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Il documento venne ritrovato grazie al magistrato Gianfranco Donadio

Esiste un documento detto 'nota Cavallo' datato 5 ottobre 1992. Quella nota metteva nero su bianco le confidenze di Alberto Lo Cicero su Delle Chiaie, i suoi rapporti con il boss Mariano Tullio Troia e la possibilità di un suo coinvolgimento nella strage di Capaci. Per i magistrati si tratta di un valido spunto investigativo che riguardava rapporti tra Stefano Delle Chiaie ed "esponenti di rilievo di Cosa nostra in epoca antecedente e coeva alle stragi del 1992"
Ma su di essa sono stati fatti accertamenti di alcun tipo.
Non solo: è addirittura scomparsa o non pervenuta, "presso gli uffici di polizia giudiziaria e finito nel dimenticatoio a seguito di 'incartamento' presso gli uffici di procura cui era stato trasmesso".
Nell'ordinanza del Gip Santi Bologna con cui sono stati disposti gli arresti domiciliari per Stefano Menicacci e Domenico Romeo si legge che intorno alla nota 'Cavallo' orbitano numerose "anomalie" che emergono dall'attività delle Procura di Palermo e Caltanissetta: "Anomalie che hanno avuto lo stesso effetto: nessuna attività di indagine è stata, in concreto, svolta sul contenuto della nota in questione".
Presso la Procura di Palermo "non è stato attivato alcun coordinamento di indagini con la Procura di Caltanissetta, non è stata conferita alcuna delega alla polizia giudiziaria, e, infine, la trattazione della stessa non è stata affidata" al magistrato Vittorio Teresi (che all'epoca svolgeva le indagini relative alle dichiarazioni del Lo Cicero sul mandamento mafioso di San Lorenzo), "ma sarebbe stata formalmente assegnata al dott. Sciacchitano che non si occupava di detta indagine".
“Non vi era alcun motivo per cui la nota a firma del capitano Cavallo dovesse essere assegnata" a Sciacchitano, si legge.
Inoltre "nessuno dei due magistrati ebbe mai contezza dell'esistenza di tale nota" e tra i due non "vi fu alcun confronto in relazione alla figura di Stefano Delle Chiaie".
Le dichiarazioni dei due magistrati, scrive il gip, "appaiono pienamente compatibili e credibili".
Sempre dalla documentazione emerge come l'allora procuratore della Repubblica di Palermo Vittorio Aliquò "non abbia dato alcuno sbocco investigativo alla 'nota Cavallo', limitandosi ad una trasmissione alla Prefettura ed alla Procura Generale per i profili di competenza".
Del pari anche presso la Procura di Caltanissetta si è registrato un modo quantomeno singolare di procedere".
Ma andiamo con ordine.


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Il magistrato Gianfranco Donadio © Imagoeconomica



La scoperta della 'nota Cavallo'
L’allora sostituto procuratore nazionale antimafia Gianfranco Donadio  "tra il 2006 e il 2007, periodo in cui prestava servizio presso la Procura Nazionale Antimafia, aveva svolto una serie di colloqui investigativi anche con Alberto Lo Cicero e Maria Romeo, prendendo le mosse proprio dalla menzionata nota redatta dal Capitano Gianfranco Cavallo del 5 ottobre 1992, rinvenuta mediante ricerche alla banca dati SIDDA-SIDNA".
Ecco come la cosiddetta ‘nota Cavallo’ venne ritrovata.
Della nota, si legge, "non è stata rinvenuta traccia né presso gli archivi del Comando Provinciale dell'Arma dei Carabinieri, né presso la Sezione Anticrimine del ROS dei Carabinieri di Palermo; in altri termini nessuna traccia della nota spedita dal capitano Cavallo è stata rinvenuta agli atti dei principali organi investigativi cui la stessa era stata inviata".
"La nota, invero, presso i due uffici suddetti del Gruppo 1 Palermo e del ROS non risulta neppure registrata nella posta in entrata, come emerso a seguito di specifiche ricerche condotte da magistrati" di Caltanisetta.
In particolare, il colonnello Emilio Borghini, all'epoca comandante del Gruppo 1 Carabinieri di Palermo, (sentito il 12 gennaio 22) "escludeva di aver mai svolto alcuna indagine sul Delle Chiaie ed affermava di non aver alcun ricordo dell'annotazione a firma del Capitano Cavallo precisando che egli si limitava a smistare la corrispondenza in entrata con un visto ai competenti uffici".
Ma "nessuno degli ufficiali dei Carabinieri al vertice dei reparti cui all'epoca la relazione di servizio fu inviata ha un ricordo di averla mai vista e, comunque, di aver mai svolto indagini in relazione a rapporti tra cosa nostra e Stefano Delle Chiaie".
Ma l'allora Capitano Gianfranco Cavallo non è dello stesso avviso: sentito dai magistrati il 20 maggio 2022 aveva riferito "di aver trasmesso la nota a tutti gli uffici in indirizzo. Escludeva altresì di avere parlato del contenuto di tale nota con l'allora Ten. Col. Borghini, con l'allora Capitano Minucci e Capitano Arcangioli; tende ad escludere di averne parlato direttamente con il Brig. Walter Giustini".
Ma la nota sembra introvabile: "Non risultando neppure che la richiamata nota sia stata ritualmente registrata in entrata presso gli uffici dei Carabinieri di Palermo. Si potrebbe, dunque, in astratto ipotizzare che la nota non sia mai pervenuta al detto ufficio o che sia andata casualmente smarrita prima di essere protocollata".

