Nell'introduzione alla ricerca "Mafie ed Economia in Lombardia", il professore sottolinea: “È in quasi tutti ambiti economia”

“L’economia mafiosa, ha ampliato l'area della propria presenza in misura preoccupante, al punto che si può parlare di una ubiquità economica mafiosa”. Così Nando dalla Chiesa nell'introduzione ai risultati della ricerca "Mafie ed Economia in Lombardia", a cura di Cross - Osservatorio sulla Criminalità organizzata e Cgil Lombardia. Ciò non significa che le mafie influenzino in toto l’economia regionale, spiega, “ma nel senso che lo si può ormai incontrare in quasi tutti gli ambiti dell'economia, dalla sanità allo sport amatoriale”. La ricerca del professore fotografa la presenza mafiosa nel cuore della Lombardia, in cui ancora oggi l’argomento mafia per molti è un tabù.
Sono numerosi gli esempi analizzati nella ricerca. dall’“ascesa della provincia di Como ai vertici del fenomeno quanto a pervasività e profondità di radicamento” agli “spazi aggiuntivi che si sono creati a vantaggio dell'azione dei clan nella provincia di Brescia, crogiolo infaticabile di nuove presenze, in particolare nel grande bacino del lago di Garda". Fino ad arrivare alla “risalita territoriale della ‘Ndrangheta dalle province settentrionali dell'Emilia verso quelle del sud-est lombardo, fino a formare quello che in altra sede si è chiamato il ‘quadrilatero padano’”.
Il tutto grazie ad attività illegali ben consolidate come lo spaccio di droga, le estorsioni e il gioco d'azzardo, ma anche a un campo ben definito di attività formalmente legali come il movimento terra, l’edilizia, la ristorazione e il commercio all'ingrosso.
Dalla Chiesa, docente di Sociologia della criminalità organizzata all'Università degli Studi di Milano, mette in guardia sulla presenza della ‘Ndrangheta in territorio lombardo. Una regione in cui la criminalità organizzata calabrese ha “una dominanza assoluta”. “Già meta privilegiata di Cosa nostra, essa ha assistito dagli anni Ottanta del Novecento a un'ascesa continua e vistosa, e per ora incessante, dei clan calabresi - scrive -. Le altre organizzazioni non sono sparite. Viene anzi osservata una ripresa di attivismo da parte di quelle siciliane, e si registra una considerevole effervescenza, specie in alcuni settori dell'economia, di diversi gruppi camorristici. Oltre a rilevarsi nell'enclave bustocco la persistenza di una mafia minore come la Stidda agrigentina. Ma non vi è dubbio per l'osservatore attento che la Lombardia sia oggi la seconda regione di 'Ndrangheta sul piano nazionale, in gara con la regione originaria per il primato del fatturato. Nettamente seconda, cioè, (per riprendere le note categorie analitiche di Anton Blok) in termini di power syndicate; ma forse prima per la forza accumulatavi dai clan in termini di enterprise syndicate. Questa presenza si concentra maggiormente nella Lombardia occidentale, il cui sviluppo industriale nei primi decenni del Dopoguerra ha funzionato da volano per lo spostamento nello spazio di centinaia di elementi legati ai clan, favorito e mimetizzato dal più generale movimento migratorio in partenza dalle regioni di origine delle organizzazioni mafiose”.
Milano con il suo hinterland gioca un ruolo “straordinariamente peculiare”; mentre le province di confine di Como e di Varese “spiccano per l'abilità con cui i clan che vi si sono radicati mettono a frutto la propria rendita di posizione, ovvero la vicinanza alla frontiera con le opportunità conseguenti”. “E mentre la posizione ‘riparata’ e al tempo stesso contigua a Milano della provincia di Pavia ha fatto da calamita per clan e singoli, con la creazione di redditizie enclaves geografiche e sociali - scrive dalla Chiesa -. Un ruolo considerevole, anche se non unico e forse nemmeno decisivo, nel processo di spostamento territoriale del ‘popolo dei clan’ lo ha avuto con certezza l'istituto del soggiorno obbligato".
L’avanzare del potere mafioso non è casuale. Essa, infatti, dipende dalla “disponibilità sul posto di manodopera e di quadri organizzativi mafiosi (una specie di ‘capitale sociale’ di origine) assicurata dal precedente esteso ricorso proprio al soggiorno obbligato. Vi e stato nel tempo un processo multi-diffusivo delle organizzazioni mafiose nel tessuto economico lombardo".
Dalla ricerca, appare evidente che oltre alla “nuova conquista mafiosa di settori già esistenti (banche, industria, assicurazioni)” preoccupa ancor di più “la diffusione massiva dei capitali mafiosi nei settori in più rapida e incontrollata proliferazione, che non esigano elevati standard professionali (forse con alcune eccezioni nel campo della salute, a partire dalle farmacie)". Lo studio, infatti, disegna un sistema in forte movimento. “Tanto a livello di settori di attività quanto a livello geografico, come ha dimostrato il corposo focus sulla provincia comasca, o come dimostra anche l'effervescenza criminale registrata intorno al lago di Garda. E in cui, come si è visto, neanche le imprese multinazionali offrono purtroppo garanzie di impermeabilità, risultando anzi a volte facili prede delle organizzazioni mafiose, vuoi per organica insipienza a leggere i contesti vuoi per un cinico disinteresse verso la terra che le ospita”. Un sistema in movimento che “annusa e denuncia spesso condotte mafiose, ma in cui nulla - va pur detto in chiusura - appare irreversibile. In virtù di amministratori responsabili, di magistrati coraggiosi, di forze dell'ordine capaci di controllare il territorio, di giornalisti con l'etica del mestiere, di insegnanti innamorati della cultura e delle future generazioni”.

Foto © Imagoeconomica

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