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Video - Il Procuratore capo di Palermo intervenuto alla conferenza stampa sulla cattura del boss

"La mafia non è sconfitta, l'errore più grave da fare sarebbe pensare che la partita è finita, ma questo (l'arresto del superlatitante Messina Denaro, ndr) è un passaggio importante. Anche la reazione della gente è un segnale importante in una città come questa. Non c'è dubbio che lui abbia goduto di protezioni in passato, noi stiamo indagando sulle protezioni di adesso. C'è una fetta di borghesia mafiosa che certamente lo ha aiutato, su questo abbiamo contezza e ci sono in corso delle indagini". Così ha risposto ad una domanda di ANTIMAFIADuemila il procuratore capo di Palermo Maurizio De Lucia, intervenuto durante la conferenza stampa che si è tenuta nel pomeriggio presso la caserma della Legione carabinieri di Sicilia.


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All'esterno Addiopizzo, Libera e soprattutto il movimento artistico ed attivista Our Voice offre il proprio sostegno alle forze dell'ordine ed alla magistratura, invitando comunque a non abbassare la guardia. "Trent'anni di latitanza, protetta"; "Ora Matteo Messina Denaro collabori con la giustizia"; "Vittoria sarà quando sapremo i nomi dei mandanti esterni delle stragi. No all'ipocrisia dello stato"; sono solo alcuni degli striscioni preparati dai giovani per questo sit-in organizzato in maniera spontanea.


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All'interno Vincenzo Agostino, con la sua barba lunga, offre la sua testimonianza e la propria determinazione invitando a "andare oltre nella ricerca della verità. Affinché si sveli il volto di chi ha manovrato questi criminali".
Un impegno che, ha assicurato De Lucia, "non verrà meno".
Quindi il Procuratore capo, congiuntamente al procuratore aggiunto Paolo Guido, al comandante del Ros Pasquale Angelosanto, al comandante provinciale di Trapani Fabio Bottino ed al colonnello Giuseppe Arcidiacono, comandante provinciale dei carabinieri di Palermo, ha fornito ulteriori dettagli sulla cattura avvenuta questa mattina nei pressi della clinica Maddalena, in pieno centro di Palermo.


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Il procuratore capo di Palermo, Maurizio De Lucia


"Siamo orgogliosi del lavoro fatto questa mattina che conclude un lavoro lungo e complicatissimo perché abbiamo catturato l'ultimo stragista del 1992-'93 - ha detto De Lucia rivolgendosi ai giornalisti - Era un debito con le vittime di quegli anni e questo debito è stato parzialmente saldato. Rivolgo un riconoscimento e affetto verso l'arma dei carabinieri, verso il Ros e verso tutti coloro i quali sono intervenuti per il modo con cui è stato condotto il lavoro finale coordinati dall'aggiunto Paolo Guido. I militari sono intervenuti con le divise per dare un senso di sicurezza alle tante persone presenti e di presenza dello Stato catturando un latitante pericolosissimo e senza neanche l'utilizzo delle manette".


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La cattura
"L'intervento di oggi si è sviluppato su più fasi - hanno spiegato gli investigatori - Attraverso delle attività tecniche avevamo avuto contezza che il presunto latitante stesse arrivando presso la struttura sanitaria, ed è scattato un sistema che era stato messo a punto su più livelli. Nei pressi della clinica il latitante è stato individuato e bloccato insieme al suo complice. Il latitante si è palesato subito nella sua identità, e guardandolo c'era anche poco da verificare, il volto è quello che ci aspettavamo di trovare".


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Secondo quanto si apprende il boss Matteo Messina Denaro, arrestato dai carabinieri a Palermo, proveniva dal "suo territorio", probabilmente da una zona compresa tra Campobello di Mazara e Castelvetrano. I pm che coordinano le indagini - il procuratore capo Maurizio De Lucia e l'aggiunto Paolo Guido - non vogliono andare oltre. "Ci sono indagini in corso" hanno detto in conferenza stampa. Perquisizioni sono state fatte tanto nel trapanese quanto a Palermo. Perquisito anche il mezzo con cui il boss ha raggiunto la clinica assieme ad un'altra persona, Giovanni Luppino, arrestato per favoreggiamento.





Per gli investigatori era un "perfetto sconosciuto" in quanto non aveva nessuna parentela con il boss omonimo Franco Luppino, così come confermato dal Procuratore aggiunto Paolo Guido. Fino ad oggi Luppino non era mai stato coinvolto in operazioni antimafia. E' un agricoltore e da qualche anno si è dedicato alla coltivazione delle olive Nocellara del Belìce.
Prima del blitz, come confermato dal generale Angelosanto, il Ros aveva indicazione che una persona, il cui nome era quello in uso al latitante Messina Denaro (Andrea Bonafede), "doveva sottoporsi a degli accertamenti. Ma l'accostamento di questa persona al latitante è stato fatto in ipotesi nei giorni passati ma solo oggi abbiamo avuto riscontro".


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Il procuratore aggiunto, Paolo Guido


Ovviamente importanti per giungere al risultato sono state le continue attività investigative di questi anni che hanno ristretto la rete di protezione del boss di Castelvetrano. Ma decisive sono state le intercettazioni telefoniche che qualche ministro poco avveduto (il Guardasigilli Nordio, ndr) vorrebbe eliminare. "Senza le intercettazioni non si possono fare indagini e le indagini non portano da nessuna parte, questo deve essere chiaro - ha ribadito con forza il Procuratore capo di Palermo - Anche in questa operazione le intercettazioni sono state fondamentali".
Dopo l'arresto Matteo Messina Denaro non ha parlato. "Indicazioni non ne ha date e non ne abbiamo avute da lui" ha sempre garantito De Lucia.


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La malattia di Messina Denaro
Messina Denaro era malato al colon, tanto che si era sottoposto a un primo intervento chirurgico due anni fa per ridurre il tumore al tratto dell'intestino. Ma il male non era stato sconfitto e l'anno scorso i medici della Maddalena gli avevano diagnosticato alcune metastasi al fegato.
Gli stessi medici della casa di cura lo operarono per rimuoverle e ora Messina Denaro stava sottoponendosi ai cicli di chemioterapia previsti dai protocolli.
"Avevamo indicazioni certe che il latitante fosse malato ed abbiamo lavorato per individuare le persone che avessero accesso alla struttura sanitaria per le cure della patologia" di cui si sapeva fosse affetto Matteo Messina Denaro. "Via via - ha chiarito Angelosanto - che si isolavano le persone ci siamo concentrati su alcuni soggetti fino ad individuare questa persona che stava avendo accesso ad una particolare prestazione sanitaria".


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Per quanto riguarda il documento trovato in possesso del boss trapanese "sembra un documento autentico" ma su questo "aspettiamo i primi accertamenti per dare risposte".
Alla domanda se il capomafia avesse goduto di complicità all'interno della clinica gli investigatori hanno affermato che non vi sarebbero ragioni per ritenere qualcosa di simile ("Allo stato non abbiamo elementi che ci portino a pensare a partecipazione da parte del personale della clinica").
Certo è che il capomafia, che al momento dell'arresto indossava un orologio da 30-35 mila euro, si era recato a Palermo per effettuare delle sedute di chemioterapia.
Cure che gli verranno garantite anche dal carcere. In tal proposito De Lucia ha spiegato che è stato già proposto il regime speciale 41 bis fin da subito.


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Vincenzo Agostino, padre dell’agente Nino Agostino, il giovane poliziotto ucciso il 5 agosto 1989 insieme con la moglie Ida, incinta, in provincia di Palermo


Foto © Deb Photo

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