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arresto-manette-webIncastrati dalle telecamere del boss amante del Superenalotto
di AMDuemila - 18 aprile 2012
Sette presunti appartenenti alla cosca Pesce di Rosarno sono finiti stamani in manette, su disposizione del gip che ha emesso un'ordinanza di custodia cautelare su richiesta della Direzione distrettuale antimafia, perchè ritenuti responsabili a vario titolo di trasferimento fraudolento e possesso ingiustificato di valori con l'aggravante mafiosa. Nome dell'operazione “Califfo 2”.

Tra gli arrestati ci sono anche tre donne. L'accusa per gli indagati è intestazione fittizia di beni per sfuggire ai controlli patrimoniali e il favoreggiamento del boss Francesco Pesce durante la latitanza finita il 9 agosto dello scorso anno. L'ordinanza di custodia cautelare emessa su richiesta della Direzione distrettuale antimafia aggrava inoltre la posizione del fratello di 'Ciccio Testunì, Giuseppe Pesce, ancora latitante, che era stato designato come reggente in un pizzino intercettato in carcere. Per lui dall'associazione mafiosa, si passa al ruolo di capo promotore dell'organizzazione criminale. A causa delle lunghe detenzioni imposte agli uomini, riferiscono i carabinieri, le mogli, da custodi della mentalità mafiosa all'interno delle mura domestiche tenutarie dei segreti di mariti, figli e fratelli, da tempo, hanno assunto un ruolo dinamico ed operativo in seno alla 'cosca Pesce'. Una situazione che era già emersa dalle indagini dell'operazione “All Inside” in cui era stata evidenziata la posizione di numerose donne a cui era devoluto il compito di far transitare all'esterno le direttive dei boss in carcere; addirittura. A Maria Grazia Messina, in particolare, era stata affidata la custodia della «bacinella», la cassa comune della cosca in cui confluivano i proventi dell'attività illecita del gruppo criminale capeggiato dal genero, Antonino Pesce, e dal nipote Francesco Pesce. Nel corso dell'indagine viene accertato che a Maria Rosa Angilletta, Maria Grazia Spataro e Maria Carmela D'Agostino vengono intestate due imprese che in base ai loro redditi dichiarati non avrebbero mai potuto fondare o mantenere.
A quanto pare, ad inchiodare gli uomini del boss, sono state le riprese delle videocamere che Francesco Pesce (detto "testuni"), aveva voluto lungo il perimetro del suo nascondiglio. Quando gli uomini del Ros e del Comando provinciale dei carabinieri di Reggio Calabria hanno scoperto le registrazioni quasi non ci credevano. Ciccio "testuni", potente reggente del clan Pesce di Rosarno, con la fissazione per la sicurezza personale, ha di fatto condannato l'intera rete di fiancheggiatori che per mesi lo hanno accudito e che hanno protetto durante la sua latitanza.

Inoltre le indagini dei carabinieri si sono basate anche sulle dichiarazioni rese dalla testimone di giustizia Maria Concetta Cacciola, suicidatasi nell'agosto del 2011 ingerendo acido muriatico. In merito al suicidio di Maria Concetta Cacciola, il 9 febbraio scorso, furono arrestati tre familiari della testimone di giustizia con l'accusa di maltrattamenti in famiglia e violenza o minaccia. Secondo gli inquirenti, Maria Concetta Cacciola fu sottoposta a vessazioni e violenze al fine di farle ritrattare le dichiarazioni rese all'autorità giudiziaria. Nell'ambito dell'inchiesta sfociata negli arresti di stamattina sono stati sequestrati beni per un valore di oltre un milione e mezzo di euro. Le indagini hanno consentito di accertare, in particolare, l'intestazione fittizia di due imprese al fine di eludere le misure di prevenzione patrimoniali.
Infine è emersa anche una particolarità. Il boss Francesco Pesce infatti aveva una passione del Superenalotto e non rinunciava a giocare anche durante la sua latitanza. L'esame delle immagini effettuate dai carabinieri nel corso delle indagini ha svelato che Francesco Pesce, in due occasioni, aveva delegato Giuseppe Pronestì, figlio di Antonio, arrestato lo stesso giorno in cui avvenne la cattura di Pesce, a giocargli dei numeri al 'Superenalottò. La mattina del 4 agosto Pronestì è stato ripreso nell'atto di conservare alcuni fogliettini assimilabili a schedine del Superenalotto. La sera del 9 agosto, inoltre, i carabinieri hanno trovato nella Panda di proprietà di Antonio Pronestì 8 ricevute del Superenalotto attestanti altrettante scommesse effettuate il 4 agosto precedente, e cioè negli stessi giorni in cui Giuseppe Pronestì aveva incontrato il ricercato. I numeri erano stati scelti dallo stesso latitante poichè i pronostici comprendevano la data di nascita di Francesco Pesce e quella di sua figlia Maria Grazia, nonchè il giorno (7) ed il mese (12) in cui era nato suo fratello Giuseppe Pesce.

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