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Nell’intervista all’ex soldato di Cosa nostra: “Le persone che ho ucciso resteranno per sempre nella mia mente”

La criminalità non paga. O finisci in galera o vieni ammazzato. Voi adesso siete in carcere, volete davvero continuare con la Camorra e morire con un colpo di pistola in fronte?”. Queste le parole del collaboratore di giustizia Gaspare Mutolo ai ragazzi del carcere minorile di Nisida a Napoli, l’istituto penale partenopeo che recentemente ha dovuto gestire diversi casi di risse e incendi appiccati da alcuni detenuti con problemi psichiatrici.
Durante l’incontro organizzato dall’associazione ECCO (Educazione Civica Continua Ottavianese) e Piera Aiello, testimone di giustizia ed ex parlamentare presente in commissione Giustizia e Commissione parlamentare antimafia durante l’ultima legislatura, Mutolo, da ex soldato di Cosa nostra e amico fidato di Totò Riina oltre che di Rosario Riccobono, ha ricordato: “Ero come loro. Ho riconosciuto nei loro occhi lo sguardo che avevo io alla loro età: fiero, orgoglioso ma anche cieco di fronte alle atrocità che la mafia commetteva e che io stesso ho commesso. Poi però mi sono fermato - ha precisato Gaspare Mutolo -, erano gli anni del cambiamento, dell’abbandono di certi valori su cui per secoli la mafia aveva basato i suoi fondamenti: non si uccidono donne e bambini. Come si può continuare a seguire chi senza pensarci un attimo decide di far scannare una donna incinta e ‘picciriddi’ di nemmeno dieci anni…” - prosegue - “Ai ragazzi di Nisida ho raccontato come diventai collaboratore di giustizia: mia moglie Mirò seppe che era stato ucciso un sedicenne, la stessa età che aveva nostro figlio, e puntandomi un dito in faccia mentre ero in carcere mi disse ‘State uscendo pazzi’. Le risposi di farsi i fatti suoi ma una volta tornato in cella pensai che non fosse giusto quello che stava accadendo. La mafia era diventata cinica, inutilmente crudele. Non volevo più appartenere a un mondo così”.


mutolo aiello altri carcere nisidia

Parole, quelle di Gaspare Mutolo ai ragazzi del carcere minorile di Nisida, che raccontano anche l’inizio della sua nuova vita. Un inizio avvenuto anche grazie alle sollecitazioni di Giovanni Falcone che, nel ‘91, spinse Mutolo a collaborare con la giustizia; da quella collaborazione emersero i nomi di ben 620 mafiosi, in primis, quelli relativi al gruppo di fuoco “perché - ha precisato Mutolo - il sangue versato nelle strade doveva necessariamente finire”.
Diventare collaboratore di giustizia è stata l’espiazione di parte delle azioni orribili che ho commesso. Faccio i conti tutti i giorni con la mia parte oscura, il ricordo vivo delle persone che ho ucciso resteranno per sempre nella mia mente. Per curare la mia anima nera ho iniziato a dipingere e ogni colore sulla tela mi ha fatto rinascere. Ragazzi, l’arte può aiutarvi a vedere sotto una luce nuova il vostro futuro - ha sottolineato Mutolo -, non credete alle illusioni della camorra, non vi porterà da nessuna parte e trascinerete con voi la vostra famiglia”.
Difatti, il racconto di Mutolo passa anche dal dolore che il pentito di mafia prova quando ripensa alla sua famiglia: “Mia moglie non mi ha mai chiesto cosa fossero quelle macchie di sangue sui pantaloni o perché fossi stravolto rientrando da un’uscita coi miei compari - ha ricordato Mutolo -. Il dolore e la sofferenza gliel’ho incisa io stesso nella carne perché ogni nostra azione si ripercuote sui nostri cari. Voi siete in carcere, ma sapete quanto sta soffrendo la vostra mamma?” ha ribadito Mutolo ai detenuti del carcere partenopeo mentre, a testa bassa, ascoltano le sue parole.


mutolo aiello piera

L'onorevole e testimone di giustizia, Piera Aiello e il collaboratore di giustizia, Gaspare Mutolo


Intervistato dal settimanale “Oggi” a margine dell’incontro con i ragazzi del carcere di Nisida, Gaspare Mutolo, ha dichiarato: “Un ragazzo in sala mi ha chiesto se mi sono mai pentito di iniziare a collaborare con la giustizia. Gli ho risposto di no - ha ribadito con fermezza Mutolo -. Senza i collaboratori la mafia avrebbe proseguito con le stragi e la morte di tanti innocenti”. Ribadendo il suo impegno e la sua dedizione per la giustizia, Mutolo, ha proseguito: “Vorrei tanto poter incontrare i detenuti del Malaspina a Palermo. È importante che io, palermitano come loro, gli spieghi che dalla mafia si può uscire, che lasciare la criminalità è possibile. Il futuro è nelle loro mani, non posso non dedicare il resto della mia vita a mostrargli un finale alternativo. La mafia è o carcere o morte”.
Subito dopo l’incontro di Gaspare Mutolo con i detenuti del carcere di Nisida, non sono mancate parole di speranza e di ringraziamenti che lo stesso Mutolo ha condiviso via social: “Tra le molte esperienze fatte in questi anni come collaboratore di giustizia, quella di oggi, al carcere minorile di Nisida, assume per me un significato del tutto particolare - ha scritto Mutolo -. Nei volti di quei ragazzi ho rivisto me stesso, le medesime convinzioni che avevo io alla loro età. Allo stesso tempo, ho avvertito il  sincero interesse dei giovani alla mia storia, al racconto della mia vita e alle ragioni che mi hanno spinto al cambiamento.


mutolo panorama


So che mi percepivano come loro ‘simile’, proprio per questa ragione mi auguro di aver lasciato nei loro cuori un ricordo positivo, soprattutto spero di aver prospettato loro la possibilità di poter fare, nella vita, scelte diverse nell'ambito della legalità. Ringrazio i ragazzi per la loro preziosa presenza, ringrazio l'avvocato Rosario Scognamiglio, l'onorevole Piera Aiello, la direzione del carcere, la mia curatrice Maria Santamaria, le persone che mi hanno accompagnato per aver reso possibile questo incontro
”.

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