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papalia-rocco-centro-fotodi Savino Percoco - 9 gennaio 2014
Video e foto all'interno!
All’alba di ieri, Carabinieri e militari della Guardia di Finanza del comando provinciale di Milano, hanno eseguito dieci ordinanze di custodia cautelare nell'ambito dell’operazione “Platino”, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia del capoluogo lombardo.
Gli arresti sono avvenuti tra Milano e Reggio Calabria, su disposizione del Procuratore aggiunto Ilda Boccassini e del pm Paolo Storari, sferrando un colpo alle presunte cosche 'ndranghetiste attive nel territorio milanese.
I reati contestati riguardano, il controllo ''totale'' degli uomini della 'ndrangheta sui servizi di security e bodyguard di alcune discoteche milanesi, traffico di droga, estorsioni e "recupero dei crediti", da cui erano reperiti i fondi per il sostentamento delle famiglie dei boss in carcere.
L'inchiesta nasce da indagini condotte dalla Dda di Milano sul clan Barbaro-Papalia, operante prevalentemente nel settore del movimento terra nell'area Sud di Milano e in particolare nei Comuni di Buccinasco, Corsico e Trezzano sul Naviglio.

Presunto capo e organizzatore era Agostino Catanzariti (detto “il vangelo”) che, tornato in libertà dopo un ventennio di carcere e con i boss ancora alle sbarre, si ritrova temporaneamente reggente della ‘ndrina di Platì. Ignaro della presenza degli investigatori nuovamente sulle sue tracce, durante una conversazione con un giovane ‘ndraghetista, riaprirà involontariamente anche l’inchiesta “Cold case” archiviata da circa quarant’anni.
Difatti, ricordando i vecchi tempi, racconta i retroscena dell’irrisolto omicidio del 9 ottobre del 1976, quando il super boss Rocco Papalia uccise un uomo, durante una sparatoria alla discoteca Skylab.
Dalla stesse conversazioni, emerge anche il filo conduttore tra una influente società di “buttadentro” legata a locali notturni (security che si occupa dell'ex parco delle Rose, del noto De Sade, dei Magazzini generali, delle piscine Saini, dello streep club, del Trotto, ecc.) e criminali delle cosche calabresi. Un connubio, secondo gli inquirenti, che evita non solo problemi con i clienti ma anche la concorrenza di altri criminali, fino alla sistemazione a favore di alcuni processi, facendo perdere la memoria ai testimoni.
Secondo il gip di Milano, Franco Cantù Rajnoldi, Agostino Catanzariti e altri presunti esponenti della 'ndrangheta, avrebbero fornito una “protezione a tutto campo” ad alcune discoteche milanesi, una “protezione totale” attraverso una “sorta di estorsione-tangente” dal cui pagamento gli imprenditori avrebbero tratto anche “un cospicuo vantaggio”.
Il pm Paolo Storari, intervenendo in conferenza stampa, affermava: “questa indagine conferma quanto emerso nel corso di molte altre inchieste sui legami tra 'ndrangheta e imprenditoria in Lombardia: ovvero che sono gli imprenditori a cercare le cosche, e non più viceversa”.
Tra gli arrestati anche Flavio Scarcella, Catanzariti Saverio, Antonio Papalia, Michele Grillo, Halil Abderrahim, Giuseppe Massari, Giuseppe Mesiti, Natale Trimboli e Antonio Virgara.
Sempre ieri, anche la squadra mobile della Capitale ha eseguito tre ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse dal GIP presso il Tribunale di Roma, riguardo l’assassinio di Vincenzo Femia, la sera del 24 gennaio 2013.
In manette, Massimiliano Sestito, 41 anni, Francesco Pizzata, 22 anni, e Antonio Pizzata, 25 anni, di origine calabrese e traditi dalle rivelazioni del collaboratore di giustizia ed ex quarto componente della banda, Gianni Cretarola.
L'operazione ha permesso di smembrare “una pericolosa cellula di 'ndrangheta” come definito dagli inquirenti, che alcuni esponenti originari di San Luca avevano creato nel corso degli anni nella capitale.
Il lavoro della Polizia di Stato della Capitale ha consentito di far emergere elementi indiziari tali da poter ragionevolmente ipotizzare che l'omicidio Femia, commesso dai componenti del commando, sia stato commissionato da organizzazioni criminali appartenenti alla 'ndrangheta calabrese e sia maturato a seguito di contrasti insorti proprio nella gestione del traffico di droga.
Secondo le analisi, Vincenzo Femia, fu ucciso perché nel tentativo di mettersi in proprio, si ribellò ai boss della cosca di San Luca "emigrati" a Roma.
Lancia un “campanello d’allarme” il procuratore aggiunto Michele Prestipino, che evidenziando la presenza della 'ndrangheta nella Capitale, affermava: “porta con sé tutto quello di cui è capace, dagli affari illegali all'omicidio, considerato dalla criminalità organizzata sempre l'extrema ratio per evitare di attirare l'attenzione delle forze dell'ordine. Questo sta accadendo anche a Roma, e la presenza della 'ndrangheta merita molta attenzione”.

In foto
In una foto degli anni 70 Rocco Papalia, boss della ‘ndrangheta in Lombardia, davanti a un manifesto che annuncia uno spettacolo di Orietta Berti alla discoteca «Parco delle rose». Papalia è al centro della foto, con le gambe accavallate. Alla sua destra Francesco Molluso, a sinistra Michele Grillo, in seconda fila secondo da sinistra Domenico Sergi detto «Panazza» e alla sua destra Salvatore Violi.

FOTOGALLERY tratta da milano.corriere.it
I boss e la movida

VIDEO 'Ndrangheta a Milano: 10 arresti nell'operazione Platino

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