Il 21 luglio 1979 il capo della Squadra mobile di Palermo, Boris Giuliano, fu ucciso da Leoluca Bagarella, cognato di Salvatore Riina, con 7 colpi di pistola sparati alle spalle. "Il suo metodo investigativo lungimirante è ancora oggi d'esempio per i poliziotti", scrive la polizia di Stato.
Oggi alle nove di mattina a Palermo vi è stata la cerimonia commemorativa con deposizione di Corone di Alloro alla lapide posta in via F. P. di Blasi. A seguire la cerimonia liturgica presso la Chiesa di San Giuseppe Cafasso, in via dei Benedettini 16, officiata dal Cappellano della Polizia di Stato Massimiliano Purpura.
Quel giorno, il 21 luglio, uno degli investigatori più innovativi del tempo perse la vita, proprio per il fatto che era andato a scavare in quei meandri di Cosa nostra ancora sconosciuti e che dovevano restare nascosti. Proprio per questo suo nuovo metodo di investigazione, Giuliano iniziò anche a collaborare con l’FBI e la DEA negli Stati Uniti, cosa che qualche anno dopo continuò a fare il magistrato Giovanni Falcone.
Boris Giuliano fu uno dei primi investigatori pionieri che scoprirono il traffico internazionale di droga tra la Sicilia e gli Usa. Il capo della Mobile diede un forte impulso di modernità alla lotta al crimine organizzato, che al tempo non era ancora dotato di strumenti normativi per combatterlo. Uno degli elementi introdotti nel metodo d’indagine fu proprio il lavoro di squadra. Infatti, il gruppo d'èlite era formato da Tonino De Luca, Paolo Moscarelli e Vincenzo Boncoraglio tutti poliziotti volenterosi, ognuno con un compito preciso e ben delineato così da non intralciarsi o scontrarsi nel corso delle indagini o delle operazioni. Ogni funzionario all'interno della squadra mobile era responsabile di un settore della criminalità organizzata controllati dall'occhio attento del “maresciallo”, (così veniva chiamato Boris ndr). Una sua intuizione che diede una importante svolta al metodo investigativo fu costruire una mappatura delle famiglie mafiose basandosi su omicidi nei vari quartieri e nelle periferie. Oltre al traffico di droga, Giuliano investigò anche sui casi dei giornalisti Mauro De Mauro e Mario Francese, e del segretario provinciale di Palermo della DC, Michele Reina. Successivamente indagò anche sul caso del boss Giuseppe Di Cristina.
Nelle indagini sul traffico di droga internazionale, all'aeroporto Punta Raisi di Palermo vennero trovate, da alcuni agenti di polizia, due valigie contenenti 500mila dollari, la parcella pagata da famiglie mafiose d'oltreoceano a quelle sicule per l'eroina. Pochi giorni dopo, all'aeroporto di New York furono rinvenute delle valigie con una partita ingente di eroina proveniente da Punta Raisi per un valore stimato di 10 miliardi di dollari. Secondo Giuliano questo duplice ritrovamento fu una conferma del narcotraffico che evidenziò il collegamento tra famiglie mafiose siciliane come i Bontade, gli Spatola, gli Inzerillo e i Gambino e famiglie mafiose negli U.S.A.
Furono proprio queste le indagini che costarono la vita a Giuliano.
Foto © Archivio Letizia Battaglia
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- Luca Grossi