di AmDuemila - 30 agosto 2013
Non è durata molto la latitanza di Amedeo Matacena, ex parlamentare, resosi irreperibile dal 6 giugno scorso, ovvero da quando la Cassazione lo aveva condannato a 5 anni e 4 mesi di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. L’ex rappresentante di Forza Italia aveva pensato bene di non farsi trovare al momento dell’arresto fuggendo all’estero.
I carabinieri di Reggio Calabria che hanno condotto l’operazione, coordinati dalla Dda reggina e in collaborazione con l’Interpool, lo avevano individuato alle Seychelles. E da alcuni giorni , gli uomini della Catturandi reggina non potendo intervenire nelle isole dell’arcipelago dell’Oceano Indiano, per vari motivi, lo tenevano sott’occhio monitorando ogni spostamento e movimento.In questo modo sono riusciti a scoprire la sua partenza verso Dubai (secondo gli investigatori forse tappa intermedia per un'altra destinazione) e a catturarlo. Infatti, appena sceso dall’aereo, il latitante ricercato in ambito internazionale è stato fermato e privato del passaporto dalle autorità degli Emirati Arabi avvisate, appunto, dalle forze dell’ordine Italiane.
Amedeo Matacena, figlio dell’armatore che diede inizio al traghettamento nello Stretto di Messina, tra il 1994 e il 2001 è stato deputato con Forza Italia per ben due legislature. E’ passato alla storia come uno dei tre deputati che nel 1995 votò contro la conversione in legge del decreto che istituì il carcere duro (il 41 bis) per i boss di Cosa Nostra, 'Ndrangheta e Camorra.
Nei primi anni ’90 venne coinvolto, assieme a Paolo Romeo (altro deputato poi condannato), nella maxi-inchiesta “Olimpia”. Inchiesta che permise di scardinare le cosche di Reggio, protagoniste della guerra di mafia che in quel periodo provocò quasi mille morti ammazzati.
Da quell’indagine scaturì il processo “Olimpia” dal cui stralcio iniziò la lunga vicenda giudiziaria di Matacena. Venne condannato in prima istanza nel marzo 2001 dal Tribunale reggino, a 5 anni e 4 mesi di carcere per associazione mafiosa, concorso esterno. Nel marzo 2006 in corte d’Appello a Reggio venne assolto per annullamento della sentenza, quattro anni dopo la stessa Corte d’Appello confermò la prima disposizione assolutoria. A quel punto intervenne l’impugnazione dell’avvocato generale Scuderi che chiese l’annullamento dell’assoluzione e il rifacimento del giudizio in secondo grado. Così il 18 luglio 2012, l'ex deputato accusato di aver favorito consapevolmente la cosca dei Rosmini, venne condannato a cinque anni di reclusione con l’aggiunta dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici per concorso esterno in associazione mafiosa dalla Corte d'appello di Reggio Calabria. La sentenza è stata poi confermata dalla Cassazione il 6 giugno di quest’anno.
“Evidentemente – si legge nel dispositivo - non si può stringere un accordo con una struttura mafiosa, se non avendo piena consapevolezza della sua esistenza e del suo modus operandi. Tanto basta per ritenere che Matacena ben sapesse di aver favorito la cosca dei Rosmini”.
Nella sentenza c'è spazio anche per la “rapida carriera politica di Giuseppe Aquila: da manovale a bordo dei traghetti Caronte della famiglia Matacena a presidente della Provincia di Reggio. Considerato politicamente vicino a Matacena, infatti – scrivono giudici di Cassazione – Aquila “era uomo che faceva parte della famiglia (di sangue e mafiosa) dei Rosmini”.