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Nuova ordinanza in carcere per il capo ultrà del Milan Luca Lucci, già arrestato nell'inchiesta milanese sulle curve di San Siro

La Guardia di Finanza di Pavia, su ordine del gip di Milano, ha eseguito nelle province di Pavia, Milano, Reggio Calabria, Lecco e Piacenza a una ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 20 indagati (15 in carcere e 5 ai domiciliari) accusati di appartenere a un'associazione dedita al traffico di stupefacenti che, seppure divisa in sottogruppi diversi con compiti differenti, aveva l'obiettivo di procurare ingenti quantitativi di droga da rivedere all'interno della città di Milano. Le indagini del nucleo di polizia economico-finanziaria delle Fiamme gialle e dello Scico sono state coordinate dalla Dda di Milano hanno individuato colui che avrebbe preso il posto della famiglia Flachi a capo dei vari gruppi criminali godendo della consolidata vicinanza con il clan di ‘Ndrangheta dei Barbarodi Platì, attivi nella zona di Cologno Monzese, ed i gruppi criminali albanesi e sudamericani che, da basi strategiche in Sudamerica controllano le spedizioni della cocaina verso le più importanti piazze intercontinentali. Nel corso delle indagini è stata documentata l'importazione e la distribuzione di 1000 chili di cocaina, 1000 chili di hashish e 173 chili di eroina. Sono stati sottoposti a sequestro circa 250 chili di droga destinati all'organizzazione e la somma di 800 mila euro contanti (durante la fase di trasferimento all'estero). Nell’inchiesta è finito anche il capo ultrà milanista Luca Lucci, già arrestato nell'inchiesta milanese sulle curve di San Siro, che ha ricevuto un'altra ordinanza di custodia cautelare in carcere. La Guardia di Finanza di Pavia segnala che dalla "contabilità rinvenuta" è emerso che la presunta associazione, con contatti con la ‘Ndrangheta e che avrebbe messo in piedi un maxi traffico di droga e di cui farebbe parte anche il capo ultrà, con la vendita degli stupefacenti avrebbe "generato una ingentissima massa di denaro contante" per circa undici milioni di euro, usando "sistemi di occultamento finalizzati a sottrarre i profitti illeciti alla tracciabilità ed ai sequestri". Le fiamme gialle chiariscono come il presunto gruppo avrebbe fatto "ricorso, sistematicamente, ad organizzazioni strutturate" gestite "da collettori" cinesi "detentori, ormai in via esclusiva, dei canali bancari sommersi", il cosiddetto "underground banking", per trasferire "il denaro all'estero secondo il sistema del fei eh 'ien, circuito finanziario finalizzato al trasferimento di soldi con completa garanzia di anonimato".

Foto © Imagoeconomica

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