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carabinieri-arresto-webdi AMDuemila - 30 marzo 2012
Ha portato all'esecuzione di 63 ordinanze di custodia cautelare la maxioperazione “Tela del ragno” scattata questa mattina all'alba da parte del Comando provinciale di Cosenza del Ros e coordinata dalla Dda di Catanzaro. Gli arresti sono stati compiuti in Calabria, Lombardia, Lazio e Veneto, con ben sette cosche di 'Ndrangheta smantellate e beni per quindici milioni di euro messi sotto sequestro. In totale, l'inchiesta dei pm vede indagati ben 250 persone.

In particolare sono state colpite le cosche Lanzino-Locicero di Cosenza (subentrata a quella dei Perna-Ruà), Muto di Cetraro, Scofano-Mastallo-Ditto-La Rosa e Serpa di Paola, Calvano e Carbone di San Lucido, e Gentile-Besalvo di Amantea. Gruppi criminali che secondo gli inquirenti erano riusciti a infiltrarsi in numerosi appalti pubblici, soprattutto nella zona tirrenica. Gli arrestati sono accusati di associazione mafiosa, omicidi, tentati omicidi, usura ed estorsione. In particolare sono stati ricostruiti 12 omicidi e tre tentati omicidi.
Dalle indagini è stato possibile fare luce anche su alcuni omicidi ed attentati compiuti nell’ambito di una guerra di mafia che ha viste contrapposte, tra gli anni 1999 e 2004, diverse cosche del cosentino per il controllo delle attività illecite sul territorio. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori dell'Arma e della Direzione distrettuale antimafia impegnati nell'indagine «Tela di ragno», le cosche di Cosenza che fanno capo ai Perna, Cicero, Lanzino, Ruà, avevano disegnato l'assetto del territorio e stabilito chi comandava sulla costa tirrenica cosentina, indicando espressamente le cosche di riferimento. Era stato inoltre individuato un capo locale unico e i proventi delle attività illecite confluivano in una «bacinella» comune. Il nuovo assetto provocò lo scontro con il nascente gruppo degli Imbroinise, il cui capo, Salvatore, fu ucciso il 13 marzo 2000. La cosca capeggiata da Mario Scofano assunse così la gestione di tutte le attività illecite. Ma nuovi attriti si verificarono ben presto tra Scofano e Giuliano Serpa, superati con una sorta di tregua armata. Un nuovo scontro ben più profondo si verificò il 19 dicembre 2002 con il tentato omicidio, a Paola, di Giancarlo Gravina, legato a Giuliano Serpa, ad opera della cosca Scofano-Martello-La Rosa-Ditto. Ne nacque un violento conflitto tra la stessa consorteria e i Serpa che nel frattempo si erano alleati con i Bruni di Cosenza, con Francesco Tundis di Fuscaldo e Pasqualino Besalto di Amantea che portò a quattro delitti ed a due tentati omicidi. Le perdite subite sia per lo scontro che per gli arresti, portò a nuovi assetti tra le cosche; all'omicidio di Stefano Mannarino, ucciso a Paola il 25 ottobre 2008; al ruolo centrale di Mario Serpa che, dalla semilibertà, riprese il controllo. Tra gli omicidi su cui è stata fatta luce ce ne sono anche due «storici», quello di Giovanni Serpa, ucciso a Paola l'11 settembre 1979 durante la prima guerra di mafia, e quello di Alfredo Sirufo, ucciso a Paola il 17 dicembre 1993, nell'ambito di una faida sorta all'interno della cosca Serpa.
Tra le attività dei clan figurano anche usura ed estorsioni. Inoltre i boss erano riuscita a infiltrarsi anche in numerosi appalti pubblici della provincia, specie nella zona tirrenica. Nel corso dell'operazione sono stati sequestrati anche beni per un valore di 15 milioni di euro.

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