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polizia-bigFermati anche un imprenditore e tre finanzieri. E spunta un contatto con i Servizi segreti
di AMDuemila - 27 gennaio 2012
Arresti, perquisizioni e sequestri di immobili sono stati eseguiti questa mattina da parte della Polizia di Stato su disposizione del Gip del Tribunale di Milano, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia. L'operazione riguarda lo stesso filone d'indagine che il 30 novembre scorso ha colpito il clan 'ndranghetista Valle-Lampada. Le precedenti indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini e dai pm Paolo Storari e Alessandra Dolci, avevano al centro il clan Valle-Lampada, già decimato nel luglio del 2010.

Erano stati arrestati Giulio Lampada, ritenuto «il regista di tutte le operazioni» e il fratello Francesco, gestori di bar e locali, e veri e propri imprenditori nel settore dei giochi di azzardo, la moglie di quest'ultimo, Maria Valle (ai domiciliari), suo fratello Leonardo, il presidente delle misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, Vincenzo Giuseppe Giglio, il cugino medico Vincenzo, il consigliere regionale della Calabria Francesco Morelli (Pdl), l'avvocato Vincenzo Minasi, il maresciallo della Guardia di Finanza Luigi Mongelli e un 'fedelissimò, Raffaele Fermino. Nell'ordinanza si facevano poi i nomi di due funzionari che «hanno mostrato di intrattenere relazioni di speciale privilegio e compiacenza con i Lampada»: il direttore di un'agenzia Unicredit di Milano e quello di un'agenzia di Paullo del Credito Bergamasco.

“Finanzieri a libro paga”
Tra le persone arrestate oggi vi sono anche tre uomini della Guardia di Finanza, Michele Noto di 39 anni, Luciano Russo di 36 anni e Michele Di Dio di 34 anni. Secondo l'accusa questi erano «a libro paga e stabilmente retribuiti» dal clan Valle Lampada, da cui nel corso di un anno e mezzo avrebbero ricevuto almeno 720mila euro. È quanto si legge nella descrizione delle ipotesi di reato elencate nell'ordinanza di custodia cautelare. «In concorso tra loro e con Luigi Mongelli (arrestato a novembre, ndr), indicato, nelle conversazioni intercettate 'Pinottò, in tempi diversi e in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, ricevevano la promessa e poi si facevano consegnare da Valle Maria, Valle Leonardo, Lampada Giulio e Lampada Francesco somme di danaro, oscillanti da un minimo di 40.000 a un massimo di 60.000 euro mensili (per un totale non inferiore a 720.000 nell'arco di un anno e mezzo dal 2008 al dicembre 2009); e quindi a libro paga e stabilmente retribuiti, in modo che compissero una serie indeterminata di atti contrari ai doveri d'ufficio e violassero il segreto e comunque il dovere di riservatezza, e ponessero, quindi, le loro funzioni al servizio degli erogatori e ne facessero mercimonio, in tal modo favorendo le società facenti capo all'associazione mafiosa Valle - Lampada». Contestando il reato militare di collusione, la procura scrive che i tre finanzieri in concorso con Luigi Mongelli, Maria Valle, Giulio Lampada, Francesco Lampada, Leonardo Valle e con persone non identificate, «in tempi diversi, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, tenendo le condotte di cui al capo che precede, colludevano tra loro eludendo l'accertamento di violazioni finanziarie commesse dalle imprese Shassima srl, Milano Games srl, Peppone Giochi srl, Impresa individuale Euroslot di Lauro Pippa, La Giada srl». I reati sono contestati dal 2008 fino alla fine del 2009. Alle indagini hanno collaborato gli stessi colleghi dei finanzieri arrestati insieme alla squadra mobile.

