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Era stato catturato nell'aprile dell’anno scorso mentre pregava in una cattedrale a Genova. Ora il Dap ha disposto il carcere duro

Il boss 50enne delle ‘Ndrangheta Pasquale Bonavota è stato trasferito al 41 bis, regime di carcere duro. A ordinarlo è il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria che lo ritiene un “detenuto altamente pericoloso”. Ha così lasciato il carcere di Marassi, dov’era recluso dal momento del fermo, ed è stato trasferito nell’ istituto di massima sicurezza di Spoleto.
Prima di catturarlo, i carabinieri lo avevano cercato per cinque anni. Dal 2018, dopo una condanna per omicidio da cui è stato poi assolto in appello. E ancora nuovamente dal dicembre 2019, quando sfuggì all'arresto nella maxi operazione calabrese Rinascita-Scott. Il 20 novembre scorso la sentenza del tribunale di Vibo Valentia, la ha condannato in primo grado a 28 anni per associazione a delinquere di stampo mafioso. Il suo nome era tra i quattro ricercati di massima pericolosità del Viminale.
Nell’aprile del 2023 i carabinieri lo avevano trovato mentre era seduto su una panca nella cattedrale di San Lorenzo. Lo ‘ndranghetista pregava indisturbato nel cuore di Genova. I carabinieri avevano così interrotto la la latitanza del boss di spicco della cosca d’Onofrio, attiva nel vibonese, ma con strutture radicate in Liguria, Piemonte e Lazio. Il suo covo a Genova per anni era stato un appartamento nel quartiere di San Teodoro, sulla collina alle spalle del porto. Dentro l’abitazione i militari avevano trovato decine di santini e libri di preghiera. E dalle indagini era emerso come Bonavota, che viveva sotto il falso nome di Domenico Cartisano, in diverse occasioni si fosse travestito da prete e avesse avuto contatti con alcuni religiosi.
Gli investigatori hanno avviato accertamenti paralleli per ricostruire la rete dei fiancheggiatori. Possibili complici, che potrebbero aver favorito la lunga latitanza del boss.

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