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Il giornalista Marco Lillo ricostruisce i fatti del ’92-’94 e le indagini su Berlusconi partendo delle informative della DIA

Continuano i tentativi di tracciare il profilo di un personaggio forse sibillino, sicuramente enigmatico, qual è Salvatore Baiardo. Così, Marco Lillo, giornalista de “Il Fatto Quotidiano”, partendo da un'informativa della DIA del 16 marzo 2022, oltre a ricostruire parte delle vicende che hanno insanguinato il Bel Paese tra il ‘92 e il ‘94, ha disegnato anche i contorni di un personaggio che, senza ombra di dubbio, sta facendo un gioco che il giornalista stesso ha definito “pesante e pericoloso”. All’interno della suddetta informativa, depositata nell’ambito delle indagini che vertono sui mandanti esterni delle stragi del ‘93, Marco Lillo ha ricordato le dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Tullio Cannella. Nel 1997, Cannella ha riferito infatti di aver appreso dal suo amico, il boss corleonese Leoluca Bagarella, e da Cesare Lupo, boss di Brancaccio e fedelissimo dei fratelli Giuseppe e Filippo Graviano, dei rapporti esistenti tra i fratelli Graviano e Marcello Dell’Utri, oltre che dei loro incontri che sarebbero avvenuti a Milano. Addirittura, da una precedente relazione della DIA datata 9 marzo 2009, Bagarella avrebbe riferito al suo amico Cannella che “l’uccisione del dott. Paolo Borsellino era stata una cortesia fatta da Cosa Nostra tramite i Graviano a personaggi di alto livello, con i quali gli stessi Graviano a Milano avevano stabilito un contatto”. In altre parole, Cannella ha riferito che “la strage veniva eseguita da Cosa Nostra ma nell’interesse di entità del mondo imprenditoriale e politico che avevano negli anni precedenti tessuto un rapporto con Cosa Nostra e, in particolare, personalmente con i Graviano, i quali erano stati i portatori in seno a Cosa Nostra di questa volontà proveniente dall’esterno”. “Tutto questo discorso - ha proseguito Cannella - il Bagarella me lo fece in più occasioni, a partire grosso modo dall’ottobre 1993 in avanti, con riferimento alle garanzie che il nuovo movimento politico che andava delineandosi e che, tra la fine del ‘93 e l’inizio del ‘94, sarebbe ufficialmente comparso sulla scena con il nome di ‘Forza Italia’, era in grado di fornire a noi di Cosa Nostra con riguardo ai temi che ci stavano a cuore, quelli dei pentiti e del carcere duro”. Tuttavia, Cannella ha precisato anche di non essere a conoscenza dei nomi relativi ai personaggi esterni a Cosa Nostra che hanno chiesto “la cortesia” di uccidere Paolo Borsellino, perché non gli sono stati fatti da nessuno. Le affermazioni di Cannella risalgono a dei fatti avvenuti nel 1997 e mai riscontrati, nemmeno dalla Procura di Caltanissetta, coinvolta per competenza sulla strage di via D’Amelio, perché - ha spiegato Lillo - non ha ritenuto utile dare peso a queste affermazioni.


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Giuseppe Graviano


I milleuno volti di Baiardo
Tornando alla figura enigmatica di Salvatore Baiardo, recentemente descritto dall’ex magistrato Antonio Ingroia come “uomo che, dopo aver predetto l’arresto di Matteo Messina Denaro, sembra fare da sponda ai Graviano all’interno di un disegno che assomiglia ad un ricatto verso il mondo di Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri”; il giornalista Marco Lillo ha ricordato ciò che lega il boss Cesare Lupo a Baiardo: un rapporto di parentela. I due sono infatti cugini acquisiti e avrebbero coadiuvato la latitanza dei fratelli Graviano al nord Italia nel ‘93, tra Venezia e Omegna. Oggi, da esperto trasformista, l’ex gelataio di Omegna afferma, poi smentisce, con mediatica destrezza e sfacciata nonchalance. Così, con un video postato su Tik Tok, Baiardo ha recentemente smentito quanto affermato davanti alle telecamere (nascoste) di Report. Baiardo ha infatti precisato che le dichiarazioni rese a Report, con le quali ha ammesso di essere in possesso di fotografie che proverebbero un incontro avvenuto tra Graviano e Berlusconi, in realtà non esistono e le sue parole non erano altro che un modo per prendersi gioco della nota trasmissione di Rai 3. Intanto, mentre le dichiarazioni di Graviano e di Baiardo fatte su Berlusconi e Dell’Utri sono diventate oggetto d’indagine sulle stragi e gli attentati del 1993-94, il giornalista Massimo Giletti ha raccontato ai pm di Firenze che l’ex gelataio, fiancheggiatore dei Graviano durante la loro latitanza, gli avrebbe mostrato da lontano una foto che sarebbe stata scattata nel ‘92, la quale ritrae Berlusconi insieme al generale dei Carabinieri, Francesco Delfino, e il boss latitante Giuseppe Graviano. In questo contesto, Lillo ha ricordato anche che Baiardo, durante il suo incontro con i giornalisti di Report, ha precisato che sarebbe intenzionato a pubblicare le foto su Berlusconi e Graviano all’interno di un libro, qualora le richieste auspicate dai boss non dovessero arrivare a compimento. Dunque, trovano appiglio le ipotesi avanzate in via teorica dall’ex magistrato Ingroia: l’intenzione di Baiardo potrebbe essere quella di ricattare il mondo che ruota attorno a Berlusconi e Dell’Utri per conto dei Graviano.


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Massimo Giletti © Imagoeconomica


Il professor Di Miceli e il telefono misterioso
Sembra il titolo di un film di fantasia, ma i fatti che ha raccontato il giornalista Marco Lillo sono reali, anche quelli che ricordano il momento in cui i Carabinieri di Palermo hanno intercettato Lupo tra il ‘94 e il 1995, prendendo nota del fatto che ad usare il telefono intercettato era il professor Pietro Di Miceli, in quel momento indagato per altre vicende e successivamente assolto. Personaggio ritenuto misterioso, Di Miceli, secondo i magistrati, sarebbe stato vicino ai fratelli Ganci, i boss della Noce e fidati di Totò Riina. Lo stesso Miceli era apprezzato da magistrati che “gli davano da fare le perizie sui patrimoni dei boss”, ha ricordato Lillo mentre prosegue: “Per dire, la cognata del procuratore Vittorio Aliquò, allora procuratore aggiunto molto importante a Palermo, lavorava per Di Miceli e fu anche indagata con il professore e prosciolta su richiesta dei pm”. Il cellulare di Lupo fu inviato ai Carabinieri del reparto scientifico di Roma, ma questi lo rispediscono a Palermo suggerendo di indagare su una possibile clonazione. Le indagini non verranno mai eseguite, ma dopo l’attenzione del Fatto sul caso del telefonino misterioso del professor Di Miceli, i pm di Firenze hanno acquisito il fascicolo relativo all’indagine su Cesare Lupo. Insomma, molti anni dopo, la verità sulle stragi sembra essere ancora lontana. Lo certifica anche il fatto che ai dubbi, ora, si aggiungono i ricatti e, solitamente, si ricatta chi ha qualcosa da perdere oppure da nascondere.

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