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L'accusa: "Ha deliberato assieme ad altri mafiosi le stragi. È un mandante"

Ergastolo confermato per il boss mafioso Matteo Messina Denaro.
Un verdetto – che conferma la decisione di primo grado – che arriva nel giorno del 31º anniversario del massacro del giudice Borsellino e della sua scorta: Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina.
Lo ha deciso la Corte d'Assise d'appello di Caltanissetta che ha confermato la sentenza di primo grado per il capomafia, accogliendo a richiesta della Procura generale nissena, rappresentata in aula dal Pg Antonino Patti, dal sostituto Gaetano Bono e Fabiola Furnari.
In primo grado quando, da latitante, fu condannato all'ergastolo, nella sentenza per Matteo Messina Denaro fu riconosciuta l'esistenza di un "disegno comune" scattato all'indomani del verdetto definitivo sul maxiprocesso, emesso dalla Cassazione il 30 gennaio '92.
Messina Denaro ha rinunciato a collegarsi per ascoltare la sentenza. Nel corso della requisitoria, il Pg Patti aveva detto: "L'accusa che si muove a Matteo Messina Denaro è di avere deliberato, insieme ad altri mafiosi regionali, che rivestivano uguale carica, le stragi. Quindi ci occupiamo di un mandante, non di un esecutore." Il boss Matteo Messina Denaro nei giorni scorsi, dopo l'arringa difensiva, ha inviato alla sua legale d'ufficio, l'avvocata Adriana Vella, un telegramma per complimentarsi per il suo intervento in aula in Corte d'assise d'appello. Vella era subentrata al primo legale d'ufficio nominato dopo la rinuncia del difensore di fiducia del padrino, Lorenza Guttadauro che, per motivi organizzativi, aveva scelto di non assistere il boss. Nel telegramma Messina Denaro ha chiesto alla Vella la disponibilità ad avere un colloquio telefonico che poi non si è svolto. Oggi la conferma dell'ergastolo.
"Questa condanna è una tappa importante per l'accertamento della verità," ha detto il procuratore generale di Caltanissetta, Antonino Patti.
"Questa è una sentenza che armonizza totalmente con tutte le precedenti sentenze della stagione stragista – ha detto Patti – in particolare la sentenza di Firenze."

La "missione romana"
Durante la requisitoria durata molte udienze si è discusso anche di uno dei misteri della fase preparatoria delle stragi del 1992, la cosiddetta 'Missione Romana', risalente alla fine del febbraio del '92.
In quell'occasione Totò Riina aveva mandato nella capitale un ristretto gruppo di uomini d'onore guidato da Messina Denaro e Giuseppe Graviano: i componenti della cosiddetta Supercosa, la risposta del boss corleonese alla Superprocura.
Gli obiettivi da eliminare erano Giovanni Falcone e Maurizio Costanzo. "Tra i motivi dell'appello della Corte di Assise d'Appello di Catania del 2006 si dice che la missione romana fu un astuto espediente per distogliere i sospetti da Cosa Nostra e far credere che fossero stati i servizi segreti deviati. Ma non è così, allora alcune cose non si sapevano ma la missione romana era una cosa seria che alla fine fallì," aveva spiegato Patti, chiedendo alla Corte d'Assise d'Appello a Caltanissetta di confermare la sentenza di primo grado, cioè l'ergastolo.
"Si parla di totale superficialità e inadeguatezza di Riina nell'organizzare la missione romana e che ha fatto affidamento a persone non tutte di rilevante calabro mafioso. Ma ci aveva mandato le persone più importanti, come Giuseppe Graviano, che è un capomandamento, così come Matteo Messina Denaro – aveva detto Patti – Non è affatto vero, poi, che nel sestetto romano c'era gente che non sapeva mettere mano sugli esplosivi. Riina a Falcone lo avrebbe ucciso ovunque, anche sulla Luna. Lo dice lui stesso in un'intercettazione." Ma la strategia poi fu cambiata. Riina ordinò ai suoi di tornare in Sicilia. Questo episodio rappresenta ancora oggi uno dei tanti misteri che orbitano attorno alla stagione stragista.
Il pentito Gaspare Spatuzza – tornato in libertà condizionale lo scorso 10 marzo – ha individuato in quel cambio di strategia un passaggio fondamentale: "La genesi di tutta questa storia è quando non si uccide più Falcone a Roma con quelle modalità e si inizia quella fase terroristica mafiosa, da lì non è solo Cosa Nostra."

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