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L’ex pm del processo Trattativa Stato-mafia risponde all’Adnkronos

"Credo poco alla possibilità che Matteo Messina Denaro possa collaborare. Certamente se lo facesse sarebbe importante, ma dubito che questo scenario possa avversarsi, da un lato, perché è pur sempre legato a un codice mafioso che difficilmente potrà tradire e, dall'altro, non mi pare che ci siano i presupposti. Ma io parlo da semplice cittadino che ha letto i giornali...". A parlare è Vittorio Teresi, per anni procuratore aggiunto alla Dda di Palermo e pm nel processo sulla “Trattativa Stato-Mafia”, definito dal Csm al momento del collocamento a riposto "un magistrato con la schiena dritta, che ha dedicato la propria vita professionale alla lotta alla mafia". "In generale credo che lo Stato non abbia bisogno di inseguire le collaborazioni - ha detto all'Adnkronos -. Se arrivano ben vengano e abbiamo il dovere di gestirle con la massima professionalità, ma andare a ricercarle sarebbe una politica sbagliata da parte della magistratura o delle forze dell'ordine". Nelle ore immediatamente seguenti all'arresto dell'ormai ex primula rossa di Cosa nostra, Matteo Messina Denaro, tanti hanno ipotizzato che il padrino si fosse fatto arrestare. "Non mi piacciono le dietrologie - ha detto Teresi, oggi presidente del Centro studi Paolo e Rita Borsellino -. Sono abituato a non sbilanciarmi senza elementi di evidenza chiari". Da quello che emerge Messina Denaro sta male. "Ha una malattia grave, questo può avere determinato scelte soggettive in qualche modo indotte dal fatto che è una persona indebolita dalla malattia". A non sorprendere "per niente" l’ex pm, invece, è il fatto che Matteo Messina Denaro abbia trascorso almeno l'ultimo anno della sua latitanza trentennale in un appartamento a Campobello di Mazara, a pochi chilometri dalla “sua” Castelvetrano. "Nessuno dei grandi boss che abbiamo ricercato per anni, da Riina a Provenzano, ha mai lasciato il suo territorio. Erano in zona, gestivano il potere dall'unico luogo in cui potevano farlo. Non è un inedito, ma la normalità purtroppo. E la dice lunga anche sulle connivenze, sulle coperture di cui queste latitanze hanno goduto". Un dato che fa riflettere. "Prima del popolo siciliano è la politica che deve compiere questa rivoluzione culturale - ha continuato Teresi -. La mafia della connivenza con lo Stato si combatte con la buona politica, una politica a favore del recupero delle fasce deboli che ancora non ho visto e che non c'è mai stata". Nel centro di appena 12mila anime in provincia di Trapani, dove il padrino di Castelvetrano ha vissuto, nessuno pare averlo notato sino al giorno del suo arresto. "In questo risiede la forza di intimidazione ambientale della mafia - ha spiegato -. Se io sto in un piccolo paese e conduco una vita 'normale' è perché so che nessuno avrà il coraggio di denunciarmi, perché dietro di me c'è la 'potenza' di Cosa nostra. La gente, da un lato, ha paura e, dall'altro, può essere connivente, ideologicamente vicina. Da quello che emerge c'è una rete di professionisti che lo tenevano al sicuro e perpetuavano questo mito del terrore che incute la mafia con un conseguente freno alle denunce". Per Vittorio Teresi, infine, resta un dato. La cattura di Matteo Messina Denaro rappresenta "concretamente la fine della stagione stragista dei corleonesi. Non è, però, la fine della mafia perché da 30 anni a questa parte Cosa nostra è quella che era prima dell'avvento dei corleonesi: la mafia delle connivenze, delle collusioni e delle corruzioni, la mafia che lavora in silenzio, che convive con lo Stato. L'anomalia della mafia sono stati i 15 anni dei corleonesi. Oggi con l'arresto Messina Denaro quella stagione è certamente finita". Secondo Salvatore Borsellino fratello di Paolo, il giudice assassinato nella strage di via d’Amelio, dietro l'arresto dell’ex primula rossa potrebbe esserci "un nuovo baratto, un nuovo patto scellerato". Teresi rispetta la sua opinione, “ma non ho elementi per poterlo dire. Non lo escludo, ma neppure lo ipotizzo a priori senza evidenze chiare perché mi voglio basare su elementi concreti piuttosto che sui sospetti che ognuno può avere ed è legittimo che abbia".

Foto © Imagoeconomica

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