Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

pronesti-brunodi Enza Galluccio* - 13 dicembre 2013
Per molti la memoria di quella sentenza in primo grado del processo “Albachiara”, avvenuto nell’ottobre 2012, è ancora viva per la singolarità delle motivazioni dell’assoluzione totale per tutti gli imputati.
In quell’occasione il Gup Massimo Scarabello, pur ammettendo l’esistenza di una cellula di ‘Ndrangheta nelle province di Alessandria, Asti e Cuneo, aveva assolto i sedici imputati motivando tale decisione con l’assenza degli elementi essenziali dell’organizzazione, vale a dire l’assoggettamento e l’intimidazione del territorio.
Quindi da una parte si era riconosciuta la presenza di “locali” ‘ndranghetisti nelle varie province, ma non si era ritenuto opportuno applicare il  416-bis per la mancanza di controllo territoriale - secondo le modalità tipiche dell’associazione criminale - da parte degli stessi.
Quella spiegazione era parsa da subito fragile e la Procura di Torino, guidata da Gian Carlo Caselli, aveva per questo sentito la necessità di ricorrere in appello.

Secondo la tesi dell’accusa, la cellula piemontese era guidata da Bruno Pronestì (foto in alto) e tra gli imputati emergeva anche il nome di un consigliere comunale di Alessandria, Giuseppe Caridi (foto a destra), eletto nelle liste Pdl con l’ex sindaco Fabbio, oggi caridi-manif-elettoralenoto anche per l’accusa di aver portato alla bancarotta il Comune da lui gestito. Tal Cariddi, era stato accusato di 416-bis per aver partecipato ad un summit organizzato dal Pronestì, in cui sarebbe stato iniziato ad un primo livello di affiliazione. Insomma un “picciotto”, per usare un termine specifico di quest’organizzazione criminale.
La sentenza di appello del 10 dicembre, ribalta totalmente quel primo giudizio e, assecondando la tesi dell’accusa sostenuta dal pg Antonio Malagnino, riconosce la completezza del reato di 416-bis e condanna tutti assegnando pene che vanno dai sette anni e mezzo per il Pronestì, ai tre anni e un mese.
Si conferma quindi la presenza di “locali” della ‘Ndrangheta nelle zone del Basso Piemonte, collegate con altre liguri e del torinese.
Noi che amiamo leggere gli atti dei processi non avevamo dubbi… ora tocca alle rappresentanze istituzionali prendere atto dei fatti contrastando con coraggio quell’atteggiamento negazionista, così rassicurante per questo freddo e ignaro nord.

*Autrice di libri sulle mafie e sulle relazioni tra Stato e criminalità organizzata

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos