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Nicola Gratteri: “Le mafie sono le uniche a considerare il territorio europeo come uno Stato unico”

Circa 130 persone fermate tra Italia e il resto d’Europa. Sequestri di beni per oltre 25 milioni di euro, tra cui immobili, veicoli di lusso, conti bancari e aziende. Traffico internazionale di droga, riciclaggio, estorsione, corruzione: una sfilza di reati tutt'altro che secondari. Sono questi i principali crimini emersi durante l’operazione “Eureka” condotta nel maggio 2023, una delle più imponenti azioni internazionali mai realizzate contro la ’Ndrangheta. Grazie al lavoro prezioso del procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo, che ha coordinato le indagini insieme al procuratore Giovanni Bombardieri, è stato possibile ricostruire le attività di tre maxi-associazioni criminali legate alle più potenti famiglie della ‘Ndrangheta. Una rete in cui un numero considerevole di aziende “pulite” è servito da copertura per operazioni di riciclaggio e traffico di droga, attraverso un sistema fondato su criptofinanza e paradisi fiscali, in particolare Panama, per nascondere e trasferire fondi. Insomma, mai nome fu più azzeccato per l’operazione “Eureka” - che in greco antico significa “Ho trovato” -. Infatti, la vasta inchiesta ha permesso di documentare come mai prima d’ora la capacità della ‘Ndrangheta di operare come una delle più influenti holding criminali a livello globale. Un'organizzazione che ha sfruttato una complessa struttura gerarchica e solide competenze imprenditoriali per gestire un flusso imponente di droga proveniente dal Sud America.
L’operazione è stata ricostruita nell’ultima puntata di “Petrolio”, andata in onda su Rai 3 e condotta dal giornalista Duilio Giammaria. Tra le testimonianze più incisive, anche quella di Nicola Gratteri, protagonista di numerose inchieste contro la ‘Ndrangheta durante il suo incarico come procuratore della Repubblica a Reggio Calabria, ruolo ricoperto fino al 2023, anno della sua nomina a procuratore della Repubblica di Napoli. “Con l’operazione Eureka si è visto come le mafie riescano a muoversi tranquillamente in Europa, come se fosse un unico Stato. Infatti - ha sottolineato Gratteri - gli unici che considerano l’Europa un unico Stato sono proprio le mafie”. Una considerazione che racconta bene quanto le organizzazioni mafiose siano ormai perfettamente integrate nel tessuto economico e finanziario internazionale. Un quadro già di per sé drammatico, al quale si aggiunge un altro elemento di preoccupazione. Con la maggior parte della cocaina che arriva dal Sud America per essere poi distribuita in Europa attraverso la ‘Ndrangheta, è emerso che i cartelli del narcotraffico sudamericani preferiscono essere pagati direttamente in Europa. Questo, “perché lo ritengono molto più vantaggioso - ha aggiunto Gratteri -. Preferiscono investire proprio qui, in Europa”. Una strategia che non nasce per caso. Lasciare i profitti del narcotraffico nel Vecchio Continente significa riciclare con maggiore facilità. E questo perché - ha concluso - “in Europa non esiste la cultura del contrasto al riciclaggio”.

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