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Il politico attaccava chi vive di stipendio: “10mila euro di consigliere? E che cazzo sono?”
di Monica Centofante - 23 dicembre 2010
Undici anni e tre mesi di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. E' la condanna inflitta dal Tribunale di Reggio Calabria a Domenico Crea, per gli amici “Mimmo”, l'ex consigliere regionale arrestato a gennaio del 2008 nell'ambito dell'inchiesta “Onorata Sanità”. Il politico subentrato a Fortugno - dopo l'agguato a Locri del 16 ottobre 2005, nel quale il vicepresidente dell'Assemblea era stato assassinato – e finito nelle maglie della giustizia grazie soprattutto ad una serie di compromettenti intercettazioni.

Ieri, il Collegio presieduto da Iside Russo, ha dato ragione ai pm Mario Andrigo e Marco Colamonici (che avevano però chiesto una condanna a 16 anni di reclusione) e ha riconosciuto l'imputato colpevole dell'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e di sei fattispecie di falso, abuso d'ufficio e truffa, mentre lo ha assolto dall'associazione semplice e dall'intestazione fittizia di beni.

Condannati anche la moglie di Crea, Angela Familiari (nove mesi per truffa) e il figlio Antonio, direttore sanitario della clinica di famiglia Villa Anya- soprannominata clinica degli orrori e sottoposta a sequestro- al quale è stata inflitta una pena di tre anni e tre mesi di reclusione per truffa e abuso d'ufficio (assolto dal concorso esterno in associazione mafiosa). Insieme ad Antonio Roberto Iacopino, ex direttore dell'Azienda sanitaria di Reggio Calabria, poi divenuto collaboratore del politico, al quale il Tribunale ha comminato una pena a 9 mesi di carcere.

Il processo era scaturito da un'inchiesta riguardante presunti intrecci tra politica e 'Ndrangheta nella gestione del settore della sanità nel reggino. Per il Crea una fonte di guadagni da capogiro, grazie anche agli accordi stretti con le cosche Morabito-Zavettieri di Africo e Roghudi, Cordì di Locri e Talia di Bova Marina. E alla cinica gestione di Villa Anya che, secondo quanto in precedenza scritto dai giudici del Tribunale della Libertà, “oltre a costituire un proficuo bacino di affluenza di introiti elevatissimi, rappresenta lo strumento indispensabile, nell’ottica del politico Crea, per l’elargizione (e la restituzione) di favori e per la raccolta di consensi elettorali”. Poiché Crea, dall'interno delle istituzioni regionali, “si colloca quale diretto referente dei clan mafiosi, al centro di un ramificato sistema di gestione affaristica”.

La prova regina di tale spregiudicata gestione del potere la aveva fornita proprio lui il 3 agosto del 2007. Nel corso di un colloquio intercettato, che nell'ordinanza di custodia cautelare i giudici avevano definito “il più straordinario ed imponente riscontro all'impostazione dell'indagine nel suo complesso”.
Nella conversazione captata dagli inquirenti all'interno di una Suzuki Vitaka l'imputato, rivolto al fedele Iacopino, aveva stilato un vero e proprio decalogo criminale chiarendo la vera natura e la vera ragione del suo impegno. Facendosi beffe, avevano sottolineato i magistrati, di chi vive di stipendio e si accontenta della “modesta” retribuzione di consigliere regionale, mentre specificava di avere già reso miliardari tutti i più stretti collaboratori e stilava una vera e propria graduatoria degli assessorati più proficui in base al budget finanziario da gestire e da accaparrare in larga parte per sé e per la cerchia dei propri amici.
Primo nella lista, ovviamente, “la sanità”, al quale seguono “l'agricoltura e forestazione” e, al terzo posto, “le attività produttive”. Per un business che va dai “7 mila miliardi” per il primo – con la possibilità di arrivare a “8000, 9000 miliardi” -  a “4500 miliardi” per il secondo, “perché la delega è tua, e quindi tu sei responsabile di tutto, dalla programmazione alla gestione”.
“Ogni assessorato – aveva proseguito Crea – hai almeno 5, 6 settori da sviluppare, uno se lo prende uno e un altro, sempre sugli indirizzi che do io”. Per poi aggiungere indignato verso quanti vivono di stipendio: “Che cazzo te ne fotte dello stipendio”, “cioè ma quando tu hai me cretino, tu che puoi fare? Ti prendi i 10 mila euro di consigliere? E che cazzo sono?”.

Ieri, in un commento a caldo rilasciato all'Ansa, il procuratore di Reggio Calabria Giuseppe Pignatone, ha espresso grande soddisfazione per la sentenza che “accogliendo la ricostruzione del pubblico ministero, ha riconosciuto nelle condotte di Domenico Crea una manifestazione gravissima, tanto più perché inserita nel contesto dell'omicidio Fortugno, di collusione tra 'Ndrangheta ed esponenti della cattiva politica, volta all'arricchimento personale e pronta all'accordo con le cosche più pericolose”. “Sottolineo – ha infine aggiunto - l'importanza, nel quadro generale dell'aggressione ai patrimoni illeciti, della decisione del tribunale di confiscare la casa di cura Villa Anya, nella disponibilità dello stesso Crea e dei suoi familiari”.

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