Venne uccisa perché scoprì, per caso, la vera identità del boss Gerlando Alberti jr. L’anno scorso il killer Sutera ha ottenuto la semilibertà
Il 12 dicembre 1985 veniva assassinata dalla mafia la piccola Graziella Campagna. Nata a Saponara, in provincia di Messina, il 3 luglio del 1968, la giovane, ancora minorenne, è figlia di una famiglia umile ed ha la passione del ricamo. Graziella abbandona gli studi per poter aiutare economicamente i genitori lavorando come aiuto lavandaia in una città vicina, Villafranca Tirrena. Un impiego in nero che le consente raccogliere quelle poche lire necessarie ad affrontare le spese di casa.
Un giorno però, l’ingegner Tony Cannata, che è solito recarsi in quella lavanderia, le porta una camicia da lavare. Graziella la prende in consegna e si accinge a procedere con il lavaggio, ma prima, come d’abitudine, svuota le tasche per evitare di rovinare eventuali oggetti dei clienti. Ed ecco che, in quell’occasione, trova un’agenda nella quale era inserita una carta d’identità che rivela il vero nome dell'uomo che le ha affidato il vestiario: si tratta di Gerlando Alberti jr, nipote latitante del boss della mafia siciliana Gerlando Alberti (assicurato alla giustizia anni prima dal generale Carlo Alberto dalla Chiesa). Scopre che il suo collega e cugino, Gianni Lombardo, non è neanche lui chi dice di essere, ma Giovanni Sutera, anche lui uomo ricercato perché accusato di associazione mafiosa e traffico di stupefacenti.
L’aver scoperto quest'informazione le costerà la vita, soprattutto perché uno dei fratelli di Graziella, Piero, fa il Carabiniere in servizio alla compagnia di Gioia Tauro e questo intimorisce i due latitanti. Un'altra commessa della tintoria, Agata Cannistrà, strappa immediatamente l’agenda dalle mani di Graziella che gliela sta ingenuamente mostrando, facendone così perdere le tracce.
Il 12 dicembre, dopo aver finito di lavorare, Graziella va, come di consueto, ad aspettare l'autobus che la porterà a casa. Sono circa le 19:45 ma a casa non arriverà mai.
La famiglia, preoccupata, comincia a cercarla ovunque in paese. I genitori si recano in Caserma per denunciare la scomparsa, ma il Maresciallo pensa ad una fuga d’amore e dice loro di stare sereni. Graziella, però, non era affatto una ragazza solita a questo genere di cose. E l'unico ragazzo che frequentava in quel momento era a casa con la sua famiglia e non aveva visto Graziella per tutta la giornata.
A quel punto, il fratello Piero raggiunge i suoi genitori a Saponara per fare luce, seppur autonomamente, sulla sparizione della sua sorellina. Così, a due giorni di distanza dalla sparizione, riesce a scoprire che un medico aveva visto un cadavere di una ragazza in un luogo isolato a Forte Campone, paese vicino a Villafranca Tirrena. Piero allora allerta la Polizia e insieme si recano immediatamente sul luogo indicato scoprendo che quel cadavere rannicchiato contro un muro, con un braccio alzato in segno di difesa e il corpo crivellato di colpi di arma da fuoco è proprio quello della sua amata sorellina. I sicari l’hanno colpita da meno di due metri di distanza su viso, spalla, petto, mano e braccio. Un’esecuzione.
Indagini a rilento
Dopo questo tragico ritrovamento, partono le indagini, sebbene con imperdonabile ritardo. Si badi che il maresciallo si prese un giorno di vacanza perché convinto della scappatella della giovane. Dei testimoni affermano di aver visto salire molto tranquillamente Graziella su un'auto sconosciuta, come se conoscesse chi era alla guida. Graziella viene così uccisa, a colpi di lupara, a soli 17 anni.
La mafia ha deciso di eliminare ogni possibile guaio con le forze dell’ordine, che avrebbero potuto individuare i due latitanti grazie alla carta d’identità andata perduta, sbarazzandosi della povera giovane. Poco importava se, come sostiene il fratello che si è battuto per ricercare la verità e ottenere la giustizia sul delitto, Graziella non avrebbe mai potuto risalire a quella realtà dei fatti. Dopo un lungo e tormentato iter investigativo Gerlando Alberti jr e Giovanni Sutera (dichiaratosi innocente), il suo guardaspalle anche noto come “Giovanni Lombardo”, saranno rinviati a giudizio il 1º marzo del 1988.
