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Cosa Nostra stava cercando di ricostituire la commissione provinciale

Il verdetto d'Appello in abbreviato dell'inchiesta Cupola 2.0 è pesante: 43 condannati e 5 assolti. In alcuni casi ci sono state rifusioni di pene e assoluzioni per alcuni capi di imputazione.
La sentenza è stata pronunciata ieri pomeriggio nell'aula bunker del carcere Pagliarelli e riguarda complessivamente 48 imputati. Nello specifico il processo era scaturito da un'operazione dei carabinieri che nel 2018 aveva portato allo smantellamento delle cosche e alla scoperta del piano di ricostituzione dell'organismo direttivo di Cosa Nostra, la 'Cupola', con a capo l'anziano boss di Pagliarelli Settimo Mineo. Nell'inchiesta, il pool di magistrati composto dall'allora Salvatore De Luca e dai pm Amelia Luise, Francesca Mazzocco, Dario Scaletta, Gaspare Spedale e Bruno Brucoli, aveva ricostruito anche una trentina di estorsioni. Ribaltata la sentenza in primo grado che riguardava Massimo Mulé, fermato pochi giorni fa in un blitz dei carabinieri contro la cosca di Ballarò proprio per il rischio di una fuga in vista della sentenza e adesso condanno a undici anni e 4 mesi. Mulé difeso dall'avvocato Giovanni Castronovo in primo grado era stato assolto.

Le condanne
A Settimo Mineo sono stati inflitti 21 anni per via della continuazione, in primo grado ne aveva avuti sedici. Condanne confermate per due soggetti di rango della mafia: Leonardo Michele Greco, nipote del cosiddetto Papa di Cosa Nostra Michele Greco, che dovrà scontare 12 anni, e Calogero Lo Piccolo, figlio di Salvatore, che aveva avuto 27 anni in continuazione con una precedente condanna.
Confermate le condanne anche per Filippo Annatelli, boss di corso Calatafimi (13 anni e 4 mesi), Giuseppe Bonanno (5 anni e 8 mesi), Francesco Caponetto (13 anni e 4 mesi), Giovanna Comito (un anno e 8 mesi, pena sospesa), Giuseppe Costa (9 anni), Rubens D'Agostino (10 anni), Vincenzo Ganci (8 anni e 8 mesi), Michele Grasso (8 anni e 8 mesi), Marco La Rosa (6 anni e 8 mesi), Gaetano Leto (12 anni e 8 mesi); Erasmo Lo Bello (12 anni), i pentiti Domenico Mammi e Sergio Macaluso (2 anni a testa); Matteo Maniscalco (6anni e 8 mesi), Luigi Marino (6 anni e 8 mesi), Giovanni Salvatore Migliore (8anni, 8 mesi), Salvatore Mirino (9 anni e 4 mesi), Domenico Nocilla (9 anni e 8 mesi), Michele Rubino (10 anni e 8 mesi), Giovanni Salerno (10 anni e mezzo), Salvatore Sciarabba (14 anni), Giuseppe Serio (13 anni e 4 mesi) e Giovanni Sirchia (8 anni).

Sconti di pena
Sconti di pena per Stenfano Albanese, che passa da 9 anni e 2 mesi a 9 anni; Carmelo Cococciola (da 7 anni a sei anni e 8 mesi); Filippo Cusimano (da 9 anni e 4 mesi a 9 anni), Filippo Di Pisa (da 8 anni e 8 mesi a 8 anni), Salvatore Ferrante (da 2 anni e 8 mesi a un anno), Giusto Francesco Mangiapane (da 8 anni a 6 anni), Fabio Messicati Vitale (da 12 anni a 10 anni), Salvatore Sorrentino (12 anni e 8 mesi a 10 anni), Gregorio Di Giovanni, boss di Porta Nuova (da 15 e 4 mesi a 14 anni), Maurizio Crinò (da 10 anni a 9 e 4 mesi). Ad altri imputati è stata riconosciuta la continuazione ed è stata rideterminata la pena.
Salvatore Troia, che aveva avuto 9 anni, dovrà scontare 11 e 4 mesi; Andrea Ferrante da 8 a 12 anni. Per i collaboratori di giustizia Filippo Bisconti (da 6 anni 13 in continuazione).

Conferme di risarcimento
I giudici della seconda sezione della corte d'Appello hanno confermato pure il diritto al risarcimento e le provvisionali (per oltre 150 mila euro) alle parti civili e a 13 imprenditori che si erano ribellati al racket del pizzo.
Tra i risarciti anche alcune associazioni come il Centro Pio La Torre (rappresentato dagli avvocati Ettore Barcellona e Francesco Cutraro), Addiopizzo (avvocato Salvatore Caradonna), Confcommercio Palermo (avvocato Fabio Lanfranca), Sos Impresa, Sicindustria, e Confartigianato (rappresentante, tra gli altri, dagli avvocati Anna Tirrito, Fausto Maria Amato e Alfredo Galasso). Parte civile anche i Comuni di Villabate, Ficarazzi e Misilmeri, ma non il Comune di Palermo.

Assoluzioni
In appello sono stati assolti Giovanni Cancemi, difeso dagli avvocati Tommaso De Lisi e Teresa Todaro: in primo grado aveva avuto otto anni; Michele Madonia (avvocati Filippo Gallina e Michele Giovinco: aveva avuto 8 anni e o mesi) e Antonio Giovanni Maranto (che aveva avuto 2 anni). Confermate anche le assoluzioni di Giusto Sucato assistito dall'avvocato Domenico La Blasca, e di Nicolò Orlando, visto che la Corte, presieduta da Fabio Marino, ha considerato inammissibili i ricordi dell'accusa.

Foto © Igor Petix

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