Le indagini, coordinate dal procuratore facente funzione Giuseppe Lombardo e dall’aggiunto Walter Ignazitto, sono cominciate nel 2019
Quattro persone sono state arrestate dal Ros a Reggio Calabria - con il supporto del comando provinciale dei Carabinieri e dello Squadrone Eliportato Carabinieri Cacciatori "Calabria" - coordinato dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria. L'ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Gip di Reggio Calabria su richiesta del procuratore della Repubblica facente funzioni Giuseppe Lombardo e dell'aggiunto Walter Ignazitto, riguarda 4 soggetti ritenuti appartenenti alla cosca di 'Ndrangheta Labate, egemone nel quartiere Gebbione di Reggio Calabria, accusati, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso. Si tratta di Michele Labate, 68 anni, Francesco Salvatore Labate di 59, Paolo Labate, 40 anni, tutti destinatari della misura della custodia cautelare in carcere, e Antonino Laganà, destinatario della misura degli arresti domiciliari. I provvedimenti dell’operazione battezzata “Monastero” sono frutto di un'indagine del Ros, avviata nel 2019, che avrebbe consentito di documentare, riattualizzandoli, gli assetti della cosca, nel periodo successivo agli arresti eseguiti nella precedente indagine "Heliantus", rispetto al quale l'operazione di oggi è la prosecuzione, mettendo in luce come il sodalizio abbia mantenuto inalterata la sua pervasività sul tessuto economico della zona di influenza, consentendo di individuarne il vertice nei fratelli Michele e FrancescoSalvatoreLabate, dato lo stato di detenzione dei fratelli Antonino, 74 anni, e Pietro, di 73, quest'ultimo ritenuto da sempre capo carismatico del sodalizio.
Michele Labate, secondo le indagini, controllava il territorio e, per ridurre i rischi di esposizione alle indagini delle forze di polizia, avrebbe organizzato una rete di comunicazioni attraverso incontri riservati in luoghi ritenuti sicuri, utilizzando fidati fiancheggiatori per "schermare" gli appuntamenti. Sarebbe inoltre emersa la pressione esercitata dagli indagati sugli operatori economici del territorio di riferimento che subivano sistematiche azioni vessatorie, volte all'imposizione di prodotti alimentari e al pagamento di proventi estorsivi. Paolo Labate, anche per conto del padre Michele, durante il periodo di carcerazione, avrebbe tenuto i rapporti con gli imprenditori legati alla cosca agevolando e coordinando l'infiltrazione in lucrosi settori di espansione economica tra cui quello della grande distribuzione alimentare. Michele e Francesco Salvatore Labate si avvalevano di fidati collaboratori, tra cui è emerso Antonino Laganà, deputato a veicolare messaggi, riscuotere proventi estorsivi, eseguire azioni ritorsive e mantenere rapporti con i rappresentanti della comunità Rom al fine di consentire alla cosca il controllo sulla microcriminalità operante sul territorio.
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