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Arrestato il rampollo di ‘Ndrangheta perché avrebbe il monopolio della coca in Lombardia

Domenico Papalia, figlio di Antonio, storico boss della ‘Ndrangheta in Lombardia, è stato arrestato grazie a un'inchiesta dei pm di Milano Sara Ombra e Leonardo Lesti con al centro l'accusa di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, in particolare cocaina. Indagine condotta dal Gico del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf milanese.

Papalia jr, mai condannato per mafia e sostanzialmente incensurato, ha fatto strada nel crimine e di recente il suo nome è comparso (non da indagato) anche nelle carte dell'inchiesta milanese sulle curve di San Siro, che ha portato più di due settimane fa a 19 arresti. In particolare, viene segnalato che il capo ultrà milanista Luca Lucci, finito in carcere, sarebbe "vicino" a Rosario Calabria, a sua volta legato a Papalia jr, "figlio di Antonio", detenuto all'ergastolo e "appartenente all'omonima famiglia di ‘Ndrangheta orbitante nell'area Milanese (Corsico/Buccinasco)".

Il suo nome sta nella lista di 55 indagati dell’ordinanza del gip di Milano che individua quattro associazioni, due per droga e due finalizzate alla consumazione di reati fiscali. Tra gli indagati anche un ex politico calabrese, già consigliere provinciale a Reggio Calabria. Ma è certo Domenico Papalia il nome più eclatante e ritenuto nell’inchiesta coordinata dal Gico-Goa della Guardia di finanza di Milano il vero promotore di una organizzazione in grado di avere il monopolio della cocaina in tutta la Lombardia.

Al fianco di Domenico Papalia, risulta dagli atti dell’indagine, il calabrese Giuseppe Marando. E sotto di loro due acquirenti di peso come Antonio Caruso e “il professore” Giancarlo Tasca. Quest’ultimo, imparentato con Pasquale Barbaro - deceduto nel 2007 e ritenuto all’epoca referente delle ‘ndrine in terra padana, assieme al milanese Davide Cannone -, secondo le indagini, aveva il totale controllo in pieno stile Gomorra delle piazze di spaccio nei quartieri milanesi di Baggio e San Siro.

La seconda organizzazione scoperta dagli investigatori del Gico-Goa fa base a Cuggiono ed è controllata dai calabresi Pietro Garonfalo e Domenico Violi. Per loro e per altri inquirenti il gip non ha ritenuto sussistenti le esigenze cautelari e per otto indagati ha disposto gli interrogatori preventivi secondo la nuova legge Nordio.

L’indagine parte da un sequestro di cocaina a Milano e si sviluppa grazie alla decodifica di messaggi criptati tramite la piattaforma Sky Ecc. Da questi messaggi sono emersi dettagli sulla gestione militare delle piazze di spaccio milanesi, orchestrata dal gruppo Papalia-Marando-Caruso-Tasca. “E ma Rozzano è una piazza buona compà, ma anche Baggio, via Fleming, Cinisello, piazza seria (…). Serve stile Gomorra”, scrive “il Professore”, ovvero “crescere ed essere in tanti, costringere a prendere materiale ad un certo prezzo. Impostare tutto. E far stare tutti al loro posto”. Ma è Papalia, secondo il gip, il vero “promotore ed organizzatore del gruppo criminale” tanto che “vanta stretti e qualificati collegamenti con altri sodalizi criminali dislocati in territorio nazionale e sovranazionale e spesso dal Sud Italia si reca in Lombardia per portare il denaro o torna in Calabria dopo i rifornimenti che vengono materialmente effettuati da terzi soggetti”.

Il giovane, strettamente legato ad altri sodalizi mafiosi nazionali e internazionali, partecipava attivamente a incontri per l’acquisto di ingenti quantità di droga. Uno degli episodi chiave riguarda l’arrivo in Lombardia di 125 chili di cocaina dal Belgio, trattati personalmente da Papalia e Marando con i vertici del gruppo importatore. In un'altra operazione, Papalia si occupa dell'acquisizione di 60 chili di cocaina purissima, proveniente dal cartello di narcos guidato dal broker Bartolo Bruzzaniti.

Le conversazioni intercettate rivelano un’organizzazione ben strutturata: Marando, ad esempio, discuteva dettagli logistici su come trasportare la droga su camion per evitare rischi e gestiva i pagamenti in contante per le partite di cocaina. Papalia, responsabile anche della cassa dell’organizzazione, era incaricato di movimentare ingenti somme di denaro tra la Calabria e Milano, gestendo le fasi di acquisto, trasporto e distribuzione della droga.

In uno dei messaggi, Marando conferma l’altissima qualità della cocaina acquistata, che risultava essere pura al 98%, tanto da far dire a un acquirente che “non dormiva da due giorni” dopo averla testata. Questo traffico si sviluppava con un livello di efficienza e organizzazione sorprendente, con Papalia a capo delle operazioni di coordinamento, inclusi trasporti, qualità del prodotto e gestione dei contanti.

L’indagine ha così fatto luce su un traffico internazionale di stupefacenti che collegava le cosche calabresi a importanti gruppi criminali in Europa, rafforzando la presenza della ‘ndrangheta nel Nord Italia e alimentando una rete capillare di spaccio e corruzione.

Foto © Imagoeconomica

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