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Tra questi anche il nipote del “papa” Michele Greco, che non avrebbe perso tempo a legiferare sui quartieri dopo l’operazione “Cupola 2.0”

Il gup di Palermo ha condannato 12 membri del mandamento di Cosa nostra Brancaccio-Ciaculli nel processo, svolto in rito abbreviato, nato dall’inchiesta “Stirpe" con la quale erano stati ricostruiti ben 46 episodi estorsivi. Nello specifico sono stati condannati Giuseppe Greco al quale sono stati inflitti 16 anni (è stato assolto da un episodio estorsivo ed è difeso dall'avvocato Jimmy D'Azzò), Maurizio Di Fede (20 anni), Giovanni Di Lisciandro (14 anni), Rosario Montalbano (11 anni e 8 mesi), Stefano Nolano (12 anni e 4 mesi). Per tutti i sostituti procuratori Bruno Brucoli e Francesca Mazzocco avevano chiesto una condanna a 20 anni di reclusione. E ancora, per Girolamo Celesia, detto "Jimmy", la condanna è di 16 anni, per Salvatore Gucciardi di 13 anni e 4 mesi, per Onofrio Claudio Palma di 10 anni, per Gaspare Sanseverino (nipote del pentito Gaspare Spatuzza) di 9 anni e per Angelo Vitrano di 14 anni. Per loro l'accusa aveva invocato 18 anni di reclusione. Infine sono stati inflitti 8 anni e mezzo a Giuseppe Ciresi e 5 anni e 4 mesi a Raffaele Favaloro. Assolto l’imputato Giuseppe Giuliano. Nelle more del processo è deceduto un altro imputato, Ignazio Ingrassia, detto "Boiacane", già condannato nel Maxiprocesso. L’accusa contestava, a vario titolo, i reati di associazione mafiosa ed estorsione. L'inchiesta aveva consentito di ricostruire di estorsioni, anche per cifre ridicole, ai danni di esercenti di supermercati, autodemolitori, macellerie, bar, discoteche, farmacie, imprese di costruzione, rivendite di auto e perfino chioschi di sfincioni. Nessuno dei commercianti e degli imprenditori taglieggiati, tuttavia, ha denunciato o ha ammesso di aver pagato il pizzo né di averne subito richiesta e per questo sono finiti sotto inchiesta per favoreggiamento. In questi giorni a 38 di loro è stato notificato l'avviso di conclusioni delle indagini.
A fine novembre, inoltre, è stato recapitato anche l'avviso di conclusione per altri 42 imputati, coinvolti nel secondo filone di "Stirpe", messo a segno il 17 maggio scorso.
L'inchiesta appurò la pervasività dei boss nel tessuto economico e sociale di Brancaccio. Commercianti e imprenditori erano infatti pronti a chiedere il permesso al capomafia locale per aprire le attività e a chiedere di non finire nel libro mastro delle estorsioni per evitare di dover rendere conto agli inquirenti qualora il registro delle riscossioni fosse trovato. Sempre nell’inchiesta è stato approfondito il ruolo di Giuseppe Greco, il quale avrebbe preso le redini del clan di Ciaculli e tra il quartiere e Brancaccio dopo l’operazione “Cupola 2.0”, eseguita dalla Dda di Palermo a dicembre 2018, in cui venne arrestato il cugino Leandro Greco, nipote di Michele Greco, detto “il papa” di Cosa Nostra. Giuseppe Greco vantava importanti reazioni con la mafia americana. Secondo gli inquirenti poi, controllava capillarmente il territorio intervenendo anche nella compravendita di terreni e immobili e gestendo il mercato della droga.

Foto: it.depositphotos.com

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