Il clan Martino che si apprestava a prendere le redini del comando approfittando della debolezza del clan Grande Aracri, con il boss Nicolino Grande Aracri ormai detenuto da tempo con condanne all'ergastolo passate in giudicato e smascherato nel suo tentativo di collaborazione con la giustizia. Il Martino fa a capo a Vito Martino, già fedelissimo del boss Nicolino e suo braccio armato, che dal carcere impartiva disposizioni ai suoi congiunti.
A cominciare dai figli Francesco e Salvatore, già arrestati nello scorso mese di febbraio per estorsioni a imprenditori locali e oggi colpiti da nuove misure detentive, e dalla moglie Veneranda Verni, che su ordine del marito avrebbe gestito in prima persona le estorsioni e i proventi del traffico di droga, per finire con Salvatore Peta e Giuliano Muto.
Tutto questo lo hanno svelato i carabinieri nell'operazione coordinata dalla Dda di Catanzaro, denominata Sahel che ha portato all'arresto di di 31 persone (15 in carcere, 7 agli arresti domiciliari e 9 all'obbligo di dimora), tra cui proprio Vito.
Scontri e faide
Sullo sfondo anche lo scontro con la famiglia contrapposta dei Ciampà, discendente dal clan Dragone un tempo egemone a Cutro. Nel corso delle indagini i carabinieri hanno raccolto gravi indizi di colpevolezza in ordine a reati commessi con le modalità tipiche dell'associazione di stampo mafioso, ed in particolare all'esistenza di una "bacinella", finanziata anche tramite lo spaccio e lo smercio, in forma associativa, d'ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti sulla direttrice Cutro, Cosenza, Catanzaro per il sostegno economico di affiliati e famiglie dei detenuti. E' stata messa in evidenza la capacità di controllo del territorio, attuata con il vincolo dell'intimidazione, tradotta nell'estorsione ai danni di titolari di attività commerciali e nell'usura. E' stata poi documentata la disponibilità di armi di parte degli indagati, in particolare delle famiglie Martino e Diletto, attraverso due sequestri avvenuti nel 2021 e nel 2022. Nel corso delle indagini e' emerso, infine, l'episodio di danneggiamento delle auto di alcuni componenti di spicco della famiglia Martino che sarebbe avvenuto con l'avallo del boss di Papanice Domenico Megna, che all'indomani del falso pentimento di Nicolino Grande Aracri avrebbe inteso espandere la sua influenza anche sul territorio di Cutro.
Minorenni usati per lo spaccio
Le attività criminali con cui la famiglia Martino aveva ripreso a fare pressione sul territorio di Cutro, registrate nell'arco temporale degli anni dal 2020 al 2022, andavano dalle estorsioni - almeno sei quelle registrate tra Cutro e Crotone, è stato detto in conferenza stampa - al traffico di droga, con canali di approvvigionamento attivati anche fuori dai confini della provincia pitagorica, come la Puglia, ma soprattutto nella città di Catanzaro, grazie al supporto della organizzazione di etnia rom. "Un dato quest'ultimo - ha specificato il magistrato Capomolla - già emerso in altre indagini: purtroppo l'aspetto più preoccupante è il fatto che questa organizzazione di etnia rom si avvaleva di minori per la cessione dello stupefacente". La "rigenerazione" dello storico clan passava poi anche dai rapporti con le altre cosche dell'area, compresa la cosca storicamente rivale dei Grande Aracri-Martino, quella dei Dragone, con la quale - ha spiegato Capomolla - "si sono registrati tentativi di riappacificazione ma anche cointeressenze nelle attività criminali". Il "core business", quello privilegiato per alimentare la "bacinella" della famiglia Martino, comunque - hanno rimarcato gli inquirenti - era costituito soprattutto dalle estorsioni, "strumento privilegiato per controllare il territorio, esercitato grazie alla forza di intimidazione del clan, suggellata dallo spessore criminale del capostipite": una forza di intimidazione potente al punto che - hanno aggiunto gli investigatori - "non ci sono state denunce da parte delle vittime, anche se oggi il vento e' cambiato come e' emerso da operazioni successive che hanno visto diversi imprenditori denunciare e da alcuni segnali come uno storico convegno contro la ‘Ndrangheta nel paese di Cutro".
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