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Nei particolari del blitz antimafia di Palermo che ha colpito il mandamento mafioso di Resuttana ed eseguito oggi dalla Polizia di Stato, su delega della Direzione distrettuale antimafia, ci sono tutti gli elementi per smentire in maniera categorica i 'teoremi' sulle intercettazioni dell'attuale ministro della giustizia Carlo Nordio e della cavalleria garantista.
L'indagine coordinata dal procuratore Maurizio de Lucia, dagli aggiunti Marzia Sabella e Paolo Guido, e dai sostituti Giovanni Antoci e Giorgia Righi svela rete del pizzo, la disponibilità di armi e gli interessi economici dei mafiosi della parte occidentale della città.
Tra gli arrestati (18 di cui 16 in carcere e 2 agli arresti domiciliari) ci sono Salvatore Genova, accusato di essere il reggente del mandamento, e il suo luogotenente Sergio Giannusa, il titolare di una nota polleria-rosticceria. L'inchiesta è nata dopo la scarcerazione di Genova, che dopo anni di detenzione al 41 bis, è tornato a Palermo e ha ripreso il controllo del mandamento. Con il ritorno in auge di Genova è tornato al comando anche Giannusa, uomo ombra del capomafia. Genova avrebbe partecipato a importanti vertici di mafia con Giuseppe Greco, soprannominato il senatore, boss di Ciaculli, Giovanni Giordano della Noce, Giancarlo Seidita e Pietro Tumminia di Altarello.
Genova, dunque, aveva rapporti con i capi dei principali clan della città e, secondo i pm, impartiva ai sottoposti le indicazioni necessarie alla gestione delle estorsioni e sovrintendeva alle messe a posto anche fuori dai confini del suo mandamento. Di lui un favoreggiatore dei Graviano diceva: "È il tutto".
Il capo mafia è inoltre uno storico alleato dei boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo, da anni detenuti al carcere duro, ed è stato il referente per il sostentamento della famiglia del "patriarca" di San Lorenzo Francesco Madonia e dei suoi figli, fedeli alleati degli stragisti corleonesi. Incurante dei limiti imposti della sorveglianza speciale che gli è stata imposta dopo la scarcerazione, Genova a pochi giorni dal rientro a Palermo ha ripreso in mano gli affari della cosca cercando, però, di mantenere un basso profilo per sfuggire alle attenzioni degli investigatori.
Attento a usare un linguaggio criptico durante le conversazioni coi sodali, intimava ai suoi di non portare mai il telefono durante gli incontri: "Senza niente, neanche spento" aveva detto non sapendo di essere già intercettato.

Le intercettazioni sono "una barbarie, spese cifre assurde per risultati minimi". Parola di Nordio
Tuttavia è stata proprio una conversazione intercettata ad incastrare Settimo D'Arpa, uno degli arrestati. L'uomo stava parlando con la sua compagna al telefono e lei, nonostante il compagno la invitava a smettere, aveva rivelato chiaramente la sua appartenenza a Cosa nostra. "Te lo dico, fai lo scaltro, perché non chiami a tutti i mafiosi che hai...te lo dico davanti a tutti!", ha detto lei. "Io non ne ho mafiosi", tentava di difendersi lui. "Io non conosco nessuno di sti mafiosi...", ha continuato. Ma la compagna non si è fermata. "Te lo giuro su dio, che se io ti vedo io 'l'ho lasciato perché domandava il pizzo, ti giuro che lo faccio". "Ma te ne accorgi delle cose che dici al telefono?", ha sbottato preoccupato D'Arpa. "Sì perché la verità...è la verità", ha insistito la donna. La discussione ha poi proseguito in un'altra telefonata. "Non siamo in via Sciuti, non siamo in via Notarbartolo che facevi spaventare i commercianti. Qua stai parlando con una persona", dice lei senza mezzi termini. "Capito? Con una donna. Si, stai parlando con una donna, non stai parlando con un commerciante che vuoi intimorire le persone, perché sapete fare solo questo...", lo ha apostrofato. "Io? - ha risponsto D'Arpa - Ti sto pure bloccando nelle telefonate e messaggi. Ciao, buonanotte".

