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garofalo-lea-webdi Lara Borsoi - 2 dicembre 2011
Ieri a Milano si è svolta la prima udienza del nuovo processo per l’omicidio di Lea Garofalo, sequestrata, torturata, uccisa e infine sciolta nell’acido, secondo l'accusa, dal suo compagno Carlo Cosco, i fratelli Vito e Giuseppe, Rosario Curcio, Carmine Venturino e Massimo Sabatino. Un processo che, come anticipato nei giorni scorsi, riparte da zero. La nuova corte d'Assise formata dopo la partenza dell'ex presidente Filippo Grisolia per Roma per fare il capo di gabinetto del ministro della Giustizia ha stabilito la ripartenza del dibattimento, dopo che i difensori degli imputati non hanno dato il consenso a mantenere validi davanti alla nuova corte, presieduta dal giudice Anna Introini, gli atti formati finora.

Una prima udienza carica di tensioni tra avvocati e pm, ma anche verso la stampa.
"La difesa ha esercitato la sua facoltà - ha detto l'avvocato Roberto D'Ippolito, il legale della madre e della sorella di Lea Garofalo -, ma purtroppo il rischio concreto è quello che gli imputati tornino in libertà, e su questo bisognerà vigilare. I familiari sono rimasti sconcertati da questa decisione e per Denise tornare in aula sarà una nuova sofferenza, ma hanno reagito tutti con molto vigore". A luglio, infatti, se non si arriverà alla sentenza, scadranno i termini di custodia cautelare. Così è stato fissato un serratissimo calendario di udienze disponendo che siano risentiti tutti i testimoni che già erano stati ascoltati a dibattimento. Tra i testi da risentire c'è Denise Cosco, figlia della vittima e di Carlo Cosco, uno degli imputati, che oggi vive sotto protezione. Così, nella speranza di evitare spreco di tempo sono stati subito ascoltati testi importanti come un cittadino cinese che prestò il furgone utilizzato per il rapimento e un detenuto che ha raccontato le confidenze di un altro carcerato cui Massimo Sabatino aveva raccontato il primo tentato sequestro e il succesivo terminato con la spietata uccisione della donna. Una morte avvenuta perché la donna diventata collaboratrice di giustizia aveva svelato tutti i segreti sui clan calabresi di Petilia Pilicastro (Crotone).
L’avvocato Roberto D’Ippolito ha spiegato “Per questa testimonianza importante abbiamo chiesto che il pm contesti l’aggravante della finalità mafiosa. Non fu un delitto passionale”.
La madre, la sorella e la figlia di Lea Garofalo per questo nuovo inizio, nonostante la sofferenza e il dolore, ripongono ancora fiducia nel Tribunale. Le udienze programmate sino a marzo del nuovo anno saranno 21 per cercare di arrivare alla sentenza di primo grado entro luglio altrimenti agli imputati scadrà la custodia cautelare e sarà assicurata loro la libertà.
In questo processo dalle mille sgradevoli sorprese poi eccone una nuova con Vincenzo Minasi, legale dell'imputato Sabatino, che è stato arrestato per l’inchiesta della dda contro la cosca Valle-Lampada, accusato in concorso in associazione mafiosa, rivelazione di segreti d’ufficio e intestazione fittizia dei beni. Speriamo che questa volta la legge segua il suo corso, in nome della giustizia e della verità.

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