ha concluso - i vertici della procura e del tribunale di Reggio Calabria sono davanti al Csm per illustrare la drammatica situazione delle carenze di organico sia della procura, sia del tribunale di Reggio. Anche questo è un problema che va risolto in via prioritaria".

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