Le mani del clan sulle pompe funebri. Gli affari mafiosi con "gli insospettabili"
Gli indagati sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione con l'aggravante del metodo mafioso, concorso in associazione di stampo mafioso, detenzione di arma comune da sparo.
Gli investigatori hanno potuto fare luce non solo sull'intensa attività di riscossione del pizzo ai danni di attività commerciali e imprenditori della zona, ma anche sul controllo e sulla gestione dei servizi funerari all'ospedale di Villa Sofia di Palermo. "Attività illecite che rappresentano per la famiglia mafiosa di Resuttana fonte primaria di guadagno".
Oltre a questo sarebbe stata accertata la complicità con i boss di alcuni professionisti e imprenditori. Tra i destinatari del provvedimento ci sono anche alcuni insospettabili, appartenenti alla cosiddetta "zona grigia" ed espressione delle contiguità tra professionisti locali, medi e piccoli imprenditori ed esponenti, anche apicali, del mandamento mafiosi. Tra gli indagati ci sono, infatti un commercialista, un notaio, sospettato di concorso in tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, un imprenditore edile, un imprenditore nel settore calzature, sospettato di concorso in associazione di stampo mafioso ed estorsione aggravata dal metodo mafioso ed infine un ristoratore. Il gip ha disposto il sequestro preventivo delle società Almost food srls e la Gbl food srls che gestiscono la catena di esercizi commerciali con insegna "Antica polleria Savoca", che, secondo i pm , sarebbero in realtà imprese mafiose.

Le nuove leve danno confidenza "a cani e porci"
I vecchi boss, in base a quanto riportato dagli inquirenti, criticano le nuove leve mafiose e, ribadendo i vincoli indissolubili che legano gli affiliati a Cosa nostra, manifestano il loro disprezzo per i nuovi affiliati: "No 'cuci' (cugino ndr) lo sai cos'è? Lo sai cos'è? Mi senti a me? Purtroppo, ormai la situazione è andata a scemare... Ormai fuori il novanta per cento delle persone danno confidenza a cani e porci!", dice un affiliato al boss Sergio Giannusa che conviene: "Bravo! È la verità!".

Pizzo per il controllo del territorio
"La costante pressione del fenomeno estorsivo si rivela ancora una volta uno strumento indispensabile utilizzato da Cosa Nostra per mantenere il controllo del territorio di riferimento e garantirsi il sostentamento dell'organizzazione e delle famiglie dei detenuti" hanno riferito gli investigatori della Polizia dopo il blitz antimafia che all'alba di oggi ha colpito il mandamento di Resuttana, a Palermo.
Il copione è quello classico della 'messa a posto', ossia nell'esborso di una somma di denaro da parte della vittima da far confluire nella 'baciliedda' (bacinella, ndr) a disposizione della cosca o nel recupero dei crediti vantati da soggetti vicini alla famiglia mafiosa. "Tali forme di 'pressione' sono risultate molto diffuse, se si considera che il territorio in cui ricade il mandamento investigato è tra quelli in cui vi è maggiore incidenza di attività produttive in città", dicono gli investigatori.
Ma "l'aspetto più rilevante consiste nell'aver portato alla luce la collaborazione alle attività criminali di professionisti, la cosiddetta borghesia mafiosa, che non ha esitato a mettere a disposizione le proprie competenze a vantaggio di Cosa nostra" ha ribadito il questore di Palermo Leopoldo Laricchia. "Un'ulteriore infiltrazione nell'economia si è realizzata mediante imprenditori della ristorazione che hanno a tutti gli effetti costituito una vera e propria impresa mafiosa insieme con il reggente del mandamento, con grave alterazione della concorrenza e della libertà di iniziativa economica. Questa operazione purtroppo fa emergere come, contrariamente al discorso pubblico ufficiale, una parte del mondo delle professioni e dell'impresa sia permeabile ai facili guadagni conseguiti attraverso l'utilizzo della forza intimidatrice della mafia".

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