Il gup Cardillo: “Santapaola, una scheggia impazzita che mal sopportava la presenza ingombrante del cugino

Sono 600 le pagine scritte dal gup Maria Ivana Cardillo per motivare la sentenza sul duplice omicidio del boss Angelo Santapaola e del suo fidato sodale Nicola Sedici, entrambi uccisi a colpi di arma da fuoco in un macello abbandonato nelle campagne del calatino nel 2007 su richiesta di Vincenzo Santapaola, cugino di Angelo.
I corpi carbonizzati e ritrovati nei campi di Ramacca, sono stati riconosciuti grazie alle fedi in cui sono incise i nomi delle rispettive mogli, Grazia Corra e Paola Crisafulli. L’indagine sul duplice omicidio - ha reso noto il quotidiano “La Sicilia” -, vede il prezioso coinvolgimento di Santo La Causa che, nel 2012, ha descritto con precisione le dinamiche che hanno favorito l’omicidio di un esponente di spicco nella compagine di Cosa nostra catanese su decisione di Vincenzo Santapaola anche detto “‘u nicu”.
Oltre alle parole di La Causa, anche le intercettazioni del Ros insieme alle parole di un altro pentito, Francesco Martiddina Squillaci, favoriscono le indagini e permettono di individuare altri elementi utili per ricostruire le dinamiche legate ad altri omicidi avvenuti tra gli anni ‘80 e ‘90, oltre al coinvolgimento con relativa condanna di Enzo Aiello, boss del settore finanziario.
Grazie ai fatti emersi sia dalle intercettazioni che dalle parole dei pentiti, il gup Maria Ivana Cardillo, non ha alcuna difficoltà a ricostruire i fatti che vedono Vincenzo Santapaolamandante e ideatore dell'omicidio” di Nicola Sedici e Angelo Santapaola.
Santapaola mal sopportava la presenza ingombrante del cugino - ha scritto il gup nelle sue motivazioni -, questi infatti agiva come una scheggia impazzita sovvertendo equilibri consolidati tra clan mafiosi all'interno della stessa Cosa nostra catanese, intessendo rapporti privilegiati ed esclusivi con Cosa nostra palermitana.” - prosegue - “La circostanza che Angelo Santapaola si fosse recato a Palermo senza autorizzazione a discutere con Cosa nostra palermitana era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso”.
Oltre alle dichiarazioni di La Causa, ad agevolare la ricostruzione del duplice omicidio, anche le parole del pentito Salvatore Viola insieme a quelle pronunciate dall’ex narcotrafficante Fabrizio Nizza; quest’ultimo, infatti, riceve le confessioni di suo fratello Daniele, testimone oculare del duplice omicidio consumato nel 2007 nel vecchio macello.
Vincenzo Santapaola, forse nel tentativo di ottenere una pena meno severa, invia una lettera durante l’udienza preliminare a sostegno di una mancata premeditazione nel duplice omicidio, tuttavia, il giudice Cardillo, ritiene le parole scritte da Santapaola senza alcun fondamento di verità: “La decisione di uccidere il cugino è mantenuta perché la vittima non ha cambiato atteggiamento rispetto alle strategie di prevaricazione ed ascesa non condivise dall'imputato. Le parole di Vincenzo Santapaola appaiono finalizzate a ottenere un trattamento sanzionatorio più mite e a evitare la condanna alla pena dell'ergastolo prevista in caso di accertata premeditazione”.

Foto © Imagoeconomica

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