Eppure, il movente ipotizzato dalla Procura, secondo cui Alberti abbia voluto uccidere Graziella perché a conoscenza del suo vero nome viene giudicato debole dal giudice che li assolverà.
Solo sei anni dopo, nel 1996, grazie alla trasmissione televisiva “Chi l'ha visto?” il caso verrà riaperto.
L'11 dicembre 2004, a quasi vent'anni dall'uccisione di Graziella, la Corte D’Assise di Messina emetterà sentenza di condanna all’ergastolo per Gerlando Alberti jr. e Giovanni Sutera, ritenuti gli esecutori materiali del delitto, con l'aggravante di aver agito con premeditazione e durante la loro latitanza. Ma saranno anche giudicate colpevoli per favoreggiamento e per aver deviato le indagini, oltre che per aver omesso quanto di loro conoscenza sul rapimento e sull'omicidio, Agata Cannistrà, la collega che strappò dalle mani di Graziella l'agenda, e Franca Federico, la titolare della lavanderia. Entrambe saranno condannate alla pena di due anni di reclusione.
Eppure, per l’inspiegabile mancato deposito entro i termini delle motivazioni della sentenza, Gerlando Alberti sarà scarcerato e tornerà in libertà.
L’iter processuale e lo smacco alla famiglia
Ma il 18 marzo 2008, i giudici della Corte d'Assise d'Appello di Messina, confermeranno per Alberti e per Sutera la condanna all'ergastolo e il 18 marzo 2009, la Suprema Corte di Cassazione respingerà il ricorso formulato dai due imputati e riconfermerà la pena dell'ergastolo.
Per accertare la verità i familiari hanno assistito ad un processo lungo 22 anni. L’attesa estenuante, però, non è stata l’unica cosa ad aver logorato la famiglia. Nel giugno dell’anno scorso, infatti, Sutera ha chiesto e ottenuto la semilibertà dai giudici del tribunale di sorveglianza di Firenze, dopo un primo diniego di alcuni anni fa. A Sutera è stata concessa l’uscita dal carcere per fare volontariato durante le ore diurne presso un'associazione di Firenze che fornisce assistenza agli anziani.
"Questo Stato facendo così spinge le persone a farsi giustizia da sé, non a rivolgersi alla legge. Se le persone si rendono conto che non è possibile ottenere giustizia si sentono impotenti. Non mi sento rappresentato da questo Stato”, aveva commentato Piero Campagna.
L’avvocato dei Campagna, Fabio Repici aveva chiesto alla Procura generale di Firenze di fare ricorso per Cassazione. “Sutera è un pluriassassino”, affermava l’avvocato in un’intervista ad ANTIMAFIADuemila. La notizia della concessione della semilibertà è “una notizia purtroppo scontata”, commentava amareggiato il legale, “perché è il segno dei tempi”. “Io non ce la faccio più ad ascoltare le parole di retorica stonata che ad ogni anniversario si fanno sulle vittime di mafia”, aggiungeva Repici. “Magari il prossimo 12 dicembre ci sarà il ministro di turno, il parlamentare di turno o il presidente della Corte Costituzionale di turno che ricorderà il sacrificio di Graziella Campagna. Io so che i familiari di Graziella Campagna, come al solito, si trovano soli davanti al favoreggiamento di Stato. Non si può definire che così l'atteggiamento degli organi istituzionali che, in spregio a ciò che è stato accertato persino nei processi (perché non si dica che Sutera è personalità che si è rieducata)”.
Oggi Graziella Campagna è stata ricordata in un incontro all’auditorium “Fasola”. Un’iniziativa dell’associazione di Villafranca “Orizzonte comune”, con Addiopizzo e gli studenti del liceo “Seguenza”. In programma un secondo appuntamento il 13 dicembre al liceo scientifico “G. Galilei” di Spadafora, con Libera. All’evento hanno partecipato anche Piero e Pasquale Campagna, fratelli della giovane che da 38 anni si spendono per ricordare la loro piccola sorella strappata loro dalla brutalità mafiosa. Graziella è una dei 122 minori assassinati dalla mafia in Italia.
Fonte: vivi.libera.it
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