Il terzogenito del capo dei capi di Cosa nostra si trasferisce nel paese natio del padre
Salvo Riina (in foto), il terzogenito di Totò Riina è tornato a Corleone. A dare la notizia è stato Salvo Palazzolo su la Repubblica che si è recato nel paese natale del capo dei capi di Cosa nostra in cerca del figlio che, però, “mette le mani avanti”: “Con lei non parlo. Si è sempre comportato male con noi”. Salvo Palazzolo fa domande, ma lui non risponde e si rincasa. Passeggia tranquillo Salvo Riina davanti alla casa di famiglia, scrive Palazzolo, “nel vicolo che oggi è intitolato a Cesare Terranova, il giudice che per primo comprese la pericolosità dei boss corleonesi e fu ucciso”.
Quella del terzogenito di Salvatore Riina è la storia di un ragazzo che si è imbattuto a più riprese con la giustizia. Nel 2008, come ha ricordato Palazzolo, “ha finito di scontare una condanna a 8 anni per associazione mafiosa, un’indagine della squadra mobile coordinata dal pm Maurizio de Lucia (oggi procuratore capo di Palermo) scoprì che il rampollo stava riorganizzando una cosca e intanto intratteneva tante relazioni con la cosiddetta ‘Palermo bene’”. Lasciato il carcere per un periodo è stato in sorveglianza speciale e anche in una casa di lavoro.
È sempre stato riservato sulle vicende familiari, sostenendo di non sapere nulla delle gesta criminali del padre, anche se le raccontava a un amico: “C’era quel cornuto, Di Cristina, che era malantrinu espiuni … era uno della Cupola, un pezzo storico alleato di quelli, i Badalamenti, minchia, Totuccio si fumò a tutti, li scannò”. Eppure, con molta probabilità conosce un segreto di famiglia: il tesoro nascosto dal padre. “Se recupero pure un terzo di quello che ho, sono sempre ricco”, diceva il Totò Riina in carcere. Se va recuperato ciò significa che è stato nascosto.
Nel 2017, quando morì il padre, la procura di Palermo scrisse che aveva ancora una “persistente pericolosità sociale”. Nel 2019, Salvo Riina è tornato del tutto libero, senza alcun obbligo ma solo ora ha deciso di tornare a Corleone. E rimanerci, tanto da aver chiesto il cambio di residenza all’anagrafe. Quanto finora raccontato non è di certo un reato, ma è quanto meno curioso.