Nessun impulso dalla Procura nazionale antimafia
A seguito del ritrovamento, grazie al magistrato Donadio, della nota 'Cavallo, la procura nazionale antimafia - all'epoca guidata da Pietro Grasso - avrebbe dovuto sollecitare tramite i propri "poteri di coordinamento ed impulso" le autorità giudiziarie "competenti a svolgere le relative indagini, prima tra tutte quella di Caltanissetta".
"Detto atto di impulso, invece veniva trasmesso solo nel novembre del 2021 da parte di altri magistrati della D.N.A.A.. Si tratta di anomalia", ha scritto il Gip di Caltanissetta.
Infatti tale atto di impulso non venne formalizzato nemmeno dopo "incontro che, presumibilmente avvenne nell'anno 2009, tra i magistrati suddetti e quelli della Procura della Repubblica di Caltanissetta e di Palermo".
Per i magistrati nisseni la motivazione più plausibile "è quella di una scelta di opportunità per evitare un'ulteriore lacerante contrapposizione fra la DNA e le Procure di Caltanissetta e Palermo (ed altre), in relazione alle modalità operative adottate in materia di colloqui investigativi".


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L'ex procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti © Imagoeconomica


Franco Roberti toglie l'inchiesta al pm Donadio
"Nel 2013 - ha detto il magistrato in un dialogo riportato nell’ordinanza - si immise in possesso il nuovo Procuratore Nazionale Antimafia Franco Roberti, con il quale avevo un rapporto di grande cordialità ed anche di collaborazione, nell'ambito delle rispettive funzioni, quando lo stesso era Procuratore della Repubblica di Salerno.
Il Procuratore Nazionale Antimafia, era già a conoscenza di talune vicende che riguardavano le stragi. Dopo la sua nomina, Roberti nel settembre 2013, mentre ero in ferie, mi revocò la delega sulle stragi con una decisione improvvisa che mi stupì molto. Infatti, fino al precedente agosto vi era un'intesa per programmare un'ampia attività di impulso riguardante in generale il coinvolgimento di entità esterne nelle stragi, anche con riferimento al Delle Chiaie. lo chiesi informalmente spiegazioni in ordine a tale revoca e il Procuratore Roberti mi riferì verbalmente che aveva assunto tale decisione a mia tutela, non precisando altro anche a seguito di mia richiesta.
Aggiungo che circa 15 giorni dopo venni a sapere che il quotidiano Il Sole 24 ore aveva pubblicato un articolo di un'intera pagina sul contenuto di un verbale interno di una riunione tenutasi nel giugno 2013 presso PNA, preparatoria di una riunione di coordinamento in materia di coinvolgimento di entità esterne nelle stragi con alcune DDA, credo quelle di Caltanissetta, Catania, Palermo e Reggio Calabria. L'ADN Kronos fece un lancio accostando tale fuga di notizie alla revoca della mia delega; lancio subito ritirato, ma poi ripreso da alcuni quotidiani. Preciso che il file del verbale in questione venne inviato telematicamente su disposizione del Procuratore facente funzioni Giusto Sciacchitano a tutti i sostituti dell'ufficio e alle rispettive segreterie, contravvenendo alla tutela della segretezza adottata in precedenza dal Procuratore Grasso, che disponeva la trasmissione di notizie riservate esclusivamente in busta chiusa".

Le 'anomalie' alla Procura di Caltanissetta
La nota "Cavallo" non avrà buona sorte nemmeno alla procura di Caltanissetta.
L'allora Procuratore della Repubblica di Caltanissetta Giovanni Tinebra - di cui nell'ordinanza viene indicato l'eccessivo "protagonismo" assai "opaco" come in altre occasioni del biennio 1992-1994 - ne dispose l'iscrizione a mod. 45 (registro non costituenti notizia di reato ndr) e si auto assegnò la trattazione dell'affare delegando al Gruppo 1 dei Carabinieri di Palermo lo svolgimento di generici accertamenti.
Alla Procura di Caltanissetta però non arriverà nessuna risposta dall'Arma, nemmeno dopo due solleciti. Il Gip fa notare che a Tinebra "sarebbe bastata anche solo una telefonata per ottenere risposta o per far emergere la mancata ricezione degli atti, che sarebbe stata così 'sanata'".
Ma non finisce qui: il fascicolo dentro il quale era stata inserita la nota 'Cavallo' era stato successivamente riposto in una cartella denominata "anonimi" a sua volta confluita "nel procedimento penale 490/94 R.G.N.R. mod 44 relativo ai c.d. mandanti esterni delle stragi, composto di oltre 60 faldoni".
La nota verrà ritrovata solo dopo complesse ricerche da parte dei magistrati di Caltanissetta ma soprattutto grazie all'allora sostituto procuratore nazionale antimafia Gianfranco Donadio, che 'riesumò' la nota tramite il sistema della banca dati Sidda Sidna nel 2007.

Foto di copertina © Shobha

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