Gli insospettabili
Oltre ai tre finanzieri, accusati di corruzione, è finito in manette anche il direttore del lussuoso Gran Hotel Brun, Vincenzo Moretti, finito ai domiciliari. Secondo la procura nel giugno del 2009 «a seguito di accertamenti svolti dal personale della squadra mobile di Milano sui soggiorni di alcuni soggetti vicini ai Lampada e sulle modalità di pagamento», questi avrebbe allertato Giulio Lampada il quale ha poi avviato un cambiamento nel modus operandi utilizzando una 'rete riservata di cellulari', cambiando schede telefoniche, viaggiando più volte all'estero soggiornando con nomi falsi.  
In carcere, con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, è finito anche Domenico Gattuso, ritenuto dagli inquirenti uno dei soci 'chiave' del clan dei Lampada. Per gli inquirenti, avrebbe aperto numerose società per conto dei Lampada, oltre ad aver gestito contatti istituzionali, e avrebbe avuto un ruolo nella fuga di notizie riguardo a un’indagine della magistratura calabrese, la cosiddetta operazione 'Meta'.
Ad accusarlo è stato l'avvocato Vincenzo Minasi, arrestato il primo dicembre. «Poteva guardare il computer dei carabinieri ma non poteva guardare il computer dello Sco e della polizia e quindi non poteva sapere chi c'era dietro all’indagine» ha raccontato. Parlando della fuga di notizie dell’inchiesta Meta della Dda di Reggio Calabria, Minasi, che ha anche riferito che Gattuso, socio dei Lampada in varie attività, assumeva le informazioni da un colonnello del Ros amico del padre, ha poi sostenuto di avere saputo da Gattuso, verso aprile/maggio, che gli atti erano stati trasferiti a Milano. «La notizia che fornisce Gattuso - scrive il gip nel provvedimento di fermo – è tremendamente esatta e presuppone una conoscenza 'interna' delle sorti del fascicolo, anche dopo la chiusura della indagine».

Quel legame con Pollari ed i Servizi
Durante l'interrogatorio con il pm Ilda Boccassini Minasi ha poi rivelato di legami tra Franco Morelli, l’ex consigliere regionale della Calabria ed i servizi segreti, da cui apprendeva notizie sulle indagini per girarle ai Lampada. Tra i nomi fatti vi è stato addirittura quello dell’ex direttore del Sismi, Nicolò Pollari.
Parlando di un incontro del dicembre 2009 tra lui, Giulio Lampada e Morelli, Minasi ha così riferito che parlarono «del procedimento Meta e delle indagini che si stavano svolgendo sia per Lampada sia per i Valle sia per i Condello».
Morelli, ha raccontato Minasi, «in quella occasione non portò notizie dalla Calabria, portò notizie da Roma. Nel senso che lui disse 'Sono stato a Roma dai miei amici, i quali mi hanno confermato che c'è l’indagine su Milanò, e fu quella volta che ebbi proprio la conferma della indagine su Milano... Queste furono le notizie che portò Morelli da Roma». Successivamente Minasi ha detto: «Morelli, mi disse che aveva delle buone entrature nei servizi segreti e mi fece il nome di Nicola Pollari. Ora che ho consultato i miei appunti posso dire che l’incontro, se c'è stato ovviamente, con Pollari o qualcun altro dei servizi segreti è da collocare tra il 9 dicembre 2009 e il 21 gennaio 2010. Tenga conto che quando io ho dato i documenti da me falsificati a Giulio Lampada e quest’ultimo li ha portati a Morelli il 18 gennaio, non posso escludere che Morelli abbia mostrato questi documenti a qualcuno dei servizi o comunque allo stesso Pollari dal 18 gennaio al 21 gennaio». «Naturalmente – scrive il gip – il riferimento ad ambienti dei servizi – riferimento ancora più preciso a proposito del 'Nic..' al quale Morelli si rivolgerà più avanti per mostrare alcuni documenti esibiti da Lampada – è preoccupante. La circostanza va evidentemente approfondita, anche perchè Minasi - pur prendendo per vere le sue dichiarazioni – parla di circostanze apprese da terzi. Peraltro viene quasi naturale accostare queste asserzioni alla 'stranà visita che Giglio Vincenzo farà al capocentro Aisi di Reggio, chiedendo notizie sulla indagine. Difficile pensare di fare certe domande se non si pensa di potere ottenere delle risposte».

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