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Maurizio de Lucia: “Cosa nostra sta rifacendo la Cupola”

Matteo Messina Denaro ha vissuto a lungo nel territorio del Trapanese, il suo territorio, sicuro di non essere scoperto. Indagando dopo il suo arresto abbiamo scoperto che era stato addirittura fermato a un posto di blocco, sette anni fa, in provincia di Trapani. Ma non fu riconosciuto dai carabinieri che controllarono il suo documento. Tutto sembrava in regola". A raccontare l'inedito episodio è stato il procuratore di Palermo Maurizio de Lucia nel corso di un incontro organizzato col giornalista Salvo Palazzolo con i ragazzi delle scuole di Casal di Principe (Caserta) nella villa confiscata dove ha sede 'Casa don Peppe Diana', il luogo dedicato al sacerdote ucciso dalla camorra nel 1994.
Nello specifico l’episodio avvenne nel 2017: "Messina Denaro confidava sul fatto che le forze dell'ordine avevano sue foto vecchie di anni - ha aggiunto il procuratore di Palermo - ma c'era anche chi lo avvisava dei movimenti degli investigatori. Ci dobbiamo interrogare su come sia stato possibile che abbia trascorso trent'anni in latitanza. Oggi, l'impegno della procura di Palermo è quello di individuare chi ha favorito Messina Denaro”, ha detto agli studenti il procuratore di Palermo. “Nel territorio del Trapanese, il suo territorio, aveva vissuto a lungo, sicuro di non essere scoperto”, così ha spiegato ai ragazzi De Lucia che assieme a Palazzolo ha firmato il libro La Cattura, i misteri di Messina Denaro e la mafia che cambia” (Feltrinelli). Di certo gli inquirenti sono al lavoro per capire chi ha aiutato il boss che da latitante viveva ancora nel Trapanese, lì dov’era nato e cresciuto.
Ricordiamo che nonostante i numerosi arresti di fedelissimi, familiari e continui sequestri di beni (secondo le stime ad oggi sarebbero stati sequestrati beni per oltre 3,5 miliardi di euro, ndr), il boss trapanese aveva continuato ad essere libero e ad intrecciare importanti rapporti con soggetti di altissimo livello nell'ambito politico ed imprenditoriale e ad accumulare infinite ricchezze.
Un esempio sarebbe dato dai rapporti che la sua famiglia avrebbe avuto con l'ex senatore di Forza Italia Antonino D’Alì, ex sottosegretario agli Interni dal 2001 al 2006, condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. Si legge nella sentenza della Cassazione, di una stabile, affidabile, comprovata e ventennale disponibilità a spendersi in favore di Cosa Nostra.
Inoltre tra tra le figure arrestate con l'accusa di aver favorito la latitanza vi è il medico Alfonso Tumbarello, che era affiliato alla loggia Valle di Cusa – Giovanni di Gangi di Campobello di Mazara, del Grande Oriente d’Italia (dal quale è stato subito “sospeso a tempo indeterminato”).
E poi ancora, come dimenticare le parole di Salvatore Baiardo, già condannato per essere stato fiancheggiatore dei fratelli Filippo e Giuseppe Graviano.
Rispondendo alle domande di Massimo Giletti aveva parlato di diversi temi (tra cui l'ergastolo ostativo) ma 'profetizzò' anche l'arresto di Matteo Messina Denaro"L'unica speranza per Giuseppe Graviano, sinceramente me lo auguro anche io per loro perché sono giovani. Che venga abrogato questo ergastolo ostativo". "C'è anche un nuovo governo e chi lo sa che non arrivi un regalino. E chissà che magari presumiamo che un Matteo Messina Denaro sia molto malato e faccia una trattativa per consegnarsi lui stesso per fare un arresto clamoroso? E così arrestando lui esca qualcuno che c'ha l'ergastolo ostativo senza che ci sia clamore...”.
I misteri sulla sua latitanza sono molti, così come le numerose anomalie. Basti pensare che il comune di Campobello di Mazara era sprovvisto di videosorveglianza e che dai pizzini rinvenuti è emerso che il boss latitante era a conoscenza di essere intercettato a tal punto da istruire la sorella - sempre tramite i pizzini - su come individuare e distruggere eventuali telecamere di sorveglianza piazzate dagli inquirenti. Secondo gli inquirenti, dunque, è possibile che il boss avesse degli infiltrati che gli fornivano informazioni su cimici e microspie.
Le indicazioni scritte dal boss di Cosa nostra nei pizzini - con dovizia di particolari - confermano per parole del senatore Roberto Scarpinato (già procuratore generale di Palermo) quanto a più riprese ha ribadito nei programmi tv che “Matteo Messina Denaro ha goduto di protezioni ad altissimo livello.


Cosa nostra sta rifacendo la Cupola

"Cosa nostra ha subito colpi importanti, è stata indebolita ed è più povera, ma le famiglie provano sempre a riorganizzare un organismo di vertice e soprattutto ad arricchirsi nuovamente, attraverso il traffico di stupefacenti” ha detto il magistrato. "Il rischio più grande che oggi corriamo - ha aggiunto Salvo Palazzolo - è quello di non comprendere l'evoluzione del fenomeno mafioso. Don Peppe Diana in Campania e don Pino Puglisi in Sicilia invitavano la Chiesa e la società civile a una testimonianza più attiva, per la liberazione del territorio, ma restarono soli. Per questo furono uccisi. È il motivo per cui oggi non possiamo permetterci altre pericolose sottovalutazioni, di fronte a una mafia tornata silente che si infiltra nell'economia e nella politica".

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