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I legali della famiglia del maresciallo dei carabinieri Antonio Lombardo, trovato morto con un colpo di pistola alla tempia nella sua auto parcheggiata all’interno della caserma Bonsignore a Palermo la sera del 4 marzo 1995, hanno raccolto in un dossier di indagini difensive una serie di atti documentali e testimoniali che invieranno a giorni alla Procura di Palermo a integrazione della richiesta di riapertura delle indagini, già accolta dall’ufficio del pubblico ministero.
La tesi del collegio difensivo, ancora da verificare, è tranciante: la morte del maresciallo non sarebbe stata un suicidio ma un omicidio, e il movente andrebbe ricercato nei segreti di via d’Amelio: nello specifico di ciò che gli avrebbe confidato il pentito Salvatore Cancemi.
La notizia era stata anticipata la sera del 23 maggio dal collega Giuseppe Lo Bianco alla nostra conferenza "Giovanni Falcone. La vera storia della trattativa e delle stragi dello Stato-mafia".
Il giornalista sulle pagine de il 'Fatto Quotidiano' ha riportato le dichiarazioni dell'avvocato Salvatore Traina: “Nell’integrazione all’esposto verranno indicati anche i nomi dei responsabili dell’omicidio".
Nel dossier è stata ricostruita la scansione degli eventi di quella settimana a partire dal giovedì, giorno in cui Lombardo telefonò alla vedova Borsellino, Agnese, dicendole “a breve le servirò la verità sulla morte di suo marito su un piatto d’argento".
Da quel giorno – ha detto l’avvocato Traina – alcuni eventi, dall’omicidio del suo confidente Brugnano alla sparizione del suo cane, che teneva attaccato, allarmarono Lombardo che al ritorno da Milano preferì non fermarsi a casa a pranzo, nonostante abitasse a Terrasini, a due passi dall’aeroporto, per recarsi negli uffici nel Ros, a Monreale, per relazionare ai suoi superiori".
Dal dossier emerge la convezione che la lettera testamento trovata nell’auto non sia stata scritta da Lombardo, come attestano due consulenze calligrafiche.
E poi ancora: viene richiesta un’ispezione alla caserma Bonsignore e nel dossier vengono evidenziate le carenze delle indagini condotte a metà anni 90, a partire dalla sparizione dell’agenda e della borsa, ma anche dei tabulati delle telefonate in uscita dal cellulare del maresciallo, all’assenza di un’ispezione cadaverica (viene chiesta la riesumazione del cadavere) con gli esiti di una nuova perizia balistica.

La ricostruzione del collegio difensivo
Secondo il dossier, Lombardo sarebbe rimasto deluso dagli incontri con i suoi superiori e, dopo un breve ritorno a casa per pranzare, sarebbe uscito per andare alla caserma Bonsignore, sede del comando regionale dell’Arma, in cerca di nuovi interlocutori. “Abbiamo accertato – prosegue l’avvocato Traina – che quel pomeriggio Lombardo parlò tra gli altri con il capitano Baudo e con il colonnello Cagnazzo, che fu l’ultimo a vederlo vivo".
Il colonnello aveva dichiarato che Lombardo lasciò il suo ufficio “intorno alle 20:45", e di averlo trovato “per quanto arrabbiato assolutamente lucido. Nulla lasciava presagire il suo gesto estremo". Il capitano invece ha detto di avere incontrato Lombardo il 4 marzo: “Gli consigliai esplicitamente di rallentare un po’ le sue attività investigative, di limitarsi al normale orario di ufficio e godersi un po’ la famiglia".
Entrambe le dichiarazioni sono state acquisite agli atti dell’inchiesta per istigazione al suicidio conclusa nel 1998 con un’archiviazione.

Fonte: ilfattoquotidiano.it

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