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garofalo-lea-webdi Lara Borsoi - 1 febbraio 2012
Prosegue a ritmi sostenuti il processo per l’omicio della collaboratrice di giustizia Lea Garofalo scomparsa a Milano nella notte tra il 24 e il 25 Novembre 2009.
Come si ricorderà il processo è ricominciato dal principio poiché il Presidente del tribunale si è trasferito al Ministero per diverso incarico e se non dovesse giungere alla sentenza di primo grado entro luglio scadrebbero i termini di custodia cautelare e gli imputati tornerebbero in libertà.

Nelle ultime udienze sono state sentite la giovane figlia della vittima, Denise Cosco, chiamata a testimoniare anche contro il padre, Carlo Cosco imputato assieme ad altri per il delitto e la sorella della vittima, Marisa Garofalo.
A margine dell’udienza la ragazza ha fatto sapere tramite il suo avvocato Enza Rando di essere particolarmente contenta che l’udienza si sia svolta a porte aperte: “Mi fa piacere – ha dichiarato - che il processo sia pubblico sia per l’informazione che per la società civile. Questa è la mia forza e la forza della mia storia” per la quale chiede anzi, giustamente esige: “sentenza e giustizia”.
Oltre al Cosco sono accusati di aver rapito, torturato, ucciso e infine sciolto nell’acido Lea Garofalo anche i suoi fratelli Vito e Giuseppe Cosco, Massimo Sabatino, Rosario Curcio e Carmine Venturino.
Il nuovo giudice Anna Introini ha poi sentito anche la testimonianza di Marisa Garofalo.
L’udienza, della durata di quasi 4 ore, ha visto impegnata la donna rispondere, in particolare, alle incalzanti domande dell’avvocato d’ufficio del Cosco, Daniele Sussman Steinberg.
Marisa Garofalo ha ripercorso la tormentata storia di Lea Garofalo iniziata nel 1996 quando decide di lasciare il compagno, Carlo Cosco, in seguito al suo primo arresto.
Nel luglio del 2002 la donna compie un passo importante: collabora con la Dda di Catanzaro ed entra a far parte, insieme alla figlia minorenne, del programma di protezione. Dichiarazioni, che però, nel 2006, non vengono ritenute utili al fine delle indagini con tanto di esclusione dal programma di protezione.
La donna presenterà poi ricorso al tar che accetterà la sua richiesta, ma sarà proprio lei, nel 2009 a rifiutare la protezione.
Nel 2009 la collaboratrice, forse sconfortata dai scarsi risultati prodotti dalle sue dichiarazioni, decide di ricucire i rapporti con Carlo Cosco. Si riavvicinano, lui provvede a sostenere la spesa dell’affitto per l’ex compagna e la figlia a Campobasso, ma cerca anche di carpire dalla donna il contenuto delle dichiarazioni rilasciate ai pm.
Probabilmente la donna fiuta il pericolo tanto che nel maggio del 2009 riesce a sfuggire ad un tentato sequestro messo in atto da Massimo Sabatino.
Dopo questa ennesima brutta vicenda, madre e figlia, decidono di rifugiarsi dalla famiglia di orgine a Petelia Policastro dove resteranno sino a metà Novembre del 2009.
Il 20 Novembre del 2009 si mettono di nuovo in fuga e raggiungono prima di Firenze e poi, su richiesta del Cosco, Milano.
Marisa Garofalo, ricorda così quel 24 Novembre: “Sapevo che quella sera – ha raccontato al pm Marcello Tatangelo – sarebbe dovuta partire insieme a mia nipote da Milano, con il treno delle 23. Noi l'avevamo accompagnata il 20, quando da Petilia è partita per andare al processo a Firenze e poi a Milano. Noi eravamo preoccupati, non volevamo che partissero. Fino al 23 ci siamo sentite anche più volte al giorno: Lea mi aveva detto che domenica 22 si sarebbe incontrata con Carlo Cosco per parlare del futuro di Denise, e il giorno dopo si sarebbero rivisti tutti e tre insieme; mi aveva anche detto che lui le aveva chiesto cosa lei avesse confessato mentre era nel programma di protezione. Sapevo che alloggiavano in un albergo (si è poi scoperto che madre e figlia erano state registrate con le reali identità, n.d.a.) e che al pagamento della stanza provvedeva Carlo Cosco. Mia sorella aveva paura, si sentiva pedinata, io ero spaventata ma lei mi rassicurava dicendo che sarebbe tornata presto a casa”.
Lea Garofalo scompare in una fredda notte invernale in una Milano conquistata dalla ‘ndrangheta.
La stessa notte, quella del 24, Denise Cosco si precipita dai Carabinieri, accompagnata dal padre, Carlo Cosco per sporgere denuncia di scomparsa, che avverrà solamente dopo 24 ore, ovvero la notte del 25.
Il ricordo di Christian Persuich, Maresciallo dei Carabinieri di Milano, dipinge una Denise Cosco rassegnata, “già non sperava di poter rivedere la madre” mentre il padre, interrogato a parte, insisteva per avere una copia del verbale della figlia così da controllarne le dichiarazioni.
Il Maresciallo ha raccontato lo svolgimento delle indagini in paricolare le più incisive per rirovare la donna o almeno il suo cadavere. L’acquisizione dei tabulati telefonici collocavano Rosario Curcio, Carmine Venturino e Vito Cosco la sera del 24 Novembre e i giorni seguenti nei paraggi del magazzino di tale Crivaro Gaetano. All’interno e nel terreno attiguo le unità cinofile avevano portato gli inquirenti alla fossa biologica, ma nonostante tutti gli accertamenti, non era stato possibile giungere ad un esito certo.
La svolta arriverà il 13 aprile 2010, quando Salvatore Sorrentino dichiarerà che Massimo Sabatino, durante la loro convivenza in carcere, gli confessò che il piano prevedeva lo scioglimento del corpo di Lea Garofalo nell’acido.

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