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Secondo la Commissione pentiti del Viminale avrebbe in più occasioni violato il codice di condotta

Aveva definito Cosa nostra "un cancro" dicendo di voler cambiare vita. Per questo Alfredo Geraci, ex uomo d'onore del clan palermitano di Porta Nuova, amico fidato del boss Alessandro D'Ambrogio aveva scelto di passare tra i ranghi dei collaboratori di giustizia raccontando affari e retroscena di una delle cosche più temerarie di Palermo. Ma secondo la Commissione pentiti del Viminale Geraci avrebbe in più occasioni violato il codice di condotta che i pentiti, per legge, devono osservare. Per questo è stato deciso di revocargli il programma di protezione. Una decisione che non metterà a rischio l'incolumità dell'ex uomo d'onore che continuerà a essere vigilato, ma che gli farà perdere i benefici economici. Finito in manette a settembre 2020, e pentitosi a una settimana dall’arresto, Geraci, aveva confessato anche di aver procurato, fra il 2012 e il 2013, un appartamento a Ballarò in cui si tenne il summit per progettare l’attentato contro il magistrato Nino Di Matteo.
Geraci aveva raccontato ai pm che fu lui a mettere a disposizione l’immobile per la riunione di cui, però, disse di non conoscerne quelli che erano i contenuti anche se il capo mandamento Alessandro D’Ambrogio, oggi recluso al 41bis, gli avrebbe fatto al tempo delle confidenze importanti facendo capire che il superboss Matteo Messina Denaro aveva chiesto qualcosa ai mafiosi di Palermo.

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