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Avvocato e donna boss: secondo il giudice per l'udienza preliminare del tribunale di Palermo, Paolo Magro, l'ex penalista Angela Porcello, cancellata dall'albo dopo l'arresto per associazione mafiosa nell'ambito dell'operazione "Xydi", coordinata dall'aggiunto Paolo Guido, che ha stretto il cerchio sull'ultima rete di fiancheggiatori del boss Matteo Messina Denaro, aveva dismesso la toga per gestire gli affari mafiosi insieme al compagno Giancarlo Buggea. 
Ieri la donna è stata condannata per Mafia a 15 anni e 4 mesi. 
Un po' meno rispetto ai 18 anni che avevano chiesto dai pubblici ministeri della Dda di Palermo, Claudio Camilleri, Gianluca De Leo e Francesca Dessì. "Nel suo studio - avevano aggiunto i pm nella requisitoria - ha tenuto summit e messo insieme i capi mafia di diverse province e realtà territoriali per discutere di strategie e dinamiche. Una vera e propria consigliori e cassiera del clan".
La professionista dunque avrebbe strumentalizzato la sua attività innanzitutto per incontrare il boss Giuseppe Falsone al 41 bis e veicolare i suoi messaggi dal carcere ma non solo: Angela Porcello avrebbe fatto da "cassiera" del mandamento promuovendo e organizzando una serie di incontri con associati anche di altre province. 
Secondo quanto ricostruito dai pm per due anni, nell'ufficio della penalista si sarebbero tenuti summit tra i vertici delle cosche agrigentine. Rassicurati dall'avvocato, i capi dei mandamenti di Canicattì, della famiglia di Ravanusa, Favara e Licata, Simone Castello, ex fedelissimo del boss Bernardo Provenzano e il nuovo capo della Stidda, l'ergastolano Antonio Gallea, a cui i magistrati avevano concesso la semilibertà, si ritrovavano nello studio della Porcello per discutere di affari e vicende legate a Cosa nostra. Le centinaia di ore di intercettazione disposte nello studio penale dopo che, nel corso dell'inchiesta, i carabinieri hanno compreso la vera natura degli incontri, hanno consentito agli inquirenti di far luce sugli assetti dei clan, sulle dinamiche interne, di coglierne in diretta, dalla viva voce di mafiosi di tutta la Sicilia, storie ed evoluzioni. 
L'ormai ex avvocato Porcello che aveva anche detto di voler collaborare con la giustizia, nelle scorse settimane, ha rinnovato la volontà dopo una serie di dichiarazioni in tal senso bocciate dai pm per la scarsa consistenza. 
Il processo, celebratosi con il rito abbreviato ha visto l'emissione di 15 condanne e cinque assoluzioni. In questo troncone processuale un'altra avvocata di Canicattì - Annalisa Lentini - era accusata di falso e procurata inosservanza di pena perché avrebbe contraffatto, insieme alla collega Porcello e a un altro penalista (Calogero Lo Giudice processato a parte nel troncone ordinario), la data di spedizione di una raccomandata al fine di rimediare a un errore nella presentazione dell'atto di appello di una condanna, nei confronti di un cliente della Porcello, che era diventata definitiva. Il giudice l'ha ritenuta colpevole condannandola a un anno e 8 mesi di reclusione. 
Il gup ha inflitto al capomafia Giuseppe Sicilia 18 anni e 4 mesi, ai boss Luigi Boncori e Calogero di Caro 20 anni, a Giancarlo Buggea, compagno della Porcello, 20 anni, a Simone Castello, in passato ritenuto il "postino del capomafia Bernardo Provenzano, 12 anni, a Diego Cigna, esponente della stidda 10 anni e sei mesi, a Gregorio Lombardo 17 anni, a Calogero Paceco 8 anni, a Giuseppe Giuliana 8 anni. Il poliziotto di Canicattì Giuseppe D'Andrea ha avuto, per accesso abusivo al sistema informatico, 3 anni e 4 mesi, la collaboratrice della Porcello, l'avvocata Annalisa Lentini un anno e 4 mesi per falso materiale in concorso con Vincenzo Di Caro che ha avuto un anno. Per rivelazione di segreto professionale ha avuto 10 mesi Giuseppe Grassadonia, un agente penitenziario che aveva comunicato ai familiari di un detenuto il suo spostamento. A Gaetano Lombardo sono stati inflitti per favoreggiamento 3 anni e 4 mesi. Gli assolti sono Luigi Carmina, di Caltanissetta, Giuseppe Pirrera, di Favara, Antonino Oliveri, di Canicattì, Gianfranco Roberto Gaetani, di Naro, Giovanne Nobile. Erano difesi dagli avvocati Michele Giovinco, Filippo Gallina, Giuseppe De Caro e Stefano Argento.

Foto © Imagoeconomica

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