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Il boss Matteo Messina Denaro (deceduto) e il capomafia di Brancaccio Giuseppe Graviano potrebbero essere stati presentati al 'Maurizio Costanzo Show' già verso la fine del 1991.
Lo riporta 'Il Fatto Quotidiano' indicando i risultati dei lavori svolti dalla Dia: gli analisti avrebbero identificato i due capimafia in due occasioni, sempre seduti nella platea, il 13 novembre (alcuni collaboratori di giustizia hanno indicato nella foto, Giuseppe Graviano, a sinistra, e Matteo Messina Denaro, a destra) e il 30 dicembre 1992. Tuttavia su una delle foto indicate, quella del 30 dicembre, vi sarebbe un errore dovuto a sua volta da un’imprecisione nella lettura della numerazione della puntata, che è la numero 87 della stagione 1991-1992.
Di conseguenza i boss sarebbero stati al Parioli il 13 novembre 1992, come riportato già da 'Repubblica', ma anche diversi mesi prima, quindi in una delle puntate di gennaio 1992, la quale potrebbe essere stata registrata addirittura a fine 1991.
Lo stesso Graviano, intercettato durante il passeggio nel carcere di Ascoli Piceno, aveva fatto dei commenti con il compagno d’ora d’aria Umberto Adinolfi. “Nel 1992 a Roma, quando c'era Falcone al Costanzo, dove si sedeva, c'erano 8 persone... 8 persone - diceva Graviano il 24 settembre 2016 - Eravamo io, ... palermitani, due di Brancaccio, mici, due di… incompr... che poi se ne sono andati che avevano un matrimonio, e altri due che si sono fatti entrambi pentiti uno di Castelvetrano e uno di Mazara del Vallo, Sinacori e Geraci”.


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In tutto sette persone. La puntata più nota in cui Falcone partecipò al Maurizio Costanzo Show fu quella dedicata, in tandem con Samarcanda di Michele Santoro, alla memoria dell’imprenditore Libero Grassi, ucciso nell’agosto del 1991. Puntata che andò in onda proprio nel settembre 1991.
I riscontri a queste parole sarebbero arrivati da alcuni collaboratori di giustizia che, secondo il ‘Fatto’, avrebbero individuato il capomafia di Brancaccio tra chi era presente nella puntata del gennaio 1992.
Tra le persone che lo hanno accompagnato, secondo gli inquirenti, sarebbe stato presente un soggetto non identificato. Le immagini, specifichiamo, sono parte dell'indagine sui mandanti esterni delle stragi del 1992, nella quale è coinvolto l'ex senatore Marcello Dell'Utri, così come lo era anche Silvio Berlusconi, deceduto nel mese di giugno. L’inchiesta è coordinata dai procuratori aggiunti di Firenze Luca Turco e Luca Tescaroli e dal pm Lorenzo Gestri. I due boss erano in missione a Roma per conto di Salvatore Riina con lo scopo di studiare uno degli obiettivi da colpire, Maurizio Costanzo, come effettivamente avvenne quel drammatico 14 maggio 1993: in via Fauro a Roma, poco distante dal teatro in cui si era tenuto lo show, un'autobomba esplose, ma Maurizio Costanzo e Maria De Filippi ne uscirono vivi.


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Su questo attentato il pentito Gaspare Spatuzza aveva dato una sua chiave di lettura. Totò Riina aveva già ordinato ad altri in passato di pedinare a Roma e poi sparare al conduttore nel 1992. Poi il “Capo dei capi” ordinò lo stop e avviò la stagione degli attentati a Capaci il 23 maggio 1992. Il pentito ha quindi spiegato ai pm di Firenze (le dichiarazioni sono state acquisite in un verbale depositato presso il medesimo tribunale il 14 dicembre 2020, ndr) il movente delle stragi del 1993 e il cambiamento della modalità di svolgimento di queste ultime con il tritolo che prende posto alle pallottole: “Se nel 1992 Costanzo era un nemico di Cosa Nostra che si vuole vendicare per gli attacchi subiti da lui in televisione, e per questo va ucciso con le armi, così da mettere la firma, nel 1993 invece è prevista l’utilizzazione nei confronti di Costanzo dell’esplosivo e da ciò deduco che questa azione si è collocata nell’ambito di quello che ho prima definito un’unica strategia del colpo di Stato con metodi terroristici (...) Credo si debba fare un’assimilazione con l’attentato di Via d’Amelio: come Paolo Borsellino era un ostacolo alla Trattativa, Costanzo rappresentava un ostacolo al raggiungimento degli obiettivi che con la strategia stragista si dovevano perseguire e per tale ragione si è fatto ricorso all’impiego dell’esplosivo abbandonando l’impiego delle armi leggere”.

In foto di copertina: Giuseppe Graviano, a sinistra, e Matteo Messina Denaro, a destra

Foto interne © Imagoeconomica

Fonte: ilfattoquotidiano.it

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