Quella delineata nella relazione del Ministro dell'Interno al Parlamento sull'attività e i risultati della Direzione Investigativa Antimafia nel primo e secondo semestre dello scorso anno è l'immagine di una ‘Ndrangheta 'proteiforme', la quale si distingue per la vocazione affaristico‐imprenditoriale e per il ruolo di protagonista di rilievo nell'ambito del narcotraffico internazionale. Rispetto ad altre matrici mafiose tradizionali, l'organizzazione calabrese manifesta una versatilità tattica che le consente di adattarsi ai molteplici contesti in cui opera.
Come si legge nel documento la ‘Ndrangheta attrae i propri interlocutori tra gli attori della politica locale, gli operatori economici e imprenditoriali, prospettando opportunità e vantaggi immediati, per poi fagocitare e controllare tutti i settori in cui penetra. In contesti socio‐economici caratterizzati da crisi, ha saputo intercettare le misure di sostegno economico‐finanziario varate da istituzioni europee e nazionali, diversificando i propri investimenti secondo una logica di massimizzazione dei profitti, in particolare nei settori maggiormente vulnerabili. In Calabria, in particolare, sono stati riscontrati condizionamenti nella maggior parte dei segmenti produttivi e commerciali, con impatti rilevanti nei settori dell'imprenditoria edile, ortofrutticolo, dei giochi e delle scommesse online, dei servizi di pulizia, della grande distribuzione organizzata, del commercio di prodotti petroliferi, degli autotrasporti, del settore turistico e nella gestione della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti urbani. Le più recenti risultanze giudiziarie attestano l'operatività di almeno 48 locali di 'ndrangheta tra il Centro e il Nord Italia, non solo insediando quelle realtà economico‐imprenditoriali, ma replicando anche i modelli mafiosi originari che si fondano sui valori identitari posti alla base delle loro strutture.
L’alleanza con le altre mafie e l’espansione all’estero
Una stretta alleanza tra Cosa nostra, ‘Ndrangheta e Camorra in Lombardia (operazione Hydra) ma a pervasività della mafia calabrese in Piemonte: si tratta di “strutture criminali che operano in costante collegamento con la casa madre in Calabria”.
È questo che emerge dalla relazione sul secondo semestre 2023 della Direzione investigativa antimafia (Dia), che analizza le attività svolte e i risultati conseguiti nel contrasto alla criminalità organizzata.
Le prime cellule calabresi insediatesi nella regione a partire dagli anni '50 si sono trasformate nel tempo in veri e propri 'locali', strutture mafiose autonome ma pienamente inserite nel sistema unitario della ‘Ndrangheta. Si tratta - scrive ancora la Dia - della matrice mafiosa che ha sviluppato in maniera più funzionale e complessa le proprie articolazioni, con rigorosi criteri di ripartizione dei settori e delle zone di influenza”.
Cosche calabresi che “avrebbero evidenziato un crescente interesse nel controllo delle grandi opere pubbliche e nella gestione delle risorse economiche degli enti locali, come nel caso delle aziende ospedaliere o dei servizi di raccolta rifiuti“. La ‘ndrangheta – viene sottolineato – è un fenomeno di portata internazionale che, tuttavia, continua a mantenere le sue radici nella provincia di Reggio Calabria, fonte di legittimazione di tutte le decisioni strategiche. “Per quanto riguarda gli appalti per il Ponte sullo Stretto siamo pronti a svolgere l’attività di prevenzione che sarà decisa dagli organi istituzionali. Abbiamo già un background molto importante di esperienza, di capacità, di risorse”, ha detto il direttore Carbone, a margine della presentazione. L’organizzazione calabrese, infatti, riesce a infiltrarsi in modo sempre più concreto e articolato “nel settore degli appalti pubblici e nel rilascio di autorizzazioni, licenze e concessioni“, si legge nella relazione. Nel periodo di riferimento – spiega la Dia – sono stati adottati almeno 208 provvedimenti interdittivi antimafia, di cui oltre 138 emanati da prefetture al di fuori della Calabria (alcuni dei quali in aree d’origine di altre matrici criminali quali Sicilia, Puglia, Campania, Lazio e Basilicata).
Le attività illecita che primeggia è sempre il traffico di droga; fiumi di cocaina che arrivato dal Sud America ma anche le rotte albanesi e austriache risultano essere particolarmente utilizzate.
Anche l’Africa occidentale è diventata “una rotta sempre più battuta per i traffici di stupefacenti”, scrivono gli analisti, “con particolare attenzione per la Costa d’Avorio, la Guinea-Bissau e il Ghana, basi logistiche di crescente importanza per i narcotrafficanti”.
Ritornando in Europa una delle nazioni presa maggiormente di mira è al Germania che funge sia da rifugio perfetto per molti latitanti e sia perché rappresenta un “polo di attrazione” grazie “alla solida economia che la contraddistingue ed alla sua vicinanza geografica”.
Pure oltre oceano la ‘Ndrangheta ha messo radici profonde: gli Stati Uniti e il Canada si confermano “in cui la capacità pervasiva della criminalità organizzata di origine italiana da tempo stata acclarata”.
Inoltre le organizzazioni criminali, grazie al progresso tecnologico, sono in grado di generare enormi guadagni illeciti “anche attraverso la costituzione di società cartiere dislocate in paradisi fiscali che consentono peraltro le attività di riciclaggio di cospicue quantità di capitali.”
Anche il Procuratore della Repubblica di Napoli Nicola Gratteri ha evidenziato la significativa evoluzione tecnologica della crimina lità organizzata con riferimento soprattutto ad una importante operazione conclusa nel febbraio 2024 i cui esiti hanno permesso di sve lare l’attività di una organizzazione criminale dedita al riciclaggio internazionale e della quale si avvantaggiavano anche soggetti riconducibili al clan dei Casalesi ed alla ‘Ndrangheta. L’organizzazione, che operava in Italia, Lituania e Lettonia, utilizzava criptovalute e finanza occulta, anche tramite il dark web, per riciclare i guadagni illeciti, rivelandosi quindi particolarmente dannosa per l’economia nazionale, considerata l’ingente quantità di capitale sistematicamente sottratto alle casse dello Stato.
In considerazione dei nuovi ambiti socio-economici e finanziari entro cui si muovono le organizzazioni mafiose, soprattutto nei territori lontani dalle regioni di origine delle consorterie, “è necessario adeguare il modello di contrasto incentrato sui tradizionali comportamenti intimidativi, di assoggettamento e di omertà, attualizzando gli strumenti di lotta e rendendoli più aderenti alle moderne manifestazioni criminali di tipo mafioso. In questo senso l’aggressione ai patrimoni illeciti, attraverso le misure di prevenzione e le confische si conferma come il fronte più avanzato del contrasto al crimine, unito alla grande attenzione dedicata al contrasto delle frodi finalizzate all’indebito conseguimento di finanziamenti, contributi ed erogazioni pubbliche derivanti dagli aiuti provenienti dallo Stato e dalla Unione Europea per rilanciare l’economia